II. Mi calo nei panni della detective

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Dopo aver portato Cody a casa sua sono tornata alla villa, per poi crollare a letto.
Non ho pianto, ma ho dormito senza fare sogni, nell'oblio più totale.
Quando mi sono svegliata questa mattina mi ha preso un mal di testa lancinante, quindi sono scesa in cucina e mi sono mangiata dei biscotti per poi prendere l'oki.
Arriva anche Elize.
"Buongiorno, Abbey, come stai?"
"Come vuoi che stia? Malissimo."
I poliziotti continuano ad andare e venire, hanno chiuso l'ala di Jacob e stanno investigando.
"Ve lo ripeto per l'ultima volta: no, non abbiamo videocamere interne, rovinerebbe completamente l'ambiente! Ne abbiamo solo tre all'esterno, ma ieri sera si sono presentate moltissime persone alla festa, quindi posso darle semplicemente il nome degli invitati e del catering."
"Va bene, grazie signora Hoffman."
Mia madre è nel panico più totale.
È vestita male, ha i capelli spettinati e non é truccata.
Elize sospira.
"Dove sei sparita ieri sera?"
"Dovevo schiarirmi le idee."
Mia sorella annuisce.
"Ti lascerà qualche mese di libertà, lo sai?"
"Immaginavo. Ma poi?"
"Poi ti troverà qualcun altro. E sospetto che abbia già delle idee. Deve trovare qualcuno di più bello di Jacob così le sue amiche potranno parlare di quanto sei stata fortunata a trovarlo dopo Jacob."
"Puoi smetterla di parlare di Jacob?"
"Lo amavi?"
"No, ma fa male pensare a lui, okay? Avevo la mia vita pianificata, e ora non c'è più nulla! Sapevo che avrei avuto uno o due figli, che mi sarei trovata un amante da amare davvero, mentre Jacob si sarebbe trovato il suo. Io avrei continuato con la linea di moda mentre lui aveva il suo grande affare.  Saremmo stati belli, ricchi, felici e appagati.
Ora lui non c'è più e dopo di lui ci sarà qualcuno altro. E non sapere chi è mi mette paura perché non ci sarà mai nessuno così aperto mentalmente come Jacob!"
Prendo il mio telefono e mi dirigo in fretta in atrio, pronta a salire in camera mia.
Mia sorella mi segue.
"Magari lo amerai davvero! Non devi rassegnarti al peggio."
Raggiungo l'atrio quando qualcuno bussa forte.
Elize mi blocca prendendomi per il braccio.
"Apriamo, deve essere qualche giornalista."
"Lasciami andare."
"No. Stai qui e fai la scenetta della ragazza distrutta dal dolore. È te che vogliono."
Elize fa scendere la sua mano nella mia e apre con l'altra il portone.
Davanti ci ritroviamo Cody, con in mano un mazzolino di fiori.
"E tu chi saresti?"
"Un amico di Abby."
"Abbey."
"Elize, lui dice Abby."
Lei lascia andare la mia mano e si volta verso di me.
"Sei seria? Il tuo ragazzo è morto ieri sera e tu già ti trovi un rimpiazzo?"
Cody mi sorride.
"Io non sono un rimpiazzo, sorella di Abby. Sono solo un ragazzo carino e gentile che vuole farla stare meglio. Ti ho portato un regalo."
"Oh, grazie, Cody, non dovevi! Andiamo nel mio salotto, così nessuno ficcherà il naso!"
Mia sorella mi guarda acida e poi se ne va.
Io e Cody saliamo nella mia ala e lo faccio accomodare nel salottino.
"Scusa per mia sorella, stavamo litigando."
"Ho sentito."
Mi sorride lui imbarazzato.
"Cosa ci fai qui?"
"Prima di tutto volevo vederti. Ieri sera avrei voluto dirti di più ma non ho avuto il coraggio."
"Anche io."
Ridacchio e sorrido.
"E poi ieri sera quando sono andato a letto ho riguardato delle foto che ho fatto. Dopo che tu mi hai accompagnato in camera tua a prendere lo scialle sono ritornato indietro per fare le foto della strada così  non mi sarei dimenticato la posizione, dato che la tua villa è enorme. Volevo cancellarle, poi però ho notato un particolare.
Questa è l'ingresso dell'ala del tuo ragazzo vero?"
"Si."
"Quest'uomo sta entrando. E sappiamo bene che il tuo ragazzo stava facendo il discorso in cui ti chiedeva di sposarsi, quindi è lui quello dell'affare."
