Camminava velocemente, nervoso, Shirabu, con il suo tipico broncio dipinto sul viso. I capelli irregolari, 'rimbalzavano', ad ogni suo passo, lungo e deciso, la sua destinazione ben impressa nella mente. Andava sempre lì ogni volta che sentiva il bisogno di calmarsi, e quella settimana, in particolare, aveva molta rabbia da scaricare. Le ultime giornate di allenamento erano state incredibilmente intense, i litigi con i suoi compagni erano aumentati incredibilmente e le incomprensioni erano all'ordine del giorno. In particolare, con il suo senpai dai capelli color cenere. Non gli importava poi più di tanto, era sempre stato così, sin da quando Shirabu si era conquistato il posto da alzatore titolare, sottraendolo al maggiore, o almeno così gli piaceva pensare.Svoltò l'angolo, rischiando di andare contro un paio di persone, sbuffò annoiato, accelerando ancora di più il passo. Per quanto si ripetesse il contrario, era infastidito. Vedere colui che sempre gli aveva riservato sguardi di sfida, carichi di tensione, e commenti sarcastici, comportarsi premurosamente, rivolgendo a tutti gli altri sorrisi genuini, gli faceva ribollire il sangue. Non riusciva a spiegarsi il motivo di tanto interesse al riguardo, ma sapeva, dentro di se, di non desiderare nient'altro se non essere lodato da Semi, e si detestava per questo. Chiaramente, non lo avrebbe mai ammesso, il suo carattere fiero glielo impediva. Proseguì lungo il viale affollato, vedendo, verso la sua fine, il grande edificio bianco che era la sua meta. Allentò il passo, continuando a riflettere. Lanciò un paio di maledizioni a Semi, d'ovunque si trovasse, per aver inondato i suoi pensieri, e a se stesso, perché continuava a dargli importanza, cosa che mai prima, con nessun'altro, aveva fatto.
Si ritrovò davanti l'imponente scalinata di pietra bianca senza rendersene nemmeno conto. Salì, rapido, attraversando poi il portone di legno antico. Giunsero poi alle sue narici l'odore della carta, vecchia e nuova, delle copertine di pelle, del legno che rivestiva mobili e pavimento, che si univano dolcemente in un aroma a dir poco meraviglioso. Shirabu si guardò intorno, sospettoso. La biblioteca era stranamente quasi completamente vuota, tranne per un paio di studenti, impegnati a lavorare attorno ad un tavolo rettangolare, ed alcune signore che passeggiavano curiosamente tra i vari scaffali. Dalle alte vetrate opache passavano i raggi solari, illuminando alcuni settori, mettendoli in evidenza. Soltanto a quella vista si sentì già più calmo. Quel posto era il suo rifugio, quello che molti chiamerebbero il proprio 'posto felice'. Era una delle altre cose che mai avrebbe ammesso, ma leggere era uno dei suoi passatempi preferiti, secondo forse soltanto alla pallavolo. Tutto il malumore di prima, fu immediatamente rimpiazzato da interrogativi riguardanti i generi letterari, chiedendosi da quale autore cominciare. I suoi piedi iniziarono a muoversi quasi da soli sopra lo scricchiolante pavimento, in direzione del suo angolo preferito, uno poco visitato, dove erano collocati tutti i titoli meno conosciuti. Si sporse da dietro una libreria, aspettandosi di trovare il luogo, come tipicamente era, vuoto, ma fu costretto a bloccarsi, sopracciglia corrucciate, occhi sgranati. Seduto sulla piccola poltroncina di velluto verde, che Kenjirou in parte aveva iniziato a considerare sua, dopo tutte le ore passatovi a leggere, vi era una faccia più che conosciuta. Gli occhi castani si alzarono dalle pagine ingiallite del libro con la quale si stavano intrattenendo, incontrandosi con un paio di iridi color del miele. I primi si spalancarono, i secondi volsero lo sguardo altrove. "Cosa