Mi e sempre piaciuto l'inverno, fin da piccolo. Rimanevo incantato davanti alla finestra per giorni interi quando nevicava, con quei minuscoli fiocchi di neve che scendevano dal cielo intrecciandosi tra di loro e formando crepe nel cielo limpido che assomigliavano a merletti delicati. Tendevo le mani verso l'aria gelata che mi circondava, raccogliendo i minuscoli fiocchetti, che si scioglievano all'immediato contatto con la mia pelle. Anche se non ricordo niente della mia infanzia, ci sono certe cose che mi sono rimaste impresse nei ricordi che non ho, come il calore di un abbraccio, quelli probabilmente di mia madre; l'odore dei sigari, forse quelli che fumava mio padre e, il più nitido tra tutti, la voce di mia sorella. Non so come faccia a essere sicuro che sia la sua, ma sono certe sensazioni che provengono dal cuore e sai che non ti stai sbagliando.
Quando mi sono ritrovato in quel lago di ghiaccio, niente, nulla mi diceva alzati o reagisci. Semplicemente me ne restavo lì, in bilico tra vita e morte, ma anche se la mia vita fosse finita quella sera stessa non credo che per me sarebbe stato molto differente dalla morte. Non ricordavo nulla per sentire la mancanza di qualcuno, o il rimpianto di qualcosa. Guardavo la Luna, ed ero così incantato da quel suo bagliore candido che quando mi ha parlato sono rimasto scioccato. Ero convinto che fosse un'allucinazione, ma poi improvvisamente il mio corpo ha smesso di affondare verso gli abissi e una strana forza mi ha trascinato verso l'alto, verso quel buco nel ghiaccio dove ero caduto, e la Luna continuava a parlarmi. Le ciocche scure di capelli che mi solleticavano la testa incominciarono a diventare bianche come le stelle, e la pelle sempre più pallida. Quando finalmente fui fuori dall'acqua, la Luna mi lasciò cadere su un mucchietto di neve non molto lontano, dove piccoli filamenti di erba mi sfioravano le guance. Tentai di mettermi seduto, anche se i vestiti che indossavo erano così inzuppati d'acqua che era difficile anche un movimento innocuo, come alzare un braccio. Mi trascinai di nuovo vicino al bordo del lago, osservando meravigliato il mio riflesso nell'acqua e tastandomi con le lunghe dita da pianista la faccia. I miei occhi erano di un blu intenso, in netto contrasto con la chiarezza della pelle e dei capelli. Sfiorai con i polpastrelli la superficie del lago, e il mio riflesso venne distorto dall'acqua in movimento. Guardandomi intorno notai un grosso bastone, non molto lontano, alto quasi quanto me e lo afferra i tendendo la mano al massimo. Era fatto da robuste radici avvolte tra di loro, e mi stupì non poco quando si cosparse di neve al mio tocco. Lo lasciai cadere con un tonfo sordo, alzandomi in piedi con l'aiuto di un ramo non molto alto, ma anche questo si ghiacciò. Non mi accorsi nemmeno di non avere più quel freddo che provavo prima, che mi aveva congelato le ossa. Niente, del tutto scomparso, anche mentre ero a piedi nudi sulla neve. Ripresi con mani tremanti il bastone che avevo lasciato prima e mi sforzai di camminare. Dovevo trovare qualcuno che mi spiegasse cosa era successo. Senza farlo apposta, roteai il polso, stendendo il palmo verso il basso, e una serie di stalattiti si conficcarono con forza nel terriccio. Guardai meravigliato la mia mano, con un piccolo alone azzurro al suo centro che si restringeva sempre di più fino a scomparire completamente. Alzai le sopracciglia e ripetei lo stesso movimento. Caddero di nuovo stalattiti dai miei palmi. Incominciai a ridere sommessamente, divertito da quella strana scoperta. Toccai con il bastone le radici di un albero vicino, e una crepa di ghiaccio lo coprì. Fantastico pensai estasiato. Mossi con delicatezza il braccio verso l'alto e incominciò a nevicare. Presi a correre, toccando tutto quello che mi capitava a tiro e, improvvisamente, lo scettro che stringevo si sollevò in aria con una forze tale da smorzarmi il respiro. Saettava nell'aria come un fulmine, lasciando dietro di se una scia innevata, mentre io cercavo di non cadere di nuovo nel vuoto.