"Hai ragione. Riesci ad ingrandire?"
"Si, ma si vede solo di schiena."
Cody ingrandisce ma la foto si sgrana.
L'uomo é vestito di grigio scuro, ma molti erano vestiti così ieri.
"Se mi dai il tuo numero posso inviartela."
Trattengo un sorriso.
"Va bene."
Gli prendo il telefono e mi salvo in rubrica sotto "Abby".
Cody mi invia le foto su WhatsApp e la ingrandisco: é meno sgranata della sua ma non si vede molto.
"Deve essere un uomo abbastanza alto. Più alto di me di sicuro."
"Quanto sei alto tu?"
"1.75. Non molto, in effetti."
"Più di me."
Lui ride.
"Ci vuole poco."
Continuo a fissare l'immagine cercando dei particolari. 
L'uomo sta aprendo la porta che da all'ala di Jacob.
"Se sta aprendo la porta vuol dire che ci sono le sue impronte sulla maniglia."
"No, guarda. Ha un fazzoletto in mano. Si vede solo un piccolo lembo. Mi sembra verde."
"Verde? Si, anche a me. In effetti conosco bene qualcuno che indossava un fazzoletto verde e che non era presente ieri sera durante l'annuncio."
"Davvero?"
"Si. Il marito di mia sorella, Philip. Mia sorella indossava il vestito verde, ricordi?"
"Oh cavolo, si. Dovremmo fare una comparazione delle due schiene."
Io scoppio a ridere. 
"Che c'è?"
"Detta così suona strana."
Lui mi sorride.
"Abita qui vicino?"
"Abita qui nella villa."
"Okay, andiamo a vedere."
Usciamo dalla mia ala e saliamo di un piano, in quella di mia sorella e di Philip.
"Cosa ci fai qui?"
Cazzo, è Philip, il quale stava scendendo le scale.
"Sto cercando Elize."
"Con il tuo cagnolino randagio?"
"Piantala."
"Elizabeth è andata dalla sarta per ricucire un vestito che ha strappato."
"Ah. Allora verrò dopo."
"Puoi dirlo direttamente a me."
"Parlare con te più del necessario mi urta, quindi no."
Lui alza gli occhi al cielo e preme il setto nasale tra il pollice e l'indice, poi guarda l'orologio che ha al polso.
"Mi dispiace proprio doverti salutare, ma devo andare a lavorare. Non come qualcun altro qui presente."
Guarda me e Cody nel suo modo perfido, per poi fare il suo solito sorriso smagliante e patetico.
"Vedo che hai trovato il tuo orologio.  Scommetto che ce l'avevi davanti al tuo estremamente lungo naso."
"Sono proprio stanco delle tue critiche. E anche della tua presenza in generale, sai?"
Prosegue la discesa delle scale e Cody sblocca il telefono, così da guardare l'uomo in fotografia: è lui, senza dubbio.
"Torniamo nel salotto."
Cody annuisce e scendiamo le scale velocemente.
"È lui."
"Si, lo penso anche io. Ma abita in questa casa quindi non abbiamo nessuna vera prova contro di lui."
Cody si porta le mani in fronte, pensando.
"Perché allora aveva il fazzoletto in mano?"
"Devo ammettere che questo è abbastanza sospetto. Non l'ho mai visto farlo."
"Però in effetti non è schiacciante come prova. Dobbiamo scavare più a fondo. Idee?"
"No."
"Come è morto? Prima di venire qui stavo pensando di rubare un giornale, ma mi sono detto di no, perché voglio essere una persona migliore."
"Wow, si fanno progressi nel campo della legalità."
Cody scoppia a ridere, mentre io deglutisco. 
"Gli hanno sparato. Tre colpi."
"Ehi, se non ti va non devi parlarne per forza. Scommetto che i poliziotti stanno facendo il possibile e se non vuoi indagare fa nulla."
"È solo... dura. E se è davvero stato Philip, allora lui troverà qualche modo per far cadere le accuse nei suoi confronti. Lo ha già fatto in passato quando una ragazza lo ha accusato di stupro. Magicamente l'accusa è caduta e sono spariti tanti soldi."
"In effetti non mi è sembrato molto simpatico prima."
"Per niente. Ci odiamo."
"Cosa ne pensava di Jacob?"
"Non ne ho idea. Ogni tanto facevano dei tornei di golf o di biliardo."
"Oh, cose da tutti i giorni."
Mi scappa una risatina.