ci fai tu qui?" un sussurro, carico di stupore e nient'altro, nessuna traccia dell classico tono, quasi provocatorio del suo senpai. Shirabu tirò un sospiro, avvicinandosi ad uno scaffale ed iniziando ad ispezionare le varie copertine consumate che vi erano state sistemate "Secondo te?". Per quanto avesse tentato, anche nella voce di Kenjirou mancava la tipica tonalità velenosa, persa nel suo bisbiglio. Il libro tra le mani di Semi si chiuse delicatamente "Non pensavo fossi il tipo da frequentare questo posto", un altro sussurro. Un libro fu tolto da uno scaffale, ritrovandosi stretto tra le affusolate dita di Shirabu, "Potrei dire lo stesso di te". Eita sorrise, impercettibilmente, senza aggiungere altro, e i due caddero in una strana, silenziosa, atmosfera. Shirabu prese posto, di fronte all'altro ragazzo, e i suoi occhi caddero sul titolo del libro che quest'ultimo stava prima leggendo. "E' un'opera spettacolare", mormorò, e Semi si trovò ad annuire, sorpreso per quella che, quel giorno, sarebbe potuta tranquillamente essere la centesima volta. Non si sarebbe mai aspettato che da una semplice affermazione potesse nascere un lungo dibattito, piacevole, fatto di pensieri, espressi dal tono più basso e soffice possibile, persi nel grande ambiente nel quale si trovavano, Shirabu. E mano a mano che la giornata avanzava, i due iniziarono ad abituarsi alla compagnia dell'altro, a sciogliere la rigidità che subito si era fatta presente al loro incontro. Parlavano spensierati, il cuore che sempre più forte batteva contro il petto, costantemente stupiti dal comportamento dell'altro, così piacevolmente diverso, quasi irriconoscibile. Più passava il tempo, più si rendevano conto, con una punta d'irritazione, quanto fossero simili tra loro, e che, forse, per tutti gli scorsi anni, avevano sprecato tempo alla ricerca di una persona che in realtà avevano sempre avuto al proprio fianco.
La tarda mattinata che li aveva uniti lasciò il posto ad un tiepido pomeriggio, i raggi del sole ormai puntavano altrove, lasciando la biblioteca in un'edenica, fresca, ombra. Per quanto non volessero, era giunto il momento di lasciare quell'afrodisiaco posto, luogo di avvenimenti che mai si sarebbero creduti possibili perché, per quanto sciocco sembri a dirsi, questo impercettibile evento, aveva prodotto irreversibili cambiamenti in entrambi, desiderati da tempo, sepolti in ambe due. Abbandonarono i propri posti, attraversando a passo più che lento il parquet rumoroso che li separava dall'uscita, fianco a fianco. Si ritrovarono fuori, una dolce brezza li avvolse. "Sai", iniziò Semi, le mani improvvisamente nascoste nella tasca della sua giacca. "Fuori dal campo, non sei affatto male", Shirabu alzò un sopracciglio, indeciso se prenderlo come un complimento o meno, "Qualche volta, dovremmo rifarlo". Gli occhi di Kenjirou scattarono, incrociandosi, come qualche ora prima, con i particolari occhi del ragazzo davanti a se. Annuì facendo scivolare la 'sua frangia' leggermente, a coprire in parte la sua visuale. Questo, però, non gli impedì di notare in tutta la sua gloria, l'ora visibile sorriso soddisfatto sul viso di Eita. Shirabu era certo d'aver perso come minimo un battito, terrorizzato, ma allo stesso tempo incantato da quello che in parte credeva miraggio. "Allora, ci vediamo!" Il sorriso svanì, e Kenjirou ancora immobile, si ritrovò a guardare la schiena di Semi, mischiarsi tra la gente e allontanarsi sempre di più.
"Ci vediamo..."
Angolo dell'autore fallito
A quanto pare ogni tanto l'ispirazione mi viene a trovare...
Mi spiace davvero tanto di essere così lenta ma spero possa piacervi ad ogni modo...
Si spera, a presto.
Giu