strawberry shortcake

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chapter seven — *‧₊˚
jeongguk's perspective

Il bicchiere freddo era una piccola ancora di stabilità. Il vetro mi scivolava tra le dita, umido al tatto, mentre l'acqua fresca scivolava giù per la gola, dando un sollievo momentaneo a quella sensazione perenne di aridità che avevo dentro. C'era qualcosa nell'aria quella mattina, una pesantezza invisibile che sembrava infestare ogni stanza della casa. O forse ero solo io.

Uscii fuori, ormai nel mio piccolo spazio preferito.

Il giardino di alberi di ciliegi, era tranquillo. Era diventato il mio posticino, dove riuscii a trovare la quiete, la quiete che mi ricordava Busan, le onde e la tranquillità che bramavo come nettare. Invaso da una luce tenue che si rifletteva sull'erba ricamata di rugiada, creando ombre sottili, come cicatrici d'oro su superfici troppo perfette. Le mie mani giacevano immobili sull'erba, che le accarezzava, solleticandomele. Le nocche appena sfiorate dalla luce dal bagnato del suolo mattutino.

E poi, come un uragano che arriva inaspettato, la voce di Yerin riempì la casa, arrivando fino al giardino, rompendo il religioso silenzio.

«Taehyung! Ho bisogno che tu vada a comprare il dessert.»

Le parole sembrarono scivolare attraverso le pareti sottili che dividevano la dimora e il giardino, insinuandosi anche dove non volevano essere ascoltate. Alzai lo sguardo appena, giusto per cogliere l'inevitabile: il richiamo del dovere. Era sempre così con loro, così perfetti, così organizzati.

E poi arrivò la parte peggiore.

«Jeongguk, anche tu, andate insieme!»

Un brivido mi percorse la schiena, ma non fu per il freddo. Quella frase mi arrivò addosso come un pugno nello stomaco, anche se il mio viso non tradì alcuna emozione. Mi alzai, a malincuore, lasciandomi dietro il paradiso di fiori e rami, per poter obbedire alle parole di Yerin, palesemente citate, per provare a farci avvicinare e riappacificare un rapporto che non è nemmeno potuto mai iniziare.

Quando feci la mia entrata, Taehyung, nella stessa stanza, fece un rumore che sembrava un misto tra un sospiro e una protesta soffocata. Era chiaro che anche per lui quella non fosse una grande notizia.

Ottimo, almeno c'era una cosa su cui eravamo d'accordo.

Potevo sentire i suoi passi avvicinarsi, lenti e riluttanti. Il suo profilo apparve nell'angolo della mia visuale, sempre così composto, anche quando cercava di nascondere il fastidio. C'era qualcosa di innaturale nella sua goffaggine calcolata, come se ogni movimento fosse controllato da fili invisibili che si muovevano secondo schemi precisi, freddi. Un burattino in un teatro fatto di apparenze.

Non disse nulla, naturalmente. Nemmeno io avevo intenzione di parlare. Le parole erano superflue in quel momento, un mezzo di comunicazione che avevamo entrambi deciso di ignorare.

Lo seguii fuori dalla cucina in silenzio, il suono dei nostri passi sul pavimento di legno riecheggiava, un ritmo perfettamente sincronizzato ma vuoto, come tutto ciò che c'era tra noi. Le nostre esistenze scorrevano parallele, senza mai incrociarsi davvero.

Raggiungemmo l'atrio e lì c'era Taehyung, intento a infilarsi la sua giacca di pelle marrone scuro. I suoi movimenti erano impacciati, goffi, come