Cody sta in silenzio, poi mi guarda. 
"Dobbiamo capire alcune cose."
"Ovvero?"
"Che tipo di pistola ha ucciso Jacob? Si può ricavare dai bossoli, quindi  devi aspettare il referto della polizia."
"Perché io?"
"Perché eravate fidanzati e penso che a te lo diranno. A te e alla sua famiglia."
"Okay. Poi?"
"Poi dobbiamo scoprire se Philip possiede quella pistola.  Ovviamente no, perché l'avrà presa illegalmente e poi l'avrà venduta o buttata in un posto dove nessuno la potrà mai trovare."
"Come sai queste cose?"
"Ho imparato tutto da mio padre."
Mi sorride imbarazzato.
"Beh, ora possono tornare utili."
"Giusto, almeno questo. Poi dobbiamo capire l'angolatura della pistola, per determinare se l'uomo che ha sparato fosse più alto o più basso. Questo uscirà sempre nel referto.
Per finire dobbiamo capire il movente. Che è quasi di sicuro legato all'affare di qui Jacob parlava, quindi dobbiamo capire di cosa si trattava quest'ultimo."
"Wow. Hai mai pensato di diventare un poliziotto?"
"L'intero ghetto mi ucciderebbe, no grazie."
"Ah, già, dimenticavo."
Qualcuno bussa alla porta.
"Avanti."
Entra mia madre che ha un espressione infelice.
"Angelo mio, ho qui qualcosa per te."
Mi alzo e mi avvicino a lei.
Mi porge una busta e uno scatolone.
"I poliziotti stanno per andare, hanno finito ora di esaminare l'ala in cui è avvenuto l'omicidio, quindi devo andare a congedarli."
La sua voce è solo un sussurro.
"Madre, tutto bene?"
"No. Ero molto affezionata a Jacob, era quasi un figlio maschio per me. E non ero certo pronta a dover  preoccuparmi di ciò, oggi volevo iniziare a preparare il vostro matrimonio. La sua famiglia sta venendo a prendere alcune delle sue cose. Tra due ore saranno qui, quindi sii presentabile e in lutto."
"Va bene, madre. Mi dispiace."
Provo a toccarle la mano in segno di conforto, ma prima che io ci riesca chiude la porta e se ne va.
Cody rimane seduto in silenzio.
Mi siedo accanto a lui e apro la busta.
Al suo interno ci sono delle foto di Jacob, con un piccolo foglio che dice 'scegli la foto per il funerale e una di voi due'.
Le prendo tra le mani e sospiro, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime.
Jacob era davvero bello.
Per il funerale scelgo una foto scattata il suo compleanno: sorride, indossa uno smoking nero elegantissimo e sembra davvero felice.
Le foto di noi due sono solo 6, quindi scelgo un selfie in cui mi abbraccia, che avevo fatto solo per postarlo e far vedere che stavamo assieme per davvero, al contrario di ciò che le invidiose credevano. 
Mi asciugo le lacrime e poso le fotografie sul tavolino.
Cody mi coglie ala sprovvista e mi abbraccia.
"Andrà tutto bene."
E questo mi fa crollare, quindi inizio a piangere come una bambina.
Cody mi lascia andare solo quando mi sono calmata.
"Scusami, sono imbarazzante."
"No, per niente. Non voglio che trattieni tutte le emozioni così."
Gli sorrido tristemente e poi apro lo scatolone.
Ci sono varie cose dentro, ma ciò che salta di più all'occhio è la scatolina che ha estratto ieri sera contenente l'anello.
La apro e l'anello è ancora lì, dato che ieri sera se ne è andato prima di potermelo infilare.
Chiudo la scatola e vedo che sul fondo è macchiata di bordeaux: sangue.  L'aveva con sé quando l'hanno ucciso, fantastico.
La ripongo.
Ci sono poi dei libri che gli avevo prestato e che non mi aveva più reso, un vestito rosso impacchettato con un'etichetta che dice 'per Abigail Victoria Kavanaugh'. Il suo cognome. Era un regalo che mi avrebbe dato ieri sera, quasi di sicuro.
Poi c'è una scatola con una collana con un cuore centrale incastonato di rubini.
"Wow, chissà quanto ha speso."
Io annuisco. 
"A quanto pare teneva davvero a me."
Infine tolgo un blocco di fogli bianchi, che lui probabilmente voleva che usassi per disegnare nuovi abiti.
"È stato gentile."
Annuisco nuovamente.
"Ehi, non ti giudico se piangi."
Lo guardo e scoppio di nuovo in lacrime.
Lui mi abbraccia di nuovo e mi massaggia la schiena. 
"Sfogati. Però ti conviene prepararti perché tra un pò arriveranno i suoi genitori."
Questa volta mi stacco io dall'abbraccio.
"Hai ragione. Va bene se ti chiamo quando scopro qualcosa di nuovo?"
"Mi farebbe molto piacere."
Gli sorrido debolmente e lui fa la stessa cosa.
"Mi accompagni all'ingresso? Non ricordo come ci si arrivi."
Ridacchio asciugandomi le lacrime.
"Va bene."
Scendiamo in silenzio e lo saluto, per poi chiudermi la porta alle spalle. 
Lui sarebbe un ragazzo perfetto per me, se solo non venisse dal ghetto. E non voglio innamorarmi di lui sapendo che mia madre poi mi troverà qualcun altro.
Salgo nuovamente le scale, mi cambio mettendomi un vestito nero molto sobrio e mi trucco leggermente, in modo da non far notare troppo che ho pianto.
Quando ho finito scendo in atrio, dove mia madre e mia sorella mi stanno aspettando.
"Eccoti. Sei bellissima, come al solito."
"Grazie, madre. Ho scelto le foto."
Gliele porgo e lei le guarda.
Gli occhi le si riempiono di lacrime e io devo distogliere lo sguardo per trattenere le mie.
Elize la abbraccia.
Mia madre si calma un pò.
"Abbey, vai a metterti l'anello. Li farà felici."
Non voglio farlo, ma protestare non cambierà la situazione, quindi torno nel salotto, dove lo avevo lasciato, e me lo infilo, per poi riscendere le scale.
"Abbey, hai visto che bei regali ti avrebbe dato?"
"Si, madre. Ha scelto davvero con cura."
Mia madre annuisce commossa.
Qualcuno bussa alla porta, quindi mia madre corre ad aprire.
Sono loro, i genitori di Jacob. Sono entrambi straziati dal dolore, hanno gli occhi gonfi e non riescono a nasconderlo neanche con il trucco. Dietro di loro ci sono dei paparazzi che scattano fotografie per i giornali locali.
Mia madre, con il suo solito sguardo severo, chiude le porte.
"Benvenuti, Katherine, George. Mi dispiace moltissimo che ci dobbiamo vedere in queste circostanze."
Il padre di Jacob mi guarda con degli occhi spiritati. 
"Grazie per averci accolti, non deve essere facile nemmeno per te. E soprattutto per la piccola Abigail."
Si sporge verso di me e io gli tendo la mano, ma mi stringe in un abbraccio.
"So quanto deve essere stata dura vivere con mio figlio, conoscendo il suo orientamento sessuale, ma ogni volta che parlava di te era davvero entusiasta. Era felice, quindi ti ringrazio."
Io deglutisco e cerco di non piangere. In realtà non ho mai fatto nulla per renderlo felice, a parte dargli i suoi spazi.
Ma a quanto pare a lui bastava questo. 
La madre mi guarda dolcemente e lo sguardo le cade sull'anello. 
"È.. il suo?"
"Si."
Lei annuisce e gli occhi tornano rossi.
Il padre sospira.
"La nostra visita non può protrarsi a lungo, dobbiamo andare in obitorio per portare la salma a casa, dove ci saranno le veglie. Il funerale è tra tre giorni.
Vorremmo entrare nelle sue stanze."
Mia madre annuisce e ci fa strada.
"Per questioni di sicurezza non si può ancora entrare nel suo ufficio, quindi dovrete tornare in seguito per poter prendere le sue cose che si trovano li."
Katherine si ferma e le tremano le labbra.
"È lì che...?"
Mia sorella annuisce.
"Si. Mi dispiace."
George prende la moglie sotto braccio e la accompagna amorevolmente.
Entriamo prima nella sua camera da letto.
Alla parete è appesa una foto della sua squadra di football, una con il suo "migliore amico", o meglio, il suo ragazzo, e una con me, in cui mi cinge la vita con la mano e ci guardiamo negli occhi sorridendo.
Peccato fosse tutto finto, dall'esterno avranno pensato che eravamo la coppia migliore.
"Volevamo prendere alcuni dei suoi oggetti e alcuni dei suoi vestiti. Alcuni li lasceremo qui perché sono davvero troppi, quindi prendiamo solo quelli con cui l'abbiamo visto. E la sua divisa da football."
George inizia a scegliere degli oggetti, come orologi, profumi, magliette, fotografie, libri, per poi riporli ordinatamente in uno scatolone, mentre Katherine fa lo stesso con gli abiti.
Quando hanno finito passiamo nelle altre stanze che sono semi vuote.
Ci dirigiamo nuovamente nell'atrio.
"Siete sicuri che non volete restare per pranzo?"
"Si, Margaret, grazie per l'ospitalità, ma non abbiamo assolutamente fame."
"Grazie mille a voi. Ci vediamo tra tre giorni, allora."
Katherine scoppia in lacrime e il marito la stringe a sè.
Distolgo lo sguardo per non dover vedere la scena.
"Ora leviamo il disturbo. Buona giornata."
Se ne vanno, lasciandoci in silenzio.
Questo viene rotto da mia madre.
"Nemmeno io ho fame, voi?"
Mia sorella scuote il capo e torna nelle sue stanze.
"Tu, Abigail?"
"Si, ma non preoccuparti, mangio fuori."
Vado su nella mia camera, mi metto un rossetto e degli occhiali da sole e mi specchio.
Non ho voglia di cambiarmi.
Cerco nella rubrica il nome di Cody e lo chiamo.
Lui risponde subito.
"Ehi, hai novità?"
"No... mi chiedevo se tu avessi già pranzato."
"No. Tu?"
"No."
Mi sale un groppo in gola.
"...vuoi pranzare con me?"
"Si."
"Non stai piangendo vero?"
"N-no. Per ora no."
C'è un pò di silenzio.
"E se andassimo al McDonald's? É troppo da poveri per te?"
Mi scappa una risatina.
"No, va bene. Dove?"
"Ce n'è uno nel ghetto. Ti va bene? Perché non ho una macchina e sarebbe un problema andare ad un altro per me."
"Certo, va bene."
Mi tolgo solamente i tacchi a spillo per mettere le mie amate Vans nere, poi prendo la borsetta con sempre dentro tutto il necessario e salgo le scale, per poi uscire.
Mi siedo un attimo sulla gradinata all'ingresso e prendo un bel respiro.
Mi sono dimenticata di togliere l'anello. 
Prendo un altro bel respiro per tranquillizzarmi dato che le lacrime stanno premendo per uscire.
Okay, va tutto bene.
Mi alzo e vado nel capanno delle auto, per salire sulla mia.
Spero che nel ghetto non provino a rubarmela, se no mia madre mi chiederà cosa ci facevo là e sarò nei casini.
Parto, accendendo la radio, ma non c'è nessuna canzone che mi interessi quindi continuo a premere il pulsante a vuoto.
Dopo un quarto d'ora circa arrivo davanti al McDonald's: Cody è già all'ingresso e sta fumando con un ragazzo ispanico.
Parcheggio e scendo dall'auto, notando che il ragazzo fissa me e la mia auto.
"Ciao Cody."
"Ciao Abby!"
"Pillo, non mi avevi detto che la niña che stavi aspettando era così hermosa."
Okay, che cosa vuol dire Pillo?
La parlata del ragazzo è decisamente molto sexy, marcata da un forte accento.
Indossa una maglietta bianca a maniche corte e dei jeans neri, le braccia sono coperte di tatuaggi e i capelli neri sono laccati all'indietro. 
Le labbra sono carnose e contornate da dei baffi e una barba sottili, gli occhi sembrano quelli di un cerbiatto con delle ciglia lunghissime.
"Fernando! - Cody gli da una gomitata e il ragazzo, poco più basso di lui ride - Lei è Abigail. Abigail, lui è Fernando, un mio grande amico."
L'ispanico si sporge verso di me e mi tende la mano.
"Non avevo mai visto una niña così hermosa, piacere, sono Fernando."
Gli stringo la mano e gli sorrido.
"Piacere mio."
Fernando si volta verso Cody.
"Quindi? Portala dentro, tonto!"
"Smettila di mettermi in imbarazzo! Sei il peggiore."
"In verità mi ami, ammettilo."
Cody finisce la sigaretta e la spegne nel portacenere.
"Mai. Ci vediamo questa sera allora?"
"Si. Non preoccuparti Pillo,  todo estará bien."
I due si scambiano un pugno e Fernando se ne va facendomi un cenno di saluto.
"Scusalo.  Quando vede una bella ragazza si esalta."
Rido leggermente. 
"Tutto bene?"
"In verità non molto."
