prologue

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prologue — *‧₊˚
third person

Contemplava l'immensità del cielo notturno, perdendosi nell'incanto dei corpi celesti che brillavano al di sopra di lui, in quell'altrove inaccessibile, dove la magia dell'universo si svelava come un enigma affascinante, di una bellezza eterna, misteriosa, e irripetibile. Il mare, come uno specchio d'acqua intriso di salsedine, rifletteva il firmamento in una danza silenziosa di stelle scintillanti che illuminavano il manto tenebroso della notte.

Con uno sguardo distolto dal cielo, i suoi occhi profondamente scuri – contrastanti con la sua pelle diafana – vagarono lentamente per il paesaggio marino, catturando ogni dettaglio di quella scena già familiare, ma sempre nuova ai suoi occhi. Jeongguk si trovava di nuovo a esplorare le coste di Busan, un rituale ripetuto, eppure, ogni volta, quel mare gli appariva come un meraviglioso segreto appena svelato.

Camminava senza una meta precisa, lasciando tracce fugaci sulla sabbia morbida, che si dissolvevano al passaggio delle sue impronte silenziose, mentre si abbandonava al tocco della brezza marina che scompigliava i ciuffi ribelli della sua folta chioma corvina. L'aria salmastra increspava delicatamente la superficie dell'acqua, creando piccole onde, inoffensive, che lambivano la riva.

Jeongguk, all'apparenza un diciassettenne calmo e riflessivo, celava in sé un'anima tormentata. La solitudine lo consumava lentamente, giorno dopo giorno, avvolgendolo in una foschia di oscurità impenetrabile, così profonda da soffocare ogni traccia di gioventù e leggerezza. Era come se il buio si insinuasse in ogni fibra del suo corpo, imprigionandolo. Eppure, nel suo intimo, desiderava ardentemente che quell'oscurità si rischiarasse, fosse anche solo per un istante, dal luccichio di stelle – anche se solo un'illusione di stelle – un inganno che gli avrebbe permesso di assaporare la felicità, di sfuggire alla monotonia di giornate sempre uguali, scandite dal ciclo immutabile del risveglio, nutrirsi, vagare lungo la costa, osservare il cielo e, soprattutto, perdersi nei suoi pensieri. Sognava una vita semplice, una vita che potesse essere normale, come quella di qualunque altro ragazzo della sua età.

Quella notte, come accadeva spesso, la sua mente si perse nell'immaginare come sarebbe stata la sua esistenza con una presenza accanto. Qualcuno capace di offrirgli una mano, di portarlo fuori da quell'abisso di insicurezze in cui era intrappolato.

Quel desiderio, dolce e delicato come zucchero filato, poteva sembrare banale, quasi un cliché, ma osservato da vicino rivelava una verità profonda: tutti, nel profondo, anelavano alla presenza di qualcuno per sperimentare davvero la vita. Alcuni avrebbero potuto negarlo per orgoglio, ma Jeongguk lo sapeva: senza la presenza di un altro, uscire da quella morsa di solitudine era impossibile. Era la natura stessa della solitudine a richiedere una compagnia per dissolverla.

In quel momento, forse, Jeongguk era l'unico a comprendere davvero questa realtà, una consapevolezza che gli altri potevano trovare difficile da cogliere, persi nelle loro complicazioni e insensatezze.


Un bussare insistente e perentorio ruppe bruscamente il silenzio ovattato che avvolgeva l'abitazione di Jeongguk. I colpi secchi contro la porta di legno rimbombarono nelle stanze, propagandosi come onde sonore fastidiose che turbarono la quiete e fecero sobbalzare il ragazzo, ancora intrappolato nel mondo ovattato dei sogni.

Con un gesto lento e ripetitivo, strofinò gli occhi per dissolvere i residui del sonno che velavano il suo volto armonioso. Afferrò le sue morbide ciabatte color panna, e, mentre si alzava, si passò distrattamente la lingua sulle labbra screpolate dal riposo. Il rumore continuo del bussare si faceva via via più irritante, facendogli crescere un leggero fastidio che lo spinse ad affrettare i movimenti.

illusion of stars  ★ taekook [ita] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora