Capitolo (1)

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Mi chiamo Harry Styles, ho 20 anni e questa è la mia vita.

Nato e cresciuto nel Regno Unito, da una benestante famiglia composta da mio padre, un famoso dottore di Londra, mia madre, avvocato ed infine io, l'unico loro figlio.

Per i miei genitori, io sono il figlio ideale che tutti vorrebbero, educato e con ottimi voti scolastici.
Ci sono solo due problemi che guastano questo loro ideale di figlio: il bullismo e il fatto che io sia gay.

Ricordo ancora il mancamento di mio padre quando feci il coming out.
Rido solo al pensiero, i suoi uscirono dalle orbite e la sua pelle prese un colore latteo se non bianco.

Mia madre, invece, fu più comprensiva, anche se potevo benissimo leggerle in viso quel dispiacere, ma infondo potevo capirla.

Vado al college, qui a Londra, e sono proprio un secchione.
Odio la scuola, ma non per l'istruzione, ma per la gente che la popolava.
Soprattutto quei tre...Josh, Carl e Mitch.
Erano i classici bulli, solamente che loro ci andavano giù pesantemente con me, forse per la mia omosessualità o per il fatto che mi vedessero come una persona debole.

Beh, li odiavo comunque, ecco.

A scuola ero timido, e poco estroverso e socievole, avevo solo un amico, Niall Horan.

Lui va al mio stesso corso di Musica, ed è l'unico che mi parla, ed è molto divertente.
La cosa che più mi piace di lui, è il fatto che non ti giudica se gli racconti una cosa, ma bensì può darti degli ottimi consigli.
E fortunatamente, in quella mattina, avrei avuto subito due ore di musica.

La mia sveglia era già suonata ormai cinque minuti buoni, che avevo speso immerso nei miei pensieri.
Insomma, sono Harry Styles, non potevo permettermi un ritardo!

Mi alzai in fretta dal letto, dirigendomi in bagno dove feci i miei bisogni e dove mi lavai, per poi tornare in stanza e indossare il mio solito outfit da secchione:
Pantalone un po largo beidge, una camicia bianca e di sopra un maglioncino a jilet, con i rombi delle stesse tonalità.
I miei capelli ricci, lasciai naturali sulla mia nuca.

Presi il mio zaino, e scesi al piano inferiore.

Di solito, a quell'ora, i miei genitori avevano già svuotato casa, però mi ritrovai la colazione ben preparata.

Ebbi giusto quei dieci minuti per fare colazione, e lasciando una fetta biscottata morsa, scappai fuori casa, strabuzzando gli occhi per l'orario.

Il bus lo avevo perso ormai, così, mi ritrovai a correre per il marciapiede, fino all'edificio scolastico, che distava di un 700 metri da casa mia, e per un nulla facente come me, era come scalare l'Everest.

Quando arrivai, mi piegai con le mani nella ginocchia, cercando di riprendere fiato, ma non potetti tranquillizzare il mio battito cardiaco, quando due grosse mani si poggiarono sulla mia esile schiena, spingendomi all'interno della scuola.

Era Niall.

"Grazie per l'aiuto." Gli dissi, alzando lo sguardo verso gli occhioni blu del biondo, che mi fissava sconfitto.

Ridacchiai innocentemente ed entrammo in aula.

La classe era piena, e lo sguardo della classe sul nostro, mi fece arrossire.
Lanciai uno sguardo a Niall, che con la sua naturalezza, si andava a sedere all'ultimo banco, certe volte lo invidiavo.

Qualcosa non andava, nel mio banco non c'era più, accanto al cognome "Styles", il cognome "Horan".

Merda.

Avevano spostato a quanto pare i posti.

"No no." Si alzó il professore, e noi lo guardammo. "Horan, lei dall'altra parte della classe, seduto con Jennifer, e lei Styles" potetti percepire la sua risatina fastidiosa nel pronunciare il mio cognome, poi continuò. "Sta per arrivare il nuovo alunno, che si accomoderà accanto a lei."

«Oh, no.» pensai.

E se fosse stato anche lui un bullo? Se avesse cominciato ad infastidirmi e a picchiarmi, unendosi a quei tre.
Tremai al pensiero.

Professore si avvicino al mio banco, e guardandomi fisso, attaccò al mio fianco, la targhetta con scritto "Tomlinson", sicuramente il cognome del nuovo arrivato.

Qualcuno bussò, e il professore fu ben felice di pronunciare quel "avanti!".
Così, in classe, accompagnato dalla vice preside, entro questo ragazzo nuovo.

Deglutii, quando i suoi occhi ghiacciati, si scontrarono sui nostri.
Il suo sorriso era sottile e corto, i suoi occhi, erano ben accigliati, e tra i capelli castani, potetti notare il berretto grigio di lana.

Tra me e me, sorrisi sarcasticamente, pensando che quel ragazzo, con quel l'aspetto da angelo, ben presto si sarebbe trasformato in un diavolo.

So che non dovrei farmi certe opinioni sulla gente sconosciuta, ma non mi fido.

Bensì, la mia omosessualità si fece viva, e non potetti non ammettere che era davvero carino.

Fatte le presentazioni, il professore lo fece accomodare al mio fianco.

Mi spostai di poco, con la sedia, mentre lo guardavo, e lui guardava me.
Scossi ma testa e mi girai verso il muro, arrossendo.
E posso giurare che in quel momento lui ridacchió.

School Boy- Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora