I. La serata di gala in mio onore non va come pensavo

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Cerco tra i miei innumerevoli vestiti quello che dovrò indossare questa sera, ma non c'è: deve esserselo preso mia sorella. "ELIZABETH KATHERINE, DOVE HAI MESSO IL MIO VESTITO BLU?" 
"Abbey, non c'è bisogno di urlare. Io non l'ho visto, l'avranno sistemato le domestiche."
Mia madre entra nella stanza.
"Abigail Victoria, sai che non devi urlare a tua sorella. Il vestito l'ho preso io, così ho fatto fare delle scarpe dello stesso colore."
"Aw, grazie, madre. Sei sempre così premurosa."
La stringo in un abbraccio pieno di falsità. La donna che chiamo mia madre non si è mai comportata come tale: oltre ad un'educazione rigida, che tra l'altro non è servita a nulla, mi ha dato solo uno status nobiliare. I soldi invece li ho ricevuti in eredità dopo la morte di mio padre e grazie alla mia collezione di abiti di lusso.
Lei ricambia freddamente all'abbraccio: sono la pecora nera della famiglia con il mio comportamento, non dovrei aspettarmi altro.
"Su, ora fammi vedere come ti stanno."
Mi porge un paio di scarpe con il tacco a spillo da dodici centimetri di velluto blu.
Le infilo e mi calzano a pennello, come al solito.
"Sono perfette. Grazie."
"Sei bellissima."
Mi passa la mano sulla guancia e mi bacia la fronte.
"Grazie. Aspetta di vedermi con il vestito."
Me lo infilo senza togliere le scarpe e anche questo mi sta a pennello.
"Devo ammettere che in fatto di abiti hai dei gusti impeccabili. La scollatura non è troppo pronunciata, non è volgare, anzi, è molto fine. E la gonna sembra fluttuarti attorno tanto il tessuto è raffinato."
"Va bene, madre, ho capito, sono davvero bella e brava e ho preso tutto da te."
Elize fa capolino dalla porta.
"Abbey, mi trucchi?"
"Hai trentun'anni e non sai ancora truccarti?"
"Abigail, truccala e basta."
"Si, madre."
Mi avvicino a mia sorella e la faccio sedere davanti a me.
"Come mai il vestito di questo verde smorto? Pensavo ne avessi fatto fare uno rosso."
"Si, ma Philip voleva che fossimo in tinta."
"Quindi tu ti metti questo vestito terribile perché lui vuole mettersi un fazzolettino verde?"
"Più o meno."
"Ti sei proprio trovata l'uomo peggiore. In primis, gli interessa solo di sè stesso, di te se ne frega."
"Non posso darti torto, però non è sempre così egocentrico."
"Poi è viscido, avido, finto modesto..."
"Okay arriva al punto."
"Il punto è che sappiamo che non ti merita. E poi sappiamo che è un succhia cazzi."
"ABIGAIL VICTORIA!" Mi urla mia madre.
"Madre! Lo sai anche tu che è vero.  Elize è l'unica che non vuole ammetterlo."
"Abbey non è vero. Pensa a te stessa."
"Elize per favore. Io ammetto di essere una succhia cazzi, lui invece dice di amarti quando in verità succhia i cazzi. Almeno Jacob, quando nostro padre ha deciso che dovevo stare con lui, mi ha detto senza problemi di essere omosessuale, affinché potessimo entrambi divertirci con altre persone."
"Abbey, per favore, non farmi mai più questo discorso. Sei incredibilmente volgare. La tua reputazione viene infangata dal tuo comportamento libertino."
"Lo so. E non me ne frega niente."
Nè io nè mia sorella abbiamo potuto scegliere il nostro compagno di vita.
A me è toccato Jacob, un uomo davvero attraente, classico giocatore di football, proveniente da una delle famiglie più ricche dello Stato, ma gay. Questo però non deve essere per forza un difetto, infatti abbiamo deciso di avere una relazione aperta, quindi io posso vedere chi voglio.
A mia sorella invece é toccato Philip il noioso. Philip l'acido. Philip il rompicazzo. E potrei continuare. 
