Sweet Child o' Mine

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Metta che la sua vita si riassuma
tutta in tre punti: A, B e C.
La casa, l'asilo, l'ufficio.
E metta che ogni giorno
da quei punti parta una linea,
la linea della sua vita in itinere:
da A verso B, da B a C e poi di nuovo a capo.
La casa. L'asilo. L'ufficio.
La casa, l'asilo, l'ufficio,
da quando il gelo lastrica i prati in stand-by
fino ai vagiti della nuova primavera.
Giorno dopo giorno. E ora come ora
che Giugno asseta i termometri ai muri
e sibilano i condizionatori.
Metta che mentre la corteccia prefrontale
pensa e analizza, mentre l'ippocampo crea
e conserva i ricordi immediati,
spetta ai suoi gangli della base,
quasi identici al cervello
di piccole lucertole, gestire la routine
di azioni volontarie a malapena consce.
Metta che per questo può trovarsi in auto,
alla guida fra quei punti -
da A verso B e da B a C -
senza un chiaro screening del percorso,
né delle svolte fatte né dei paesaggi visti.
Metta poi che nel vortice del buio
stanotte lei e sua moglie abbiate evaso i sogni
per le sirene di un allarme.
Che pure vostro figlio, seicento giorni
di cronologica infanzia, tra gli abbracci
dei peluches abbia dormito poco e male.
Ci metta che all'alba sua moglie
(sbiadita dal sonno) sia corsa al lavoro
lasciando il telefono a casa.
Lei non se ne accorge, lei curato
rasato vestito, carica il bimbo nell'auto
e ora è alla guida fra quei punti:
la casa, l'asilo, l'ufficio.
Il bimbo sbuffa, sbadiglia,
s'immerge nel seggiolino
mentre un cliente continua a stressarla.
Metta che più lei stacchi
più quello chiama e chiama ancora,
anche quando oltrepassa l'asilo -
senza accostarsi -
in questo giorno di un Giugno africano.

La macchina è fuori, nel parking solito
ma il mattino a zoomarlo adesso
è una voragine di anomalie:
anomalo stress, anomalo caldo
e anomalo l'ufficio oggi per lei,
quasi un perimetro insonorizzato.
Metta - lo deve ammettere -
che lei non riesca a capirlo,
lei come ieri o ieri l'altro
sta facendo il possibile
e l'impossibile ordisce l'agguato.
S'annida in fondo, nel countdown
di minuti kamikaze, s'annoda ai gangli,
lì, nel suo cervello
dove il bimbo, come ieri o ieri l'altro,
salta, s'infervora, urla all'asilo.
Metta che il resto - la voce incredula
di vostra moglie, l'assalto del reale
che avvelena la catarsi, i suoi spasimi -
sia una Chernobyl di buie sequenze,
l'addizione fatale di spazi incolmabili:
15 metri dalla scrivania
fino alla tromba delle scale,
10 gradini in giù,
4 passi attraverso il pianerottolo,
ancora 10 gradini,
5 metri di cortile interno,
l'uscita, il marciapiede
e poi uno sprint di 30 metri all'auto,
il tutto in meno di mezzo minuto
infine il grido acuto, psichedelico:
"OH, MIO DIO, NOOOO!
NO, PER FAVORE, NO!
NO, PER FAVORE, DIO, NO, PER FAVORE!"
Il referto clinico pontifica morte da ipertermia,
termodinamica e biometria
si combinano come killer
tra macchine e neonati.

Sì, sono colpevole
di una colpa inspiegabile e moderna.
Sono colpevole
e non chiedo narcotici per la mia pena:
voglio ingoiarmela tutta d'un fiato
fino a morirci dentro.
Non ho altro da aggiungere,
Signor Giudice!

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