Moving On

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PROLOGO:

No. Non era possibile. Dopo tutto quello che avevamo passato. Le nostre chicchierate, le nostre lacrime, le nostre riste, le nostre paure, i nostri banchi all’ultima fila, i nostri bracialetti dell’amicizia, le nostre consolazioni…dove erano finite?

Ero ad una festa quando mi arrivò quella telefonata, la più brutta della mia vita.

-Pronto!-

-Vieni subito a casa, dobbiamo dirti una cosa- mi disse mia mamma con la voce sottile e affaticata, come se stesse piangendo.

-Mamma che cos’è succeso? Tutto bene?- domandai proccupata

-No. Non va per niente bene, vieni a casa subito-

-Cos’è succeso?- chiesi ancora più proccupata

-Te lo dico a casa. Ora vieni.-e riattacò

Arrivai a casa con il fiatone, dopo aver corso per tutta la salita. Mia mamma non mi lasciava giudare il motorino, aveva paura che mi facessi male. Così ero l’unica ragazze di 16 anni che doveva girare per la città a piedi.

-Mamma che cosa è successo?-

-Amore siediti.- fece un grande respiro – Dobbiamo dirti una cosa-

Solo in quel momento mi accorsi la faccia sconvolta di mia mamma, mi girari verso mio papà. Anche lui aveva una poco faccia rassicurante.

-Mamma dimmi tutto.- urlai io in un momento di folia. Sapevo che quello che mi avrebbero detto non mi sarebbe piacuta, ma dovevo sapre.

-Quianto verrei non dirtelo, ma dobbiamo- disse con la voce incrinata, come se da un momento all’altro sarebbe scoppiare a piangere- Carlotta ha avuto un incidente mentre tornava a casa. Non ce la fattta.- disse senza fiato, quasi non riuscì a sentirla.

Non realizzai subito che cose era succeso. Guardavo un punto fisso, non piangevo, sembravo una statua, un corpo umano vivo senza anima. Le lacrime cominciaronbo a scendere sulla mia fiaccia, ma che forse mia non era più. Non si fermavano. Piansi per ore e ore, i miei genitori non avevono più detto niente. Ad un certo punto relizzai veramente cosa era successo. Guardai il cellulare, non ci saremmo più mandate messaggi inutili il pomeggio quando avremmo dovuto studire, non ci saremmo scritte le risposte delle verifiche. Non l’avrei più vista.

 *****

Sono passati due mesi da quel fatatico girno. A scuola sono migliorata tantissimo, studio così non penso. Tutti mi sono accanto, ma allo stesso tempo è come se non ci fosse nessuno. Il baco vicino al mio è sempre vuoto, o perecisamente lo era stao da quando Carlotta non era venutà più a scuola.

Sono entarta in classe 10 minuti prima del neccessario. Mi sono andata a sedere sempre allo stesso posto senza neanche pensarci. Ormai non pensavo quasi mai da quando non c’era più. Se sarei morta anch’io in quell’incidente non sarebbe cambiato, se non fosse che i banchi liberi sarebbero stati due invece che uno solo.

Quel giorno ero ancora più giù, era il 10 dicembre, erano passati esattamente due mesi. Quella mattina avevo aperto l’armadio e preso la prima cosa che avevo visto. Solo in quel momento mi accorsi che per la prima volta indossavo una tuta, e avevo i capelli raccolti in una coda fatta male.

La campanella suonò.

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