Sempre proveniente da una delle famiglie più ricche, Philip è solo interessato ai soldi. Non prova nemmeno un briciolo di interesse nei confronti di mia sorella e proprio per questo sospetto che sia anche lui omosessuale. Sono sposati da un anno, ma di figli neanche l'ombra, nonostante mia madre continui a lanciare delle frecciatine. Per esempio, come regalo di Natale, ha dato a mia sorella un pacchetto di test di gravidanza. E un giorno è entrata nell'ala della nostra villa di Philip e gli ha rubato i preservativi. Cose da tutti i giorni.
Completo il trucco di mia sorella.
"Fatto. Tieni il rossetto e vai a mettertelo da sola. In più ti consiglio di farti fare uno chignon o una treccia, perché con i capelli sciolti non stai bene con questo vestito."
"Okay, grazie."
Inizio a truccarmi, quando Jacob entra nella mia camera.
"Buonasera, signora Hoffman. Buonasera Abigail, sei davvero splendida."
Indossa uno smoking nero senza il fazzoletto.
"Sono venuto per vedere il colore del tuo vestito, così possiamo fare un match, tesoro."
"Oh si, va bene. Blu prussia."
"Adoro quando sei così specifica in fatto di colori."
Viene dietro di me e mi massaggia un pò le spalle.
"Ti sei tagliato i capelli?"
"Si, volevo essere ordinato. Questa sera ho un affare importante."
"Buona fortuna.  Speriamo che vada in porto."
"Oh si, lo spero proprio."
Mi da un bacio sulla spalla e mi guarda attraverso lo specchio.
Jacob è davvero un bell'uomo: capelli e occhi castani, un fisico mozzafiato, lineamenti decisi e taglienti.
Peccato che sia omosessuale, se no saremmo stati davvero perfetti. 
"Sei davvero bellissima. L'ombretto azzurro però non fa risaltare i tuoi occhi verdi, tesoro. È meglio un pò di color terra, o rosso."
"Jacob, hai visto il mio vestito? È blu."
"Si. Se no puoi mettere il rossetto rosso in alternativa. Non sai quanti baci darei alle tue labbra carnose e rosse..."
Se non fossi gay.
Alzo gli occhi al cielo.
"Seguirò il tuo consiglio. Ci vediamo questa sera."
"Saremo la coppia più bella."
"Non c'era nessun dubbio."
Lui sorride, mi bacia la guancia e se ne va.
Mia madre si volta a guardarmi con un sorrisetto stampato in faccia.
"È davvero bello, vero?"
"Si, peccato che non saremmo mai stati insieme se non fosse stato per il nostro fidanzamento deciso da te e da papà."
"Tesoro, lo sai che ci serve per mantenere un rango alto nella famiglia. E poi così puoi vedere chi vuoi davvero. Ma senza esagerare."
"Esagero?"
"Si. Le voci circolano e dicono che sei una ragazza facile."
"Io direi che sono una ragazza che sa come divertirsi. Non ho fatto nulla di sbagliato."
"Gli uomini giudicano, ma ancora di più le altre donne. Ricordalo."
Io annuisco e mi metto il rossetto rosso.
"Ti faccio una treccia?"
"Non sono meglio sciolti e mossi?"
"Si, ti ci vedo bene. Hai dei capelli bellissimi: tanti e spessi. E poi sono del mio colore originale."
Io, mia madre e mia sorella abbiamo tutte i capelli castani scuri, ma mia madre li tinge di biondo e li porta corti.
Mio padre invece, prima di morire, li aveva biondi, con gli occhi azzurri, che mia sorella ha ereditato.
La porta si spalanca ed entra Philip.
Il suo fisico è magro, tonico e slanciato.
"Elizabeth, hai preso tu il mio orologio di famiglia?"
"Non è qui."
Gli rispondo freddamente.
"Oh, ciao Abigail. Buonasera, signora Hoffman."
"Philip, ti dico sempre che Margaret va bene."
"Ma certo, ha proprio ragione. Sapete per caso dove sia Elizabeth?"
"Sarà nella sua camera. Perchè sei venuto a cercarla nella mia è un segreto."
"Forse perchè inconsciamente volevo un-" guarda mia madre e le sorride -" un consiglio. Tu, Abigail carissima, hai dei gusti favolosi."
Lo odio. Lo odio. Lo odio.
"Chiedimi pure."
"Questo colore ti piace?"
"No. È terribile. Ad Elizabeth non dona per niente."
"Abigail! Non essere maleducata!"
"Madre, non sono maleducata, sono sincera."
"Oh Margaret, non si preoccupi. Comunque é troppo tardi per cambiare."