"Abby, è totalmente comprensibile. Pronta a sfondarti di hamburger?"
"Se questo è il prezzo della felicità, si!"
Entriamo e un sacco di tipi loschi si voltano a guardarci.  O meglio, a guardare me.
Okay, dovevo cambiare vestito.
La cosa particolare della situazione è che tutti salutano Cody.
Ordiniamo, il cibo arriva in fretta ed andiamo a sederci in un angolo appartato.
"Non vuoi toglierti gli occhiali?"
"No. Sono terribile."
"Anche con gli occhi gonfi non riusciresti ad essere terribile, Abby."
"Sei dolce. Volevo chiederti una cosa."
"Si?"
"Cosa vuol dire pillo?"
Cody mi guarda con un sorrisetto sul volto.
"Significa furfantello. È un soprannome che mi ha dato Fernando, lui li da un pò a tutti."
"E che cosa dovete fare stasera?"
"Avevi detto che avevi una domanda. Queste sono due."
Si è leggermente agitato.
"Hai ragione. È qualcosa di losco, vero?"
Cody annuisce.
"Dobbiamo spacciare ad un tipo abbastanza importante. Però non voglio che tu pensi che sia un brutto tipo."
"No, devo dire che sei anche abbastanza carino."
Cody ride e arrossisce. 
"Vedo che la simpatia non è andata via."
Annuisco sorridendo mentre do il primo morso al mio panino.
"Mmm che buono."
"Già - Cody parla a bocca piena, a quanto pare non ha avuto una madre che gli ha fatto fare lezioni rigide di galateo, che bello - posso sapere perché hai chiamato proprio me?"
"Non lo so. Sei il primo a cui ho pensato. Sei l'unico che ha cercato di aiutarmi a farmi stare meglio. E poi sei simpatico e carino. L'unico difetto è che viviamo in due mondi opposti."
Lui annuisce. 
"Già. Ma questo non dovrebbe avere importanza.  Cioè, se io ti chiedessi di uscire tu diresti di no solo perché sono povero?"
"Sono qui, o no?"
"Non di uscire uscire.  Di uscire come coppia."
"Mi sembra che siamo qui in coppia da quando Fernando se n'è andato."
"Abigail, sai quello che intendo, non cambiare discorso."
"Scusa. Se io potessi scegliere uscirei con te anche subito dopo il funerale, ma non è così. Mia madre sceglierà per me un altro nobile e tu sarai fuori dalla scena."
"Quindi tu lasceresti scegliere a tua madre? Non puoi semplicemente dirle di no?"
"Non è così facile.  Finirei in strada."
"Esattamente come me."
"Non volevo sminuirti.  Ma da una villa alla strada c'è una grande differenza."
"Capisco. Ma quando ti deciderai a vivere la tua vita?"
Alzo le spalle.
"Probabilmente mai."
"Non è giusto."
"Questo discorso è totalmente ipotetico, comunque. O no?"
"Certo, certo. Non ti chiederei mai di uscire. Come hai detto tu siamo di due mondi completamente differenti."
"Eppure siamo qui."
Cody annuisce.
"Okay, sento che devo fare una precisazione. È un discorso ipotetico della possibilità."
"Quindi è possibile che tu mi chieda di uscire?"
Il ragazzo si nasconde il volto tra le mani, con i gomiti appoggiati al tavolo.
"Il discorso sta degenerando. È ovvio che sei carina, simpatica e tutto ma non voglio impormi in questo momento così delicato."
Gli sorrido e lui mi guarda un pò incerto.
"Cody, non avresti potuto dirlo meglio, sai?"
"Davvero? Ah, grazie."
Ridacchio.
"Prego. Comunque... volevo invitarti al funerale di Jacob. Mi farebbe piacere averti lì, anche da lontano."
"Lo fate qui?"
"No. Al cimitero vicino a casa sua. Ti mando l'indirizzo?"
"Si, dai. Io provo a venire, ma nulla è certo."
"Grazie mille."
Entrambi abbiamo finito il panino, lui si sta pulendo le mani nel tovagliolino e sorride tra se e se.
"Di nulla. Hai rivisto Philip?"
"No, di solito torna a casa tra una quindicina di minuti."
"Non si chiederanno dove sei?"
"No. Né mia madre nè mia sorella volevano pranzare, lui se ne fregherà e basta: preferisce quando non ci sono."
"Pensi che sia stato lui?"
"Più ci penso e più me ne convinco. Cosa ci faceva davanti alla porta dell'ala di Jacob? E poi perché aveva il fazzoletto in mano per aprire la porta? È losco."
