36 - Find You

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«È inconcepibile!» sbraitò il signor Villa percorrendo furiosamente il perimetro del salotto. «Non avrei mai immaginato che potesse arrivare a tanto!»

Accanto a Jem, la madre di Sara teneva un fazzoletto premuto sulla bocca, strizzando gli occhi nel tentativo di evitare che altre lacrime continuassero a scorrere sui solchi che si erano scavati nelle ultime ore sul suo viso. «Terribile, terribile...» riusciva solo a ripetere, più a se stessa che ai presenti. Come previsto, i genitori di Sara si erano presto accorti di ciò che la figlia aveva fatto. L'avevano portata immediatamente a medicare i tagli e dopo un'inevitabile e impietosa sgridata l'avevano rispedita in camera, dove si trovava al momento.

Jem era profondamente scosso per l'atroce gesto della sua migliore amica, ma poteva solo immaginare cosa significasse per una famiglia rispettabile come la sua scoprire che la figlia avesse manifestato istinti suicidi.

«Dobbiamo intervenire, e alla svelta» dichiarò perentorio il signor Villa senza fermarsi, i baffoni che vibravano a ogni parola. «Non intendo correre ulteriori rischi. Chiamerò il dottor Bonfanti e mi farò suggerire i migliori specialisti del circondario!»

«Oh, caro... è terribile, terribile...» continuò afflitta la signora Villa.

«La prego, non sia precipitoso» prese la parola Jem in tono sommesso, provando a dissuaderlo.

«Geremia, non possiamo più permetterci di lasciarla sola! Hai visto cos'ha combinato? Chiaramente non è più padrona delle sue azioni. Dobbiamo aspettare che faccia qualche altra follia?» tuonò furente il padre di Sara allargando le braccia. A quella frase la madre di Sara proruppe in un sonoro pianto, affondando sconsolata il viso nel fazzoletto.

«Infatti non la lasceremo sola» precisò cauto Jem. «Forse mandarla in un istituto di cura sperando che l'aiuterà a superare il suo malessere potrà sembrare la soluzione migliore, ma secondo me non lo è.»

«Cosa suggerisci allora?» domandò il signor Villa arrestandosi e puntandogli addosso il più incendiario dei suoi sguardi. Jem deglutì e trasse un profondo respiro prima di esporre meglio che poté la sua apologia di Sara.

«Comprendo appieno le sue paure. Non è stato un periodo facile, per nessuno di noi. Sappiamo bene quanto il legame che ci univa fosse vitale per Sara. Perdere Will è stato come perdere una parte di se stessa... e posso capirla, perché è stato così anche per me.» Detto questo, Jem fu costretto a fermarsi per trattenere la commozione che minacciava di rompere gli argini che aveva pian piano e con immensa fatica costruito attorno al suo cuore.

«Non è qualcosa che passa in fretta o che si può curare con farmaci e reclusione. Da quando abbiamo ripreso a parlare ho notato dei miglioramenti in lei. Non so perché ieri abbia compiuto quel gesto sconsiderato, ma non me la sento di incriminarla. Sono sicuro che si è resa conto del suo sbaglio e che non lo farà più. Non è da lei. Magari doveva toccare il fondo per poter risalire. Ha... abbiamo già perso Will. La prego, non la separi anche da me. Non lo sopporterebbe... non lo sopporterei: sono tutto quel che le è rimasto, l'unico testimone della nostra amicizia a cui può aggrapparsi. E lei ha un disperato bisogno di aggrapparsi alla vita, alla certezza che quello che è stato non è perso. Ha ancora me e io ho ancora lei. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro per non dimenticare chi siamo e chi eravamo. La prego, mi faccia tentare, non permetterò per nulla al mondo che si faccia ancora del male. La troverò, ritroverò la nostra Sara» concluse Jem in tono accorato, gli occhi colmi di lacrime.

La madre di Sara aveva smesso di piangere e tirava su col naso dal suo angolo del divano, gli occhi carichi di ansia fissi sul marito.

«Va bene» si arrese esasperato quest'ultimo, non nascondendo la fatica che quella risposta gli stava costando. «Tuttavia, se le cose dovessero peggiorare – il che mi pare alquanto difficile ma, a questo punto, mai dire mai – porterò in cura entrambi!»  

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