La calma nell'occhio del ciclone

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Mi sentì raggelare dalla sorpresa nel percepire il tocco di mani umane sulla mia schiena. Alzai lentamente, e vi giuro mi parve un'eternità, la mia testa per vedere il volto dello sconosciuto.

Occhi verdi mi squadrarono sospetti e più precisamente  quelli che stavo evitando da due settimane.
L'alba iniziò a sorgere e nessuno di noi due disse una parola né mosse un muscolo, tranquilli il sole non mi riduce in cenere, a meno che il nostro cuore non batte.
Forse, non ve l'ho detto, ma per usare i nostri poteri dobbiamo fermare il battito cardiaco durante l'utilizzo dei nostri poteri, ovvero prima  dell'oblige, così funziona per tutti noi, nessuno escluso.
Se avessi affinato di più il mio udito avrei notato che il suo petto non mandava vibrazioni costanti di un cuore prima che i raggi del sole ci toccassero.
Lo ammetto: ero distratta da quel delizioso profumo che sentivo ogni volta che apriva la bocca, i tentativi di parlare c'erano, ma io tenni le mie labbra serrate.
Non so quale strana forza dell'universo mi fece dire: «Credo che potrei benissimo rimanere con i piedi per terra anche da sola».
Avevo pure usato un tono sarcastico! Viva me! Ehi, un po' di autostima non fa male... Comunque, un po' intontito, mi mollò dalla sua presa. Mi schiarì la gola, tanto per fare qualcosa.
«Che cosa dia-, Che cosa ci fate qui?» chiesi a voce bassa. Arretrai di due passi prima di ricevere la risposta.
«Ecco... io... stavo facendo una ... passeggiata mattutina», terminò con un sorriso. Chissà se anche mentre dormiva rimaneva attaccato al sacco a pelo? Ok, sto divagando.
«Va bene. Allora buona passeggiata», volli concludere il più in fretta possibile il nostro colloquio, visto che potevo andarmene libera ovunque avessi voglia.
«Aspetta!», mi chiedo ancora perché mi sia fermata. Ad ogni modo mi girai, se solo avessi notato il suo tremore avrei capito che entrambi eravamo tesi. Sospirai.
«Che cosa c'è?», qualche secolo più in dietro la mia sgarbatezza avrebbe potuto portarmi alla pena di morte, ma -ehi- siamo nel XXI secolo.
«Ecco, mi chiedevo se ti va di accompagnarmi per un po'; da quel che ho capito sei di queste parti» rispose con più convinzione.
«Se ti radi la barba, sicuro», mi chiedo anche io perché l'ho detto.
«Eh?».
«Lasciate perdere», detto quello me ne andai. Il suo odore rischiava di farmi perdere definitivamente la ragione e non avevo voglia di iniziare una dieta a base di sangue umano; alcuni di noi ne diventano assuefatti e io non ne avevo l'intenzione.
«Un momento!».
Lo ignorai, allontanandomi pestando rudemente le piante sotto i miei scarponi. Ricordo di essermi stizzita visto che dovevo tenere il passo umano fino a sparire dalla sua vista, che palle.
«Per favore» e nel dirlo mi afferrò il braccio. Una piccola scossa e me ne sarei facilmente liberata. Non fu così. Riprovai più volte ma niente cambiò.
«Togliete. Quella. Mano. Di. Dosso», forse percepì la mia rabbia, perché solo in quel istante riuscì a liberarmi della presa.
«Scusa», si affrettò a dire.
«Si può sapere che cosa volete da me?», domandai stizzita. Quando mi irrito tendo a diventare molto diretta.
«Solo una chiacchierata», propose.
«Poi promettete di lasciarmi in pace?», feci capire senza indugi.
«Certamente», accennò con un sorriso. A Corte sapevano fare risi falsi più veri di quello, ma lasciai perdere, male che vada gli avrei rotto la mascella per pura soddisfazione.
«Seguitemi», almeno giocavo in casa.