Mia madre si alza dalla sedia e si sistema la gonna a tubino.
"Vado a chiamarti Elizabeth."
"Grazie mille, Margaret."
Se ne va e rimaniamo soli io e Philip.
"Cosa stavi dicendo prima?"
"Che magari sono venuto qui per un pompino da parte della migliore spompinatrice della città.  Neanche le puttane si impegnano quanto te."
"Tu cosa ne sai, che frequenti solo uomini?"
"Non sai di cosa parli."
"Sta zitto."
"Non ho mai conosciuto una ventitreenne così mocciosa."
"Wow, vacci piano con gli insulti, mi ferisci proprio."
Lui sta per ribattere quando arriva Elize. 
"Ciao amore, mi cercavi?"
"Si. Dove hai messo il mio orologio di famiglia?"
"Non l'ho toccato."
"Bugiarda! So benissimo che me l'hai preso tu."
"Amore, ti sbagli, devi averlo dimenticato da qualche parte."
Io alzo gli occhi al cielo e li lascio soli a litigare mentre vado in bagno a farmi i capelli mossi.
Non capisco come mai mia sorella si faccia trattare sempre in questo modo da quello sfigato.
Mia madre entra nel bagno.
"Capisco che ti stia antipatico, non è la mia persona preferita, lo ammetto, ma almeno questa sera trattalo bene. In fin dei conti è il marito di tua sorella e voglio che la gente veda quanto la nostra famiglia sia perfetta, ma soprattutto come ci siamo risollevate da sole dopo la morte di Edward."
Mi volto verso di lei con l'arricciacapelli in mano.
"Madre, noi non siamo una famiglia perfetta. Nessuna lo è.
Ma siamo una bella famiglia e questo basta, non credi?"
"Non agli occhi degli altri. Lo sai che la figlia dei Preston vuole lanciare una propria linea di moda? Questa sera devi spaventarla, così non entrerà in competizione con la tua linea invernale."
"Davvero? Mi dai il permesso di giocare sporco? Sai quanto mi diverta."
"Si, tesoro. Te lo concedo, ma solo per questa sera."
Questa serata è appena migliorata del 40%.
Mia sorella chiama mia madre nella mia stanza, quindi lei se ne va con un sorrisetto.
Finisco di farmi i capelli e mi metto il rossetto più rosso che riesco a trovare e si, sto davvero bene.
Prendo il telefono e mi faccio qualche foto, poi ne scelgo una per poi pubblicarla sulla storie di Instagram, quindi la mia preparazione é finita.
Sono pronta per la festa.
Elize entra in bagno.
"Come stai bene."
"Grazie. Anche tu stai bene, nonostante quel vestito."
"Più lo guardo più diventa brutto."
Le scappa una risatina, a cui mi unisco anche io.
"Possiamo andare?"
Mi porge il braccio.
"Ma si, dai."
Glielo prendo, quindi usciamo dalla mia ala della villa per poi arrivare nell'atrio centrale e dirigerci nella sala delle feste.
Originariamente era una sala da ballo, ma mia madre l'ha rimodernata per farla diventare il covo dei ricconi.
Nella sala ci sono solo i membri del catering, che stanno sistemando i tavolini e delle sedie per quando gli ospiti saranno stanchi di fare conversazione in piedi. Entra mia madre, seguita da ragazzi vestiti in uniforme, che la ascoltano mentre spiega cosa dovranno fare con precisione.
"Poi quando Jacob vi darà il segnale voi quattro entrerete con la torta. Dopo dovrete aspettare fino a quando non se ne saranno andati tutti per pulire."
I ragazzi annuiscono. Che pazienza.
"Che pazienza." Mi sussurra mia sorella e mi scappa una risatina.
Siamo proprio sorelle.
Uno dei ragazzi mi si avvicina.
Sarà alto uno e settantacinque, ha dei capelli castani scuro, tendenti al nero, ricci, ma sistemati con della lacca in modo da sembrare più ordinati, degli occhi castani e delle labbra rosee, abbastanza carnose.
Ha un bel viso, pallido, segnato da un leggero accenno di barba e baffi.
È davvero carino.
"Scusatemi, vostra madre mi ha detto che ha dimenticato uno scialle nella stanza di Abigail Victoria. Quindi, quella che tra voi due è Abigail, potrebbe mostrarmi dove è la sua camera?"
Mia sorella mi sorride.
"Vai, tengo d'occhio io nostra madre."
"Grazie."
Le sorrido mentre si allontana e guardo il ragazzo.
"Sono io Abigail, seguimi pure."
Gli faccio strada: entriamo nell'atrio e saliamo le scale.
"Hai bisogno di una mano? Con quei tacchi non deve essere facile."
Oh Gesù, è pure gentile.
La parte di me che questa sera dovrei tenere nascosta sta fremendo. 
"Si, dai grazie."
Gli afferro il braccio, che si dimostra abbastanza muscoloso sotto l'uniforme, anche se non è come quello di Jacob. 
Ecco, dovrei pensare a Jacob e staccarmi dal ragazzo.
"Comunque, Abigail Victoria? Sul serio? Che nome è?"
Mi guarda con un sorriso furbo.
"Si da il caso che Abigail fosse la sorella di mia nonna. E Victoria perchè mio padre sosteneva di essere un lontanissimo parente della regina Victoria. Il che tra l'altro è falso."
"Questi nomi nobili non li capisco."
"Sentiamo, come ti chiami?"
"Cody."
"Cody? Pure il carlino di mia madre ha un nome meno da cane."
Il ragazzo scoppia a ridere.
Arriviamo davanti alla porta della mia ala.
"Queste sono le mie stanze. Mia madre ti ha detto per caso in quale stanza di preciso ha lasciato lo scialle?"
"Pensavo fosse una sola la stanza."
"No, sai, noi nobili, oltre ad avere più nomi, abbiamo anche più stanze. Un'intera ala, per la precisione."
"Penso intendesse la tua camera da letto a questo punto."
Se questa non fosse una serata importante lo porterei in camera e faremmo sesso.
Ma è una serata importante e mia madre ci sta aspettando, quindi non posso.
Apro la porta e lo dirigo fino alla mia camera da letto.
"Eccoci."
La apro e lo faccio entrare.
Devo stare calma. Professionale.
"Grazie. È enorme."
Vorrei poterlo dire io riguardo ad altro ma non posso. Non devo nemmeno pensarci.
"Lo so."
Lo scialle è sulla sedia.
Cody lo prende.
"Aspetta, te lo piego io come vuole mia madre."
Lo prendo e lo piego.
"Ecco qui."
"Grazie mille, Abigail Victoria."
"Solo Abigail va bene. Anche Abbey se vuoi."
"Abbey? Perchè questa pronuncia strana? Non si dice Abby di solito?"
"Fai troppe domande, Codey."
Il ragazzo ridacchia.
"Perchè mio padre era di origini inglesi, quindi la sua pronuncia era diversa. O strana, come dici tu."
"Capito. Grazie per avermi accompagnato."
"Tranquillo, non c'è problema."
"Sei meglio di come ti avevo immaginata."
"Come mi avevi immaginata?"
"Prima di tutto ti immaginavo alta e bionda."
"Perché?" Mi scappa una risata.
Lui alza le spalle.
"Non lo so. Nei film tutte le nobili sono alte e bionde. Poi ti immaginavo spocchiosa e antipatica. Del genere che non mi avresti mai rivolto la parola per tutta la strada. E che ai miei commenti ti saresti innervosita."
"Stai dicendo che sono simpatica?"
Lui alza di nuovo le spalle.
"Si?"
"Aw, grazie. Diciamo che mia madre è tutte le cose che hai detto. Mia sorella è un pò spocchiosa e si innervosisce facilmente, mentre io sono completamente diversa. E per questo sono un pò la pecora nera."
Lui mi sorride.
"Se essere come te significa essere una pecora nera, allora non deve essere così male."
Ci sta provando? Mi sembra di sì.
"Torniamo giù, Abby?"
"Abbe- fa niente. Abby va bene."
Lui ride e torniamo alla sala, che ormai si è riempita.
Mia madre ci viene incontro.
"Grazie, ragazzo."
Si infila subito lo scialle e va sul piccolo podio che ha fatto installare e parla al microfono.
I ragazzi del catering si stanno già muovendo tra gli invitati.
"Buonasera! Benvenuti! É un piacere avervi nuovamente tutti qui con voi."
Come no. Cerco con lo sguardo Jacob e non lo trovo. Forse è meglio così.
Cody mi ha confusa. È strano ricevere un'attenzione che non sia legata solo al mio aspetto estetico.
