inseguimento

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La guardo sorridendo, ma lei sembra offendersi, di scatto si alza, i libri rotolano sul pavimento, li raccatta, sembra sconvolta e infuriata. Cos’ho sbagliato? Perché si è offesa per uno sguardo?

La guardo uscire di corsa allibito, mentre il cameriere si blocca con il bicchiere d’acqua traballante sul vassoio, anche lui stupito per quell’improvvisa furia.

Esco, l’afa è quasi insopportabile e l’umidità preannuncia un imminente temporale estivo, certo, non poteva esser diversamente in una giornata come questa, ovviamente non ho l’ombrello.

Un autobus sopraggiunge e all’ultimo momento la vedo salire. Perduta. Questo pensiero mi dà un assurdo senso di vuoto. M’incammino per la strada in discesa pensando che non potrò mai chiederle perché diavolo è scappata.

Passa una panda sgangherata, intravedo il cappello del guidatore e il muso di un cagnetto spuntare dal finestrino, la lingua di fuori a prendere un po’ di aria.

“Ehi, ehi!” grido.

L’auto, che procedeva a passo di lumaca si ferma. Corro al finestrino:

“Mi può dare un passaggio?”

L’uomo mi guarda con sospetto, lo sguardo stretto, il volto abbronzatissimo, segnato da profonde rughe:

“Monta!” dice solo.

Salgo mentre l’uomo caccia il cane nel sedile posteriore.

Il puzzo di cane e di cipolle mi assale, mischiato a quello di tabacco stantio di milioni di sigarette fumate senza arieggiare. Ringrazio il cielo che è estate e il finestrino spalancato, sghignazzo come uno scolaretto, al pensiero che il cane potesse sporgere il muso per il mio stesso motivo.

“Dove?”

Chiede il vecchio.

“Eh?” non capisco che vuole.

“Dove vai!” insiste lui e improvvisamente ricordo perché sono salito e mi sento un perfetto idiota:

“Ehm, dovevo prendere quella corriera appena passata, sa dove va?”

L’uomo mi fissa sempre più sospettoso, guarda lo sportello e penso che sta per farmi scendere.

“C’è una ragazza sopra e devo … devo restituirle una cosa che ha perso in un bar” invento lì per lì.

Non dice nulla, ma parte.

La strada s’incurva pericolosamente in un tornante e vedo uno spettacolo mozzafiato: il mare, vicinissimo e burrascoso e all’orizzonte nuvoloni neri come pece, si iniziano a sentire i primi tuoni mentre sul vetro batte ancora forte il sole. Paesaggio surreale. Giungiamo ad un porticciolo, vedo la corriera molto più avanti che si inerpica già nella salita successiva, poi lo sguardo viene catturato da un’unica figura sul molo.

“Eccola!” grido. L’uomo si ferma e io scendo al volo gracchiando un ringraziamento.

 Le scarpe eleganti scivolano sugli scogli bagnati. Mi fermo un istante a toglierle e a rimboccare i pantaloni. Lei è lì di schiena, seduta a contemplare il mare.

‘Che razza di strana creatura’ penso, procedendo cauto, terrorizzato dal rischio di rompermi una gamba.

Le poggio la mano sulla spalla e cerco di sovrastare il rombo del mare gridando un “Ciao”. Non so cos’altro dire. Si volta e vedo nel suo sguardo una dolcezza e una tristezza che mi colpiscono. I suoi occhi scuri brillano attraverso le lenti e li trovo davvero belli.

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