********

Mi guardai circospetta nel bar. Dall'altro lato del tavolino per due c'era l'uomo.
Si era tolto lo zaino con il sacco a pelo dalla schiena e anche la pesante giubba, mostrando delle braccia atletiche avvolte da una felpa leggera. Scoprì che aveva dei capelli neri mossi e folti, i miei preferiti. Le ciglia gli avvolgevano quei dischi verdi e io mi insultai mentalmente nel constatare che stavo sbavando dietro un umano!
Menomale che aveva la barba , quella folta e irregolare, del tipo che odiavo. E che cavoli, i barbieri esistevano per una ragione! Guardandola trovavo subito determinazione e lucidità.
Fissai la tisana che avevo ordinato, non l'avrei realmente bevuta, ma l'odore mi avrebbe tranquillizzata riportando lievemente la quiete che avevo al posto del caos nella mia mente. L'uomo dall'altra parte alzò lo sguardo dal menu per guardarmi. Gli sorrisi.
«Ancora indeciso?».
«Non tanto. Non so se scegliere la crostata di lamponi o di fragole. Sono entrambe fatte questa mattina.», mi chiarì.
«Quella ai lamponi è la mia preferita» mentì, mi piace solo il colore in verità.
«Non bevete la tisana?»
«No», dissi senza ritegno.
«Allora? Bella signora, posso sapere il vostro nome?», canzonò. Automaticamente mi guardai nei dintorni, ma in quel piccolo bar ad un'ora così mattiniera eravamo presenti solo noi due. Rise della mia reazione.
«Oh, state parlando di me!», finsi sorpresa, «L'ultima volta che ho controllato ero una signorina». Come ho detto mi fisso sulle cose più strane e ci tenevo alla mia indipendenza, il fatto che non mi sia cercata un compagno, nonostante fosse l'ultimo desiderio di mio padre, la dice lunga.
«Perdonate la mia rudezza», disse in tono sofisticato.
Inspirai un po' della tisana di gelsomino e camomilla: il motivo perché ero entrata in quel bar.
«Potete chiamarmi Sara, anzi per voi è Signorina Sara», sperai che più fossi rozza più velocemente avrei spento il suo interesse nei miei riguardi. Non potei essere in errore più di così. «E voi siete?», aggiunsi.
«Giusto, non mi sono presentato. Mi chiamo Adam Beast, piacere», mi porse la mano e automaticamente la strinsi. Bestia? Che cognome... Un po' d'inglese lo conosco pure io.
Una piccola scossa passò dalla stretta al mio braccio finendo nel basso ventre. Velocemente, come un lampo, tolsi la mia mano dalla sua. Lui sorrise compiaciuto e io mi alzai di scatto.
«S-S-scusate ma ho bisogno dei servizi», dissi in tono affrettato. Sentì dietro di me una risata piena e maschile, non provò neanche a nasconderla ora che ci penso.
Utilizzai davvero i servizi e davanti allo specchio vidi il mio volto pallido. In effetti, non era strano che all'inizio la cameriera mi avesse squadrata: i miei capelli potevano essere scambiati per una palla di fieno.
Presi un elastico dal mio polso e feci uno chignon scoprendo la cervicale. Un venticello mi sospirò dietro al collo e notai la finestra del bagno aperta. Mi misi in posizione pronta a saltare per raggiungerla, un gesto abituale mi fece ricordare che avevo lasciato la mia borsa appesa sulla sedia insieme al giubbino di lana: tenere fermo con le breccia la cintura della borsa. Sbuffando me ne tornai a quel tavolo.

Avrei preferito lasciare la borsa dove era se avessi saputo che sarei finita in questo pasticcio: devo decidere se salvargli la vita o meno.

********

In quel momento Sara fissò sotto i suoi piedi la mano che reggeva il peso di Adam. Un sorriso le si stampò in volto, se fosse sopravvissuto ne avrebbe avuto la certezza e allora avrebbe deciso cosa fare: scoprire di essere diventata una moglie o aver fatto solo uno spuntino fuori programma.

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