Impuntai i piedi sul bastone come se fosse una tavola da surf, e tentai di farla rallentare.
Funzionò.
Ero così eccitato da tutto quello che mi circondava che incominciai ad urlare, facendo nascere intorno a me nuvole fredde, che mi seguivano nella mia corsa. Nel folto del bosco che sottostava, notai una piccola cittadina, e scesi in picchiata per raggiungerla. Saranno state le cinque del mattino, perché per le strade non c'era nessuno, se non qualche gatto in cerca di topi. Scesi dal mio scettro, camminando tra le strade desolate e innevando tutto con il mio passaggio. Tra tutto quel buio individuali una minuscola luce, proveniente da una casa vicina. Scavalcai il muretto che la cingeva e mi arrampicai sui muri fino al secondo piano, sbirciando dal davanzale di una finestra.
Una ragazza, della mia età su per giù, stava con il capo chino su un libro, la lampada per studiare ancora accesa. Si era addormentata, che posizione buffa! Apri la finestra, che aveva lasciato socchiusa e mi sedetti a gambe incrociate sul tappeto che teneva vicino al letto. Aveva dei lunghi capelli scuri che le ricoprivano tutto il viso, nascondendole gli occhi. La curiosità di guardarle la faccia fu più veloce della razionalità. Poggiai il bastone sul suo letto e mi avvicinai con dita tremanti, spostandole con delicatezza i capelli. Piccoli fiochi di neve le si intrecciarono tra i capelli al contatto con le mie dita. Aveva un piccolo naso all'insù, le guance arrossate dal freddo, delle graziose labbra chiare e lunghe ciglia scure che le proiettavano strane ombre sugli zigomi e sulle guance. Sembra una bambola di porcellana fu il mio primo pensiero. Le sollevai la testa dalla scrivania con lentezza calcolata e me la poggiai sulla spalla. Nel sonno, lei allungò le braccia e mi si strinse al collo. Le ridacchiai nell'orecchio attento a non svegliarla. Sembrava passata un'eternità dell'ultima volta che avevo incontrato un altra persona. Lei borbottò qualcosa, ma non si svegliò. Con l'altra mano le afferrai le gambe sollevandola, e lei si strinse a me ancora di più.
Ammetto che non mi sia dispiaciuto, per niente.
La appoggiai sul letto, spostando con un gesto impaziente lo scettro, che rotolò sul tappeto sporcandolo di neve. Lei non lasciò la presa sul mio collo, così dovetti allentarla io a malincuore, ma le teneva così saldamente che le caddi addosso a cavalcioni. Ragazza con il sonno pesante insomma.
Ma quanto era bella.
Sciolsi la presa delle sue dita, e le strinsi la mano un'ultima volta. Magari la sera dopo sarei passato a vedere come stava...
-Dovrai venire per forza- disse qualcuno dietro di me. Mi girai di scatto, preoccupato di aver svegliato magari qualche suo familiare, ma non trovai che un'ombra davanti a me.
l
-La Luna?- chiesi più a me stesso che a lei. Quest'ultima annui.
-Sei un guardiano ora. Tocca a te proteggerla- continua. Io scuoto la testa.
-No, io sono un guardiano, ma della neve. Non di ragazze adolescenti- borbotto, ma l'ombra se ne è già andata e nell'aria risalta l'eco della sua voce.
-Fidati di me quando ti dico che, se hai qualcuno che ti ami magari ti salvi- lo sento mormorare.
Sconcertato mi giro di nuovo verso la ragazza, afferrò una coperta che ha sopra la sedia e gliela metto addosso.
Se hai qualcuno che ti ami magari ti salvi la voce della Luna mi rimbomba nella testa. Perendo il bastone da terra e mi butto giù dalla finestra, atterrando leggero sull'erba.
Magari ti salvi ma da chi?
Qualcuno che mi ami , quella ragazza ha la risposta.Mi avviai di nuovo verso il bosco
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La Luna Mi Ha Scelto
FantasyMi chiamo Jack Frost, l'unica cosa che ricordo mentre l'acqua scura mi circonda, avvolgendomi nel suo mantello congelato. Eppure, mentre anche la morte sta per abbracciarmi, la Luna mi sussurra all'orecchio di essere forte, di non mollare, mentre il...