20 - Imagination

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Jem si svegliò di soprassalto, madido di sudore. Inspirò a fondo più aria che poté: gli pareva di essere andato in apnea, sentiva l'ossigeno mancargli nei polmoni. Era disteso su un divano damascato che conosceva fin troppo bene, con un cuscino dietro la testa e un lenzuolo addosso. Sotto, i vestiti della sera prima e la pressante causa del suo brusco risveglio. Nel divano identico a fianco, mise pian piano a fuoco un Will profondamente addormentato, un braccio fuori dal lenzuolo, le dita che sfioravano l'elaborato tappeto persiano e un'espressione beata sul viso. Anche quando dormiva, doveva ammetterlo, era dannatamente bello: un angelo caduto dal cielo. Se avesse potuto assumere le sembianze di qualcun altro, non avrebbe avuto dubbi su chi avrebbe voluto essere. Dalle fessure delle serrande filtrava una luce tagliente, segno che fuori era già pieno giorno.

Com'erano finiti a casa di Sara?

«Buongiorno, stella! Dormito bene?» Sara era entrata in salotto, reggendo un vassoio della colazione pieno di roba che aveva poggiato con cura sul tavolino basso tra i due divani. A differenza sua, sembrava piuttosto rilassata. Indossava una vestaglia di seta con fiori stilizzati sopra una canotta e un pantaloncino celesti che dovevano essere il suo pigiama. Nello sfoggiare con disinvoltura quella mise così personale, era ancora più sensuale del solito. O forse la vedeva così perché...

«Sono le dieci, è giunta l'ora di alzarsi» disse Sara con un lieve tono di disappunto, ma a bassa voce: non voleva svegliare Will, dopotutto. Dopo quella notte...

«Oh, i miei non ci sono, tranquillo. Rischio terzo grado scongiurato» ridacchiò in risposta alla faccia turbata di Jem, il quale però stava pensando a tutt'altro. «Sono andati a Roma per un paio di giorni, ricordi?»

«In questo momento non mi ricordo neanche il mio nome» biascicò Jem stropicciandosi gli occhi. Provò a sforzarsi di riprendere il controllo della propria mente (e corpo) e di dissimulare lo shock che aveva ancora addosso. Era stato un sogno? Era accaduto davvero? Del fatto che fossero andati alla festa e avessero bevuto e ballato fino allo sfinimento era abbastanza certo. Non si sentiva praticamente più le gambe. Ma il resto? Possibile fosse stata solo una suggestione, una fantasia scatenata dall'alcol? Eppure era stato tutto così... reale. Non poteva restare col dubbio. Era troppo importante. Doveva sapere.

«C-cosa è successo ieri sera? Come siamo arrivati qui? Ho un vuoto pazzesco.»

«Eh eh, ti credo: dopo aver inneggiato a Bacco e danzato come forsennati per tutta la notte...» replicò la bionda con un largo sorriso sedendoglisi accanto all'altezza del bacino. Jem si affrettò a sistemarsi alla bell'e meglio il lenzuolo tra le gambe.

Anche appena alzata, Sara era incantevole come una musa e lui non poté fare a meno di notare la curva del seno prosperoso che s'intravedeva dall'apertura della vestaglia mollemente allacciata sui fianchi. Sentì il sangue salirgli alla testa e venne travolto da un irrefrenabile impulso di baciarla. Si morse il labbro e scosse la testa, sforzandosi di mantenere quel briciolo di autocontrollo che gli rimaneva. «Sì, ma oltre a questo... che abbiamo fatto?» insisté, impaziente di sapere di più.

«Beh, non è che io ricordi proprio tutto... ma so che ci siamo divertiti un mondo e questo lo ricorderai anche tu. È stato fantastico! Il post sbornia un po' meno... Comunque, ci vuole una serata fuori dagli schemi ogni tanto.»

Fuori dagli schemi?! 

Jem stava per impazzire. Evidentemente doveva essere più esplicito. La guardò con occhi imploranti e le chiese in un sussurro: «Non... non è successo niente di... strano?».

Adesso era Sara a scrutarlo con espressione inquisitoria. «Strano? In che senso? Penso che dovresti stare alla larga dagli alcolici, Jem, sul serio. Hai degli occhi...» buttò lì in tono ironico. Ma visto che Jem sembrava ancora in attesa di risposta, neanche fosse questione di vita o di morte, Sara si sforzò di ricordare. «Verso la fine della serata ricordo che siamo usciti e ci siamo spaparanzati sul prato a guardare le stelle cadenti...» A quelle parole, Jem trattenne il fiato. «E poi siamo crollati come dei perfetti ubriaconi!» concluse Sara con un'alzata di spalle.

