escapismo🚀.

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Escapismo, lo chiamavano.
"Inclinazione ad evacuare da un luogo chiuso, gabbia, o trappole".
Tale parola esprimeva un concetto così ampio ed a me familiare che, ogniqualvolta lo udissi, mi sentivo immediatamente a casa.
Come se fosse così tanto vicino alla mia persona che, sembrava essere il luogo più sicuro.
Un luogo in cui niente e nessuno avrebbe potuto ostacolare la sensazione di sollievo donata al mio cardio.

L'escapismo non ha orgine dal niente, tantomeno vi è una causa esatta dalla quale si scaturisce. Esso risiede in ognuno di noi, sin dalla nascita e va poi, sviluppandosi poco a poco.
In alcuni individui tale tendenza è in perfetto equilibrio, per così dire, con le altrettante propensioni. Di conseguenza non vi è una prevalenza di quest'ultima sulle altre, e quindi una forte necessità di andar via.
In altri, invece, l'escapismo prende vita, affondando le radici nell'animo del singolo, essendo causa di tante cose.
Causa di malumore, inclinazione a sentirsi inadatti, fuori posto e mai, realmente a casa.

Forse io, da sempre, facevo parte della seconda categoria.
Non vi fu, finora in 18 anni di vita, un luogo adatto a me... o in cui tale senso si placasse. Tutt'altro era il risultato.
Cambiando di casa in casa, un paese dopo l'altro, l'escapismo, mio caro amico oramai, pressava incessantemente sul mio cuore dando origine ad una sensazione di disadattamento perpetuo.
Arditamente provai a sopprimere le mie stesse percezioni a riguardo, giungendo alla fine sempre allo stesso punto d'inizio.
Dunque era la soppressione, una soluzione sbagliata?
Immagino di sì a tal punto.
Era la più vicina e concretizzabile tra tutte le risoluzioni possibili.
Ma non quella giusta.
Avrei dovuto cambiare soluzione, allora.
Quale adottare?
Pensai a lungo, minuto dopo minuto, ora dopo ora. Le mie meningi non producevano alcun risultato se non l'unico che, con il tempo, capii essere la risoluzione del mio problema.
Andar via. Ecco ciò che il mio cervello ripeteva, come un disco rotto, al mio cuore.
Ma come andar via, se mille fattori esterni ed interni sembravano incatenarmi qui nella maniera più fitta e dura possibile?
Sì, avrei dovuto solo rompere le catene che mi bloccavano qui.
Che banalità, pensai.
"Basterà un po' di forza in più" ripetei a me stessa. Ma non fu realmente così.
Sbagliavo. Anche stavolta.
Fuggire non fu così semplice come immaginavo, e come bramavo fosse.

In cuor mio, ero cosciente che oltre la forza di volontà erano necessari altri ingredienti affinché raggiungessi il risultato da me tanto desiderato.
Anche stavolta, provai ad inculcare a me stessa che la sola determinazione nel raggiungimento del mio obiettivo sarebbe stata sufficiente.
Ma a fatti concreti non fu così.

Che dire allora? Non saprei.
Sono certa che l'escapismo gioca da sempre un ruolo importante nella mia vita, in maniera diretta o meno che sia, e che ci sono persone in questo universo, con un animo troppo prezioso per una terra dominata da creature prive di cultura, bellezze senz'anima, e spesso prive del solo intelletto.
Che colpa darmi per la mia diversità? Nessuna, io andavo bene così.
E così anche la mia inclinazione escapista.
Mi apparteneva e rinnegarla, o soffocare il suo forte grido, sarebbe stato pari a rinnegare la mia stessa natura.

Non è semplice per un’anima irrequieta, continuamente disadattata e fuori posto, trovar sollievo o conforto. E’ necessaria pazienza.
E come in qualsiasi cosa della mia vita, essa era chiamata in causa anche in questa circostanza.
Una parte di me chiedeva puntualmente a se stessa se mai avesse provato una sensazione di sollievo.
L’altra parte era consapevole del fatto che, l’unico modo possibile per placare questa continua sensazione di disadattamento era andar via e ricominciare da 0.
Ricominciare dal luogo più bramato da sempre, ed andare alla ricerca di simili.
Farlo senza più voltarsi indietro e da sola. Senza timore.
Impavida per com’ero, forse ce l’avrei fatta.

Beh? Lo avrei fatto, e non avrei accennato ad un minimo rimorso verso il passato, che per me era solo stato sinonimo di sofferenza e irrequietezza.
Da sempre, desideravo scappar via. Perché non farlo appena avuta la possibilità, allora?

In fondo, un pesce fuor d’acqua si sentirà tale finché non riuscirà a trovare le migliori acque in base alle proprie esigenze, una persona avvertirà d’esser in gabbia sino a quando non avrà la forza di rompere le sbarre di cui è composta, in maniera definitiva, e di uscire.
E così mi sentii io sino a questo momento. La mia terra, con annesse persone, totalmente diverse da me, erano la mia gabbia. Ed io, dovevo solo andar via.
Ignoranza, incomprensione, sguardi di stranezza rivolti alla mia persona, superficialità, non mi appartenevano ed io non li bramavo.
Nulla di tutto ciò che mi circondava, mi calzava più bene. Avrei dovuto voltare pagina.
E per quanto difficile fosse, avrei dovuto lasciar tutto.
Luoghi e persone.

Definitemi differente, ambigua e solitaria, se questo è il vostro volere. Io, vedrò sempre orizzonti laddove gli altri saranno in grado di percepire infinite barriere, vedrò la speranza laddove non vi è possibilità che ci sia, e vedrò la luce in fondo al tunnel, anche quando quest’ultimo sarà pervaso dal buio più cupo e fitto.
E chiamatemi escapista, se preferite.
Non vi contraddirò, perché in fondo è questo ciò che realmente sono e sarò sino a quando non troverò il mio reale rifugio.
Andrò sempre alla ricerca di casa mia, senza mai accontentarmi della mediocrità.
In fondo sono un'escapista, no?
Proprio come lo furono i poeti romantici inglesi della seconda generazione, i cosiddetti 'poeti maledetti', lo sarò anch'io.

Cercherò sempre il sole tra le nuvole, le stelle fra le più cupe serate e rifugio tra infiniti posti.

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