"Anche a me sembra losco, ma è possibile che l'opinione che abbiamo di lui ci influenzi troppo."
"Vuol dire che dobbiamo scoprire cose nuove. E per farlo dobbiamo aspettare il referto della polizia. Se si chiama così."
"Non ne ho idea. Meno ho a che fare con la polizia, meglio è."
Un uomo tatuato e muscoloso che è seduto in un tavolino abbastanza vicino ammicca a Cody.
"Ben detto, Greene."
Il ragazzo gli fa un cenno di saluto con l'indice e il medio, sorridendo.
"Aye aye, Ivan.
Abby, andiamo?"
"Va bene."
Prendo la mia borsa e gli porgo una banconota da 20 dollari.
"Non dovevi pagare anche per me, quindi ecco qui."
"Abby, assolutamente no."
Glieli infilo nel colletto della maglietta.
"Voilà."
Il ragazzo mi sorride.
"Non devi farmi l'elemosina, lo sai?"
"Non è elemosina. È solo un ringraziamento."
Usciamo e Cody fa una bella boccata d'aria.
"Il tipo che mi ha parlato prima, Ivan, mi fa davvero paura. Dicono che sia un cecchino fantastico."
Ride e si gratta il collo abbastanza imbarazzato.
"Quindi il McDonald's è il covo dei tipi loschi qui?"
"Praticamente si."
"Hai bisogno che ti accompagni a casa?"
"Sarebbe fantastico poter salire di nuovo sulla bellissima auto che ti ritrovi, grazie."
"Di niente."
Saliamo in macchina.
"Devi darmi le indicazioni. Non so come ci si arrivi da qui."
"Va bene. Vai a destra e proseguire diritto fino a quando non ti dico di svoltare."
"Okay."
"Quando la polizia ti fa sapere qualcosa riguardo al caso dimmelo così possiamo indagare assieme. Mi piace farlo. E mi piace anche stare con te. Gira a sinistra."
Svolto a sinistra.
"Anche a me piace stare con te, Cody. E di solito non mi piace la gente di primo acchito."
"Devo essere proprio speciale allora."
Entrambi ridiamo e mi fermo davanti alla casa con montagne di oggetti sparsi nel giardino.
"È questa vero?"
"Giusto. Difficile da dimenticare."
Annuisco ridendo.
"Grazie per aver passato il pranzo con me Cody."
"Grazie a te per avermi invitato. E per aver pagato.  E anche per avermi accompagnato a casa."
Si sporge verso di me e mi bacia la guancia velocemente per poi uscire dall'auto, sbattere la portiera con un pò troppa forza e voltarsi senza salutare.
Probabilmente pensa a quello che penso io: caspita, mi ha baciato la guancia!
Non dovrei essere così esaltata, ma eccomi qui.
Devo ammettere a me stessa che Cody mi piace. 
Cody è diverso, diverso da tutti ma soprattutto diverso da Jacob.
È bello, ma non è perfetto, come Jacob: le lentiggini che screziano il volto, gli occhi castani e anonimi, ma così dolci, le labbra carnose, ma non troppo, di quel rosa tenero, e il naso un pò a patata e che quando sorride forma una piccola gobbetta.
E poi mi supporta in un momento così difficile, è simpatico e dolce e okay, sono perdutamente innamorata di lui.
Dopo così poco?
Il fatto è che non sono mai stata innamorata veramente, quindi, essendo la prima volta, sto cadendo in picchiata.
E questo significa che mi dovrò schiantare, e lo schianto sarà mia madre.
Realizzo che sono ferma sotto casa di Cody da tipo cinque minuti, quindi faccio un'inversione, anche se non potrei, ma delle regole non me ne frega niente, e torno a casa.
Parcheggio l'auto ed entro.
Sento un gran vociare proveniente dalla cucina, quindi mi ci avvio.
"Ehi, che succede?"
Philip è seduto a capo tavola, con il volto leggermente arrossato e le sopracciglia aggiornate, mentre mia sorella è seduta accanto a lui con le mani nei capelli.
Mia madre è appoggiata al bancone e tiene tra le mani tremanti un plico di fogli.
Elize si volta verso di me.
"Ciao Abbey, devi sapere una cosa."
Il suo tono di voce è serio e molto pacato. Non è un buon segno.
Mia madre si volta verso di me adirata. Oh oh. Non ho fatto niente, ma mi sento di aver fatto qualcosa. 