"Questa sera è in onore di mia figlia Abigail Victoria, la quale, l'anno scorso, a soli ventidue anni, ha inaugurato una nuova linea di moda. Questa ha avuto un così grande successo che domani entrerà sul mercato una nuova linea invernale. Congratulazioni, Abbey cara!"
Tutti mi applaudono, io sorrido e ringrazio, con lieve e finto imbarazzo.
"Vieni qui, tesoro!"
Mi muovo verso di lei, tutti mi fanno spazio per passare.
"Ora che è qui - mi abbraccia - vorrei cedere la parola al suo compagno, Jacob Kavanaugh."
Mia madre si sposta e Jacob parla al microfono, senza nemmeno dover salire sul podio, con il suo metro e novantatre.
"Piccola mia, devi sapere che sono fiero di te. Sei la mia ispirazione. Sei il mio sogno."
Bugie. Tutte bugie.
"Ogni giorno che passa sono sempre più grato di essere al tuo fianco. Siamo una bella squadra noi due."
Jacob si inginocchia e tira fuori un anello.
Oh no. No no no no. Ti prego no.
"Abigail Victoria Hoffman, io ti amo immensamente. Sei la mia ragione di vita. Vuoi sposarmi?"
No!
Guardo mia madre che annuisce.
Faccio finta di commuovermi, come una vera attrice.
"Jacob, sei TU la mia ragione di vita! Certo che ti voglio sposare!"
Lui si alza e mi stringe in un forte abbraccio, sollevandomi da terra e baciandomi.
E così Cody diventa un lontano ricordo. 
La folla scoppia in un fragoroso applauso. 
Jacob mi riporta con attenzione a terra.
"Grazie, Abbey."
Grazie per aver detto di sì anche quando non avresti mai voluto stare con me in primo luogo.
Grazie per aver detto di sì anche se sono gay.
Grazie per aver detto di sì rinunciando a tutte le tue libertà.
Grazie per aver detto di sì a diventare una Kavanaugh e a dover scopare con me per la prima e unica volta in tutta la nostra relazione solo per avere un figlio.
Inizio a piangere e tutti pensano che sia perché sono commossa e felice, ma in realtà sono disperata.
Sorrido, ma vorrei correre in camera mia ad ubriacarmi.  E forse questa notte lo farò. 
Certo che mia madre poteva parlarmene.
Jacob mi massaggia un pò la spalla, poi mi guarda a mi sorride.
"Ora vado ad occuparmi dell'affare importante."
"Va bene.  Ciao."
E scompare.
Voglio scomparire anche io, ma tutte le signore vengono a congratularsi con me per il bell'uomo che mi sono accaparrata. 
È gay! Non me lo sono accaparrata!
Vorrei solo andare in bagno a struccarmi, dato che con le lacrime mi è colato tutto il trucco e sto iniziando a vedere grigio.
"Abbey, vieni, ti accompagno in bagno."
Mia madre mi prende sotto braccio e mi accompagna fuori.
"Grazie, madre."
"Scusami. Avrei dovuto dirtelo, ma sapevo che avresti rifiutato."
"Ma dai?"
Apre la porta dell'ala più vicina, quella di Jacob, che dovremo spostare nella mia ala, perché ormai siamo ufficialmente fidanzati.
L'odore è fortissimo. 
"Che puzza c'è?"
Domanda mia madre, la quale si porta un fazzoletto al naso.
"Madre, ferma. Questa puzza non è normale. È di sangue."
La porta dell'ufficio è socchiusa e con la punta della scarpa la apro.
Il corpo di Jacob è steso in una pozza di sangue, pallido, con tre fori nel petto. Mia madre lancia un urlo, io rimango ferma immobile.
Jacob è morto.
Neanche venti minuti fa mi ha chiesto di sposarlo.
"Abbey, chiama l'ambulanza e la polizia, io vado ad avvisare qualcuno."
Prendo il telefono dalla borsetta con la mano che trema e chiamo.
Mi appoggio al muro e piango di paura, dispiacere e sollievo tutto assieme.
Lui è morto. Sono libera dal matrimonio.
Ma ora mia madre mi troverà qualcun'altro e lui era davvero l'opzione migliore. 
La gente inizia ad accalcarsi alla porta, mia madre mi aiuta ad alzarmi e mi porta da un poliziotto, che mi fa delle domande, ma non c'è molto da dire.