Allora era così che era andata? Non c'era stato nessun bacio, nessun contatto spinto tra loro? Jem tirò un sospiro di sollievo. In realtà, non sapeva dire se quella versione dei fatti gli avesse fatto più o meno piacere. Non era neppure convinto al cento per cento delle sue parole. Eppure si sentiva già meglio. Per quanto improvvisamente e ardentemente avesse bramato quel contatto, non poteva negare che se fosse successo davvero le cose tra loro non sarebbero più state come prima. Avrebbero varcato un punto di non ritorno. E poi... e poi Sara aveva baciato Will. Prima.

«Non è stato facile convincervi a mettervi in piedi, ma alla fine ce l'ho fatta» riprese fieramente Sara, strappandolo ai suoi tormentati pensieri. «"L'amico fidato" ci ha dato un passaggio a casa. Ah, e per la cronaca, non era né il dj né il barista ma il cugino del padrone di casa» precisò ridendo divertita all'occhiata interrogativa di Jem. «Onestamente, non ricordo neanche come e quando mi sono cambiata e messa a letto» aggiunse Sara sovrappensiero. «Comunque, devo ammettere che è stata una serata incredibile!»

Jem annuì meccanicamente, rimpiazzando poi l'espressione da anima in pena che doveva avere in quel momento con una più distesa. «Ehm, già. Incredibile. Grazie per... tutto. Ne avevamo bisogno. Credo.»

«Ah, ora fai il sentimentale? Prego, comunque. Sareste persi senza di me» rise Sara scuotendo il capo e facendo ondeggiare i soffici capelli biondi lungo le spalle, nel tentativo di nascondere il leggero rossore che le era salito alle guance; cosa che, naturalmente, non sfuggì a Jem.

«Caffè?» gli domandò poi, avvicinandosi al tavolino e dandogli le spalle.

«Qualcuno ha detto "caffè"?» biascicò Will stiracchiandosi e socchiudendo un occhio.

«Alla buon'ora!» si complimentò con lui Sara, versando il caffè in tre tazzine di porcellana bianca.

«Sbaglio o siamo in vacanza?» ribatté Will con una nota polemica nella voce ancora impastata di sonno.

«Ecco il tuo caffè, scansafatiche» disse Sara, sedendosi al fianco di Will e porgendogli la tazzina. Il sorriso trasognato di Will si tramutò in una smorfia di disgusto dopo che ebbe assaggiato il primo sorso.

«Puah! Amaro come il veleno... Ma che è 'sta roba? Vuoi farmi vomitare?» tossicchiò Will, restituendole nauseato la tazzina.

«È probabile» insinuò Jem in tono malevolo.

«Eh, bello mio, ti è piaciuto spassartela ieri? Hai dormito solo poche ore. Ora devi riprenderti, perciò...» insisté Sara avvicinandogli la tazzina alla bocca.

«Neanche per sogno!» protestò Will, portandosi le mani tra i capelli arruffati. «Madonna santa, mi sento uno straccio... ma che abbiamo bevuto ieri? Che hai messo nei nostri cocktail? Confessa!»

«Ehi, vacci piano con le accuse! Era solo alcol, miei cari. Tranquilli, non sono così mondana da drogarvi!»

Jem avrebbe voluto ribattere volentieri a quell'affermazione, considerate le scene sfocate e incoerenti che ancora fluttuavano nella sua testa. E se quel genio del male avesse orchestrato tutto fin dall'inizio? E se non gli avesse detto proprio tutto quel che ricordava? Sfortunatamente, però, non sembrava voler aggiungere altro e lui non se la sentiva di riaprire il discorso. A maggior ragione davanti a Will. Perché si era svegliato proprio in quel momento? Perché non ricordava cos'era successo dopo? Era sicuro di volerlo sapere? Certo che voleva saperlo, cazzo! E poi? Come avrebbe provato cosa fosse vero e cosa no? Che fosse stato tutto frutto della sua fantasia? Aveva bevuto parecchio, dopotutto.

«Un po' del mio caffè speciale e tornerete come nuovi, vedrete» stava dicendo intanto Sara porgendo con fare pratico una tazzina a entrambi.

«Jem, ma la senti? Ci fa ubriacare, ci porta qui con l'inganno e ora tenta pure di avvelenarci!»

«Già» annuì Jem accigliato. «Ci conviene tagliare la corda, prima che Circe ci faccia qualche altro incantesimo» aggiunse beccandosi come risposta una merendina dritta nel petto. Forse, però, era già troppo tardi.       

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