Dietro il suono delle bombe, lo scoppio dei ricordi: un bambino troppo piccolo per responsabilità troppo grandi, il dolore della guerra, l'amicizia ferita, l'amore disilluso, il corpo vuoto e solo accanto all'affetto più puro del mondo.
Era più o meno alle cinque del mattino in cui di solito rientrava, nonché l'unico momento in cui riusciva a prendere sonno.
Si era steso, dopo essersi tolto i vestiti di dosso e si era messo sotto le coperte; non ci aveva messo molto ad addormentarsi, solo qualche istante, il tempo di girarsi su un fianco, chiudere gli occhi, ricordare la serata appena trascorsa e lasciarsi andare. Tuttavia si rigirava e rigirava costantemente dentro quel letto perché il sonno sembrava essere decisamente agitato, a causa di un brutto sogno, un sogno talmente brutto da sembrare reale che fu in grado di farlo tirare a sedere sul letto ansante, con il panico che gli aveva attanagliato la gola in una morsa. Sembrava aver dormito ore e invece non erano passati che pochi minuti ─ forse venti, forse trenta, non avrebbe saputo dirlo.
Il cuore gli batteva all'impazzata, gli correva nel petto come un cavallo imbizzarrito. Cercava di fare respiri profondi, ma sembrava che non sarebbe riuscito a calmarsi con niente.
«Calma, Ludwig, cerca di stare calmo! É stato solo un brutto sogno...» cercava di tranquillizzarsi, di ripristinare il respiro e il battito cardiaco, ma niente. Cominciò a girargli la testa come se il sogno stesse proseguendo da sveglio, come se gli fosse appena accaduto tutto quello che aveva visto. «Devo calmarmi... cosa mi sta succedendo?» Strinse le lenzuola nelle mani serrandole in due pugni, era agitato e nervoso. Altre volte gli era sembrato di sentirsi oppresso, di sentire un peso sul petto dopo le estenuanti chiacchiere ingiuste di suo padre, ma non così, quelle sensazioni erano quasi mortali.
Se non si sarebbe alzato da quel letto, però, prima o poi si sarebbe scomodato suo padre in persona per andare a vedere che cosa stesse mai combinato, quale fosse la causa del suo ritardo.
Poggiò i piedi a terra e, cominciando a camminare iniziò a fare dei respiri profondi . Raggiunse il bagno, laddove, come si consueto , trovò ad accoglierlo la vasca preparata dalla servitù. Si immerse nell'acquae si lasciò cullare per qualche istante. Questa ebbe su di lui quasi un effetto calmante.
«Era troppo reale per essere soltanto un sogno, devo vederci più chiaramente...» Duglutì. Aveva la brutta abitudine di riflettere ad alta voce, forse era un vizio che aveva assunto per combattere i pensieri che si affollavano nella sua testa, le preoccupazioni e tutte le ansie che si accumulavano e si annidavano sulla sua schiena. Gi era venuta la brillante idea di parlare con suo padre, di chiedere a lui se quanto aveva appena visto in sogno fosse accaduto oppure no. Tuttavia era quasi certo del tempo che avrebbe sprecato, dell'incomprensione che l'altro avrebbe mostrato nei suoi confronti; eppure doveva essere sicuro al cento per cento che quanto sognato non fosse successo. Qualora invece fosse accaduto veramente avrebbe sperato con tutte le sue forze di dimenticarlo ancora una volta.
Tornato nella sua camera si sbrigò a vestirsi ─ la governante gli aveva steso sul letto i vestiti del giorno. Si specchiò per assicurarsi che fosse ben vestito e che tutto fosse in ordine o suo padre lo avrebbe fatto picchiare anche per questo. Non aveva una buona opinione di suo padre, qualora fosse stato un uomo severo, ma con carattere lo avrebbe rispettato seppur soffrendo, ma la sua debole personalità proprio non la tollerava. Anzi, la considerava quasi un sopruso.
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