"Suicidio! Quei poliziotti incompetenti hanno detto che è stato un suicidio!"
Mi si gela il sangue nelle vene.
Suicidio?
Con tre colpi di pistola?
Proprio dopo avermi chiesto la mano?
L'hanno combinata grossa. 
"Come è possibile?"
Philip mi risponde in tono concitato.
"La pistola che lo ha ucciso aveva solo le sue impronte. I colpi coincidono con l'altezza delle sue braccia. E si sarebbe suicidato perchè, essendo omosessuale, non voleva sposarti."
"COSA?"
"ABIGAIL NON URLARE!"
"Stai urlando anche tu, mamma! È impensabile. Sono solo baggianate, lo sapete vero?"
"Certo, Abbey, lo so. -Elize si alza e mi abbraccia- mi dispiace che dicano questo riguardo a te."
Philip si alza.
"Il caso è chiuso. Ormai non si può fare più niente."
"Chiuso?"
"Esatto."
Il marito di mia sorella esce dalla stanza per andarsene chissà dove.
Sembrava sincero, ma magari è solo un grande attore.
"Non capisco..."
Mia madre prende un bicchiere e si versa del bourbon.
"Abbey, non hanno trovato impronte, ne DNA estraneo, quindi hanno escluso l'omicidio."
"Non dovrebbero fare più sforzi? Non aveva nessun motivo per suicidarsi e lo sappiamo tutti benissimo. I suoi genitori come hanno reagito?"
"Proprio come te. Ma il caso ormai é chiuso."
"Questo vuol dire che lo farò riaprire!"
Elize mi stringe la mano. 
"Sorellina, so che vuoi che Jacob abbia giustizia, ma non possiamo. È palese che i poliziotti sono stati corrotti, e forse é meglio così. I problemi per noi sono finiti."
"Per noi? Per voi!"
Mia madre sa benissimo che mi riferisco al fatto che mi farà sposare qualcun altro.
"Basta così. Non voglio più sentire parlare di questa storia."
Detto questo, se ne va con la bottiglia in una mano e il bicchiere nell'altra.
"Elize, almeno tu aiutami."
"E come faccio? La situazione è fuori dalle nostre mani. Mi dispiace, ma devi accettarlo."
Anche lei se ne va, lasciandomi sola con il plico incriminato.
Avevo detto a Cody che lo avrei chiamato dopo aver ricevuto notizie, quindi devo farlo.
Anzi, voglio farlo. Voglio scoprire cosa é successo davvero e voglio incastrare Philip perché é palese che sia stato lui a uccidere Jacob per chissà quale motivo e ad insabbiare tutto.
Appoggio la borsetta sul bancone della cucina ed estraggo il telefono.
Vado sul contatto di Cody e lo chiamo.
Dopo pochi squilli il ragazzo mi risponde.
"Ciao Abby, ti mancavo?"
"Ho notizie."
"Ehi, tutto bene? La tua voce è..."
"No, non va tutto bene, Cody."
"Mi dispiace.  Vorrei poter essere lì con te."
"Anche io."
"Quindi cosa dicono?"
"Possiamo incontrarci? Non voglio parlarne al telefono."
"Oh. Okay, va bene. Oggi non posso. Domani?"
"Domani sarò libera. Vengo a casa tua?"
"Assolutamente no. Possiamo incontrarci a casa tua?"
"Sarebbe meglio di no."
"Okay, cosa ne dici della biblioteca?"
"Va bene. Meglio di niente."
La voce di Cody è incredibilmente apprensiva. 
"Promettimi che non starai troppo male."
"Va bene. Ma tu promettimi che questa sera non farai nulla di pericoloso."
"Ci proverò. Allora ci vediamo domani. Alle 10 va bene?"
"Perfetto."
"A domani."
"Ciao e grazie."
"Di niente, Abby."
Chiudo la chiamata.
Ora non so più che cosa fare. 
Entro nella camera di Jacob e mi sdraio sul suo letto, stringendo il cuscino, intriso del suo profumo, lontano.
Mi sforzo di non piangere e ce la faccio, se non fosse che dentro di me sto proprio di merda. 
Non posso lasciare che l'assassino rimanga impunito, quindi devo mettere me stessa in questa cosa al cento per cento. 
E se questo vuol dire passare del tempo con Cody, fantastico. 
Fanculo mia madre, fanculo Philip e fanculo il ragazzo che mia madre mi costringerà a vedere.
C'è solo Cody. 

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