È da qualche mese che Martino non torna a casa.
L'ultima volta è stato per Pasqua e, esattamente come immaginava, ha iniziato subito a discutere con i propri genitori per qualsiasi cosa, motivo per cui –una volta finite le feste– ha fatto dietro-front verso Milano, città in cui sta portando avanti un lavoro per l'università e dove non vedeva l'ora di tornare, parlando in tutta onestà.
Le continue discussioni sia con il padre che con la madre iniziavano a fargli mancare l'aria e la voglia di vivere, così appena l'università gli ha comunicato di questo progetto non ci ha pensato due volte ad accettare.
Ma ovviamente si sa: le cose belle sono destinate a finire, prima o poi. Sono stati mesi intensi, pieni, felici, quelli passati nella capitale lombarda, e il solo pensiero di dover per forza tornare nella sua città lo fa star malissimo.
Certo, Roma gli manca da morire, così come gli mancano Giovanni, Elia e Luchino, i suoi amici sin dai tempi del liceo, però non è pronto a tornare alla solita routine, ai litigi, alle mille discussioni in casa che gli fanno solo venir la voglia costante di scappare il più lontano possibile, ricominciare in un posto qualsiasi dove nessuno lo conosce e non tornare più indietro, ma purtroppo non è possibile.
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Sono da poco passate le 17 quando Martino prende posto nella sua carrozza. Sposta lo sguardo fuori dal finestrino, attendendo che il treno lasci la stazione e fa partire la riproduzione casuale di una playlist totalmente a caso, un insieme di canzoni che hanno inserito lui ed i suoi amici quando erano ancora tra i banchi di scuola.
Sorride al pensiero che tra poco potrà vederli di nuovo, così come potrà rivedere la sua Roma nel solito clima natalizio anche se –a dirla tutta– lui è da un po' che non lo sente più. Sarà che è cresciuto, che dopo il divorzio dei suoi genitori fa fatica a sorridere davvero o a provare qualsiasi altro sentimento all'infuori dell'apatia. Mentre era a Milano ha avuto delle brevi relazioni, sempre se così possono chiamarsi, e non nega che vorrebbe di nuovo provare qualcosa, ma ormai ha alzato tanti di quei muri per difendersi dagli altri che non sa nemmeno più come reagire alle cose belle che la vita ha in serbo per lui.
Finalmente il treno parte e Martino chiude gli occhi, sistemandosi meglio sul sedile e rilassandosi leggermente. Ripensa a quanto sia stato bene in questa città, quante gioie e soddisfazioni gli abbia dato e quanto gli mancherà.
Prende il telefono, con l'intenzione di scrivere un messaggio a Giò, ma ci ripensa e lo rimette di nuovo in tasca; perché non fare una sorpresa? Sa che hanno preso un piccolo alloggetto a Monteverde, poco dopo che lui è partito per Milano, ma quando è sceso per le feste ha avuto l'occasione di dormire qualche sera lì, soprattutto quando le discussioni con i genitori erano troppo accese da sopportare.
«Alla fine questo posto sarà sempre anche tuo.» gli disse Luca, una volta affittato l'appartamento.
Si sistema meglio sul sedile e prova seriamente a dormicchiare, la notte scorsa non ha chiuso occhio in preda all'agitazione di tornare nella sua città natale e di rivedere i suoi amici.
Ma, d'altronde, è rimasto tutto come ha lasciato no?
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Quando Martino scende a Termini si sorprende di quanto faccia freddo.
È così pungente che si ritrova a battere i denti mentre si avvia alla fermata, trascinandosi dietro la sua solita valigia.
Roma sotto le luci di Natale è, se possibile, ancora più bella. Ha proprio un'aurea magica. Talmente sovrappensiero non si è accorto di essere già arrivato alla pensilina del bus e che il mezzo è in arrivo, così si ferma e tira fuori il telefono, per cercare bene l'indirizzo dei Contrabbandieri, in modo da raggiungerli subito e non farsi i chilometri a piedi con il freddo.
Prende posto al fondo, in modo che la valigia non ingombri troppo il passaggio e cambia canzone, cercando di immaginare le varie reazioni dei ragazzi: Elia sicuramente rimarrà a bocca aperta, incapace di dire qualsiasi cosa, Luca si metterà a saltare per casa come un matto e Giò correrebbe subito ad abbracciarlo, chiedendogli della vita milanese e precisando quanto sia mancato a tutti quanti.
Una volta sceso dal tram, tira fuori dallo zaino le chiavi, inserendole poi nella toppa; sicuramente non stanno dormendo, data l'ora. L'alternativa è che siano andati a qualche festa organizzata da amici.
«Ciao stronzi!» dice, mettendo piede dentro l'appartamento.
Luci spente, gas pure, cucina un completo disastro: bene, non sono decisamente in casa. Decide di disfare velocemente la valigia, cercando l'accappatoio per farsi una doccia prima che tornino i suoi amici.
E okay, Luchino e gli altri gli hanno ribadito più volte che questa è comunque anche casa sua, ma non se ne vuole approfittare lo stesso. Fa una cosa veloce, vuole giusto togliersi di dosso l'odore schifoso del treno.
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«Oh raga avete lasciato la porta aperta quando siete usciti?» sente chiedere qualche ora più tardi da Elia.
Martino mette via il telefono, lasciandosi la camera alle spalle.
«Di chi era la festa a sto giro? Sempre dal Peccio?» chiede, poggiandosi allo stipite della porta.
«Tu.» dice Luca. «Qui.»
«A quanto pare.» risponde alzando le spalle. «Volete venirmi a salutare come si deve o devo mettere qualcosa per iscritto?»
Il primo a muoversi è Giò, che corre verso di lui stringendolo poi in un abbraccio.
«Se avessi avvisato che saresti arrivato oggi avremmo preso delle pizze invece di andare dal Peccio.» dice poi quest'ultimo.
«Ho preferito fare una sorpresa.» risponde, andando ad abbracciare anche Luca ed Elia.
«Birretta e ci racconti le ultime cose?» propone il moro.
«Ci sto.» sorride, mentre Luca prende le bevande dal balcone.
Le amicizie vere, solide,anche a discapito della distanza, sono rare da trovare; ma quando arrivano,solo gli stupidi se le farebbero scappare di mano.