fuga

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Mi sono calmata abbastanza, provo ad alzare lo sguardo, piano, come per non far rumore. Nuova stilettata al cuore, lui è lì che mi fissa con quei suoi occhi blu e lo sguardo sornione. Mi prende in giro e io mi sento terribilmente inadeguata. Mi rituffo nel libro e aspetto di calmarmi.

Non resisto più, sento il suo sguardo su di me e non so dove nascondermi, le orecchie continuano a fischiare. Decido che è l’ora di uscire prima che mi scoppi una coronaria. Afferro i libri alzandomi di scatto, alcuni cadono, li raccolgo frettolosamente. Quasi corro su quel tappeto rosso, troppo elegante per le mie scarpette di tela, incespico sul gradino mentre un muro d’aria bollente mi colpisce, facendomi mancare quella poca aria rimasta nei polmoni, mentre annaspo e continuo a camminare, fuggendo dai miei stessi pensieri.

Mi fiondo sul primo autobus che mi passa davanti, ancora sconvolta per quel nonnulla, per quello che non potrà mai essere. Afferro la maniglia e mi ci aggrappo, come ad impedirmi di affogare, mentre inutili lacrime amare bruciano nei miei occhi e scendono nella gola.

Il paesaggio si apre dopo una curva e lo vedo, è lì il mare, in tempesta come la mia anima. E come trasformato con il mio umore il tempo è mutato: grossi nuvoloni scuri, carichi di pioggia si vedono all’orizzonte. Chiamo la fermata e scendo, di nuovo corro, scappo via, faccio quel che so fare meglio: mi nascondo, evito di mettermi in gioco, innalzo la spessa corazza a difendermi dalle troppe delusioni.

 Mi siedo sugli scogli, mentre gli spruzzi salmastri si mescolano alle mie lacrime.

Il mare. Potevamo esser destinati ad essere come le onde di questo mare inseguendoci e mescolandoci nel turbinio della passione, o cullandoci al ritmo lento del cuore calmo, la sera, invece tu rimani lì ignorando tutto di me, ridendo forse di quella goffa creatura che solo per un attimo ha incrociato la tua vita. Un attimo sì, che poteva racchiudere l’eternità. L’attimo in cui i miei occhi si sono persi nei tuoi, l’attimo in cui tutto poteva ancora essere. L’attimo del bivio, l’attimo in cui avresti ancora potuto alzarti e venire da me, avresti potuto sorridere, avresti potuto stringere la mia mano nella tua.

Ora le lacrime non scendono più, il sole scalda la mia pelle, mentre la forte brezza marina l’accarezza. Un attimo sì, ma un solo attimo vissuto in un’emozione è meglio di mille attimi passati nel nulla.

Sono rabbiosa contro il mio stesso essere, devo davvero finirla di scappare, sembra che nella vita non abbia saputo far altro.

Il mare ruggisce, come in risposta ai miei pensieri, mentre sento una mano poggiarsi sulla spalla, alzo lo sguardo, attraverso le lenti appannate lo vedo appena: una sagoma sfocata, alta, elegante si china e si siede accanto a me. Spalanco la bocca, pulendo le lenti sulla gonna.

“Ciao” dice semplicemente.

La vita a volte è complicata, altre è semplice, come ora, arriva quel sorriso tanto atteso, arriva inaspettato, arriva entrando nella mia anima con l’impeto di quelle onde che rumoreggiano di sottofondo.

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