Diciassette

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Caroline

Chiudo il libro di economia e lo metto nella borsa a tracolla che giace inerme vicino la gamba del grande tavolo di questa biblioteca.

Fuori il tempo non è dei migliori, così come il mio umore, perciò ho preferito barricarmi tutto il giorno a studiare. Anche se, con i mille pensieri che vorticano nella mia testa, sono riuscita a imprimere ben poche parole di tutte le pagine che ho letto.

Non capisco veramente, e ribadisco veramente, il cambio improvviso emotivo a cui ho assistito ieri da Eric.

Eric.

La sua espressione era un concentrato di paura e terrore. I suoi occhi, che io adoro tantissimo, erano del tutto vuoti. Non emanavano emozioni, non mi vedevano.

Per un attimo, quando ha avuto quella reazione brusca per levarsi la mia mano di dosso, come se il solo contatto con essa gli creava prurito e disgusto, ho provato paura.

Paura per la mia incolumità, e nonostante un secondo dopo ho intravisto un luccichio nei suoi occhi, di pentimento, la paura mi ha comunque costretta a scappare a gambe levate.

Eric..

«La prossima volta mi metto vicino a quella pianta di cactus,sarà sicuramente una compagna di studio più attiva di te» Adam si passa una mano davanti il viso stanco e si stiracchia le gambe una volta essersi alzato in piedi.

In effetti non ha tutti i torti. Siamo stati un bel po' di ore chini sui libri senza dire una parola o prendere una minima pausa per il caffè. Di solito ci riserviamo almeno quei cinque minuti per distrarci e invece oggi ha trovato il mio muro di pessimismo e voglia di vivere.

«Scusami, lo sai sono metereopatica» cerco di allegerire l'atmosfera, ma la persona che ho davanti, che per l'appunto posso iniziare a considerare amica, non è per nulla convinto della mia risposta.

«Si, è vero, ma oggi lo sei più del solito. Qualcosa non va?»

Inclina leggermente la testa verso un lato e inizia a studiarmi con i suoi occhi che parlano da soli.

Devo essere sincera, mi trovo molto bene con lui, è un ottima compagnia e in questa settimana posso confermarlo apertamente. Ma è capito in rarissime volte di ritrovarmi a disagio di fronte i suoi sguardi. Sembra che da essi lui voglia leggermi dentro. Leggermi veramente.

Non parlo di sguardo lussurioso, non vedo malizia in quei due occhi, ma.. sono in un certo senso invadenti.

Ci leggo una vera voglia di capirmi, di studiarmi.

Non lo so, ma quando capitano queste situazioni mi sento a disagio e istintivamente cerco un qualche spiraglio per alleggerire l'aria. Come adesso, per esempio.

«Nulla. Sto benissimo, vedi?» gli mostro un sorriso super forzato che però lo fa ridere di conseguenza.

«Sai che..insomma se vuoi parlare io ci sono ok?» si avvicina di un passo e mi scompiglia i capelli come fossi una bambina.

Sto per rispondergli quando uno schiarirsi di voce ci fa saltare entrambi e subito dopo la sua voce mi manda il cuore in gola e in pappa il cervello.

Tilt.

«Scusate se interrompo il vostro.. momento, ma avrei urgentemente bisogno di rubartela qualche minuto»

Mi giro di scatto verso di lui e basta il contatto con i suoi occhi per far vacillare quel minimo di sicurezza che credevo di possedere.

Ha le braccia incrociate all'altezza del petto e dalla mascella tesa e lo sguardo cupo capisco che non è del tutto felice.

Di cosa non l'ho ancora capito, visto che dovrei essere io quella arrabbiata.

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