"Signorina Hoffman, può andare. Le consiglio di riposare, è stata una serata stancante."
Io annuisco. 
"Va bene, grazie."
Salgo su fino alla mia ala.
La mie mani sono sporche di mascara e ombretto.
Prima di lavarmele devo legarmi i capelli quindi apro la porta della mia camera da letto.
Dentro c'è un ragazzo che sta cercando di scassinare il mio comodino.
"Hai scelto la serata peggiore per farlo, e comunque non ci troverai niente di interessante."
Al posto di parlare, lo urlo.
Il ragazzo fa un salto dallo spavento e si volta.
"Scusa, posso spiegare."
Incredibilmente è Cody.
Devo essere sincera: non me l'aspettavo.
"Cosa ti è successo?"
"Perché stai provando ad aprire il mio comodino?"
"Prima rispondi tu."
"Il mio fidanzato è appena morto."
Mi porto una mano in fronte e faccio un lungo respiro.
"Ah."
"Ora tocca a te."
"Ho sentito delle voci dire che qui hai qualcosa di davvero prezioso e sono un pò al verde. Mi dispiace davvero tanto."
Io scoppio a ridere, apro la borsetta e prendo il mio mazzo di chiavi, per aprire il comodino.
Apro lo sportello e faccio vedere a Cody cosa contiene: alcol e preservativi.
"Ecco la mia grande fortuna."
Prendo una bottiglia di vodka e bevo un sorso a canna.
"Ehi, vacci piano."
"Vaffanculo, faccio quello che voglio. Ti ho appena beccato mentre provavi a rubare, quindi ti conviene stare in silenzio e pensare ad un alibi per l'omicidio che regga e che non sia il rubare."
Mi alzo e prendo lo struccante e i dischetti di cotone, quindi mi pulisco allo specchio.
"Stavo lavorando. E quando ti ho vista ti ho accompagnata in camera."
Io annuisco.
"Okay."
"Non sei arrabbiata con me?"
"No. Ho altro a cui pensare."
Lui annuisce e si siede sul mio letto.
"Scusami davvero tanto, quando ti ho conosciuta mi volevo tirare indietro perché non sei come ti immaginavo. Però ormai ero qui e dovevo.  E mi dispiace per il tuo ragazzo."
Io alzo le spalle.
"Non lo amavo. Forse è meglio così. Forse no, perché mia madre mi consegnerà a qualcuno di peggiore. Magari avrò qualche mese di pausa per processare il lutto."
"Quindi è stata tua madre a sceglierti il ragazzo?"
"Già. Era pure gay."
"Si spiegano le voci."
"Le voci che dicono che sono una troia?"
Cody esita.
"Si. Dicono che vai un pò con tutti. Devo ammettere che quando ti ho vista ero curioso. Lo sono ancora, in effetti. Non mi sembri una..."
"Troia.  Puoi dirlo. So anche io cosa dicono di me."
"E cosa ne pensi?"
"Che non sono una troia. Sono andata con  sette persone in tre anni. Solo che queste persone se ne sono vantate. Mi piace fare sesso. E quindi? Anche agli uomini piace ma non si dice niente di loro."
Cody mi sorride.
"Lo ammetto, anche a me piace."
Ridiamo entrambi.
Sentiamo dei passi che si avvicinano.
Mia madre bussa alla porta ed entra con un altro poliziotto.
"Abbey, tesoro -guarda velocemente Cody- il signore vuole parlare con te."
"Va bene. Si sieda pure alla mia sedia."
Mi siedo sul letto accanto a Cody.
Mia madre invece se ne va.
"Buonasera signorina Hoffman. Lei invece chi è?"
Cody si alza.
"Se volete me ne vado."
"No, per favore rimani."
Lo guardo con aria supplice. Non posso farcela da sola.
Il poliziotto annuisce.
"Va bene. Devo interrogarvi velocemente."
Cody torna a sedersi.
"Sono Cody Greene e faccio parte del catering.
"Perchè ti trovi qui con la signorina Hoffman?"
"Perché l'ho incontrata in lacrime mentre stava tornando nella sua camera, quindi mi sono offerto di accompagnarla. Non potevo lasciarla sola proprio in questo momento."
"La signorina Hoffman ha già un alibi, qual'è il suo?"
"Stavo lavorando. Ero in cucina, può chiedere anche ai miei colleghi."
"Sarà fatto. Signorina Hoffman-"
"Abigail, per piacere."
"Va bene, Abigail. Lei è a conoscenza di qualcosa al riguardo di quello che il suo fidanzato stava facendo nella stanza?"
"Si. Mi aveva detto che doveva portare a termine un importante affare, ma non mi ha detto cosa di preciso."
"Va bene, questo è tutto per ora. Grazie per la vostra disponibilità." Il poliziotto si alza e lo congedo, chiudendomi alle spalle la porta.
Cody si alza.
"Forse é meglio che io vada."
"Aspetta."
Prendo un'altra chiave e apro il mio portagioie, dove conservo sempre dei soldi a portata di mano.
Prendo trecento dollari e glieli porgo.
"Tienili. Prima mi sembrava che ne avessi bisogno."
Cody arrossisce. 
"No, Abby. Non dovresti essere gentile con me. Stavo per derubarti. Non sono una buona persona. Dovrei proprio andarmene ora."
"Non me ne frega niente.  E non vai finché non li prendi."
Lui mi sorride.
"Non posso proprio. Posso sempre rubarli da qualche altra parte."
"Per favore, Cody. La prossima volta non sarai così fortunato da trovare una ragazza sconvolta quanto me che lascia correre la questione. Però il fatto che tu sia carino e gentile aiuta."
"Quindi sarei carino e gentile?"
"Si. Un ladro carino e gentile."
"Grazie. Anche tu sei carina e gentile."
Scoppiamo a ridere.
Cody prende i soldi.
"Grazie mille, Abigail. Per tutto."
"Grazie a te per avermi tenuto compagnia. Mi serviva."
Lui mi sorride e mi guarda con un pò di tristezza.
"Se vuoi posso stare qui ancora per un pò, il mio ultimo autobus passa tra un'ora. O se no posso rubare una macchina."
Ridacchia un pò.
"Okay, ora ho due domande."
"Spara."
"Hai mai rubato una macchina?"
"No. Voglio essere sincero con te, faccio solo dei piccoli furti nelle case. E solo quando non ho lavoro."
"Vuoi un passaggio a casa?"
"No! Figurati."
"Perché? Ti vergogni?"
"Si! La mia casa è una discarica. Vivo con mio padre. È imbarazzante."
"Beh, anche io vivo con mia madre."
Cody ride.
"Se te la senti mi farebbe piacere."
"Certo che me la sento."
In verità vorrei solo sdraiarmi sul mio letto e piangere.
"Dammi 5 secondi, mi cambio."
"Va bene."
"Mi aiuti a sfilare il vestito?"
Mi volto e sposto i capelli dalla schiena.
"Certo."
Sento una mano di Cody sulla schiena, poi la zip scende.
"Se vuoi posso voltarmi o uscire."
"Tranquillo, non mi imbarazzo."
Mi tolgo il vestito e sento i suoi occhi sul mio corpo.
Sono solo in intimo.
Prendo dei leggins neri e me li infilo, per poi mettere una felpa viola.
Prendo delle vans old skool nere e me le infilo.
"Pronta."
"Cavolo, sei davvero bassa."
"Che novità, non me ne ero mai accorta."
"Il tuo ragazzo era davvero alto. Prima ci sono passato accanto e mi superava di una testa. Era fisicamente impossibile tra voi due."
"Non lo abbiamo mai fatto. Ci siamo baciati tipo due volte in tre anni."
Cody rimane leggermente turbato e si vede dall'espressione del suo viso.  
"Se fossi stato in lui ti avrei adorata. Insomma, sei bella, ricca, gentile, simpatica...ma non montarti la testa."
Alzo le spalle.
"Non mi amava. Provava solo affetto nei miei confronti, come per una sorella minore."
"È triste."
Io annuisco. 
"Non voglio pensare a lui per un pò. Andiamo?"
Cody mi prende una mano e la stringe cercando di confortarmi, poi la lascia.
"Andiamo."
Lo accompagno fino all'edificio dove teniamo le nostre auto.
Ci sono tutte le auto d'epoca che appartenevano a mio padre, le due di mia madre, quella di Philip, quella di Elize e la mia.
"La mia è l'Audi E-Tron GT."
Prendo le chiavi e la accendo. 
"Cazzo! É l'auto di Tony Stark e io ci sto per salire dentro! Sei davvero così ricca?"
"Esatto."
Salgo al posto del guidatore e lui si siede accanto a me.
"Wow wow wow. Sono il ragazzo più fortunato della terra in questo momento."
Sembra un bambino che scarta un regalo.
É bello vederlo così felice.
Lui è bello.
"Dove abiti?"
"Nel ghetto."
"Un pò più specifico?"
"Quando arrivi al ghetto ti guido io."
"Come vuoi."
Parto. 
"Si guida da dio! Amo questa macchina."
Gli sorrido.
"Per me non è una novità. Sono felice che ti piaccia. "
Anche lui mi sorride mentre guidiamo nella notte.
"Dovrei scrivere a mia madre per dirle dove sono."
"Tranquilla, se ti vedono con me nel ghetto non ti toccano. Sono un tipo abbastanza rispettato."
"Come mai?"
"Perché mio padre ha un giro di prostituzione e uno di droga quindi tiene in pugno tutti."
"E tu vuoi seguire le sue orme?"
"Dio, no. Non sarei al verde! Prima ho trovato lavoro come barista, ma dopo una rissa mi hanno cacciato. Poi sono andato a lavorare come postino, ma ho fatto un casino e mi hanno cacciato. Ho provato a fare il corriere per mio padre ma ho scambiato delle dosi e mi hanno quasi sparato quindi mio padre ha detto 'questo lavoro non fa per te, figlio di una troia' e pure lui mi ha cacciato. E non voglio dimenticare quando ho lavorato allo zoo per una settimana come uomo delle pulizie e per sbaglio ho lasciato aperta una gabbia e un gorilla è uscito. Indovina? Mi hanno cacciato."
Io scoppio a ridere. 
"Sei un casinista insomma."
"Già."
"E perché sei al verde se tuo padre è così potente?"
"Perché ho appena comprato un negozio per farlo diventare un ristorante, dato che ho sempre voluto fare il cuoco, ma a mio padre non piace l'idea che il suo unico figlio gestisca un ristorante e non mi aiuta economicamente."
"Mi dispiace. Tua madre?"
"Era una prostituta.  È morta di AIDS quando avevo sei anni, ma non mi ha segnato molto dato che ho sempre vissuto con mio padre.
E tuo padre?"
"È morto due anni fa. Infarto.  Mangiava sempre malissimo quindi è naturale che gli sia successo, solo che non ce l'aspettavamo."
"È stata dura?"
"Per mia madre e mia sorella si, tantissimo. Per me di meno, non abbiamo mai avuto un legame speciale, ma era sempre mio padre, quindi ci sono rimasta male."
Prendo la strada che porta al ghetto.
"Ora dove vado?"
"Sempre diritto. Poi vedrai un grande albero e lì dovrai girare a destra."
"Okay."
Vedo l'albero e giro.
"Ora?"
"Vai avanti fino al parco dei drogati e poi gira ancora a destra. Questo che vedi è l'unico parcheggio della zona, quindi se vuoi lasciarmi qui va bene."
"No, fa niente, ti lascio sotto casa."
Giro a destra.
"Ora continua fino a quando non vedi la casa con tante cianfrusaglie sparse nel giardino."
"Questa?"
"No, più cianfrusaglie.  Mi pare ci sia anche una lavatrice."
Vado diritta per un pò e poi trovo una casa che tra varie cose ha anche una lavatrice in giardino.
"Ecco, brava è questa."
È una piccola casetta a due piani fatta di legno scrostato. L'erba del giardino è gialla.
Le luci sono accese e si sentono delle urla.
"Papà ha visite. Deve essere suo fratello Chuck. Fanno sempre degli incontri di boxe in soggiorno."
Sorride imbarazzato.
"Grazie per avermi accompagnato."
"Di niente. Grazie per avermi fatto compagnia."
"Sei sicura che non vuoi stare qui a dormire? No. Scherzo. Meglio di no."
Ride e mi unisco anche io alla risata.
"No, grazie per l'invito ma è meglio che torni a casa."
Lui mi sorride. 
"Quindi ci salutiamo qui. Magari verrò ancora a lavorare per tua madre qualche volta."
"Mi farebbe piacere."
Vorrei dire di più e vorrei che mi chiedesse il numero, ma apre la portiera, esce e mi saluta con un cenno della mano, per poi andarsene.
Buonanotte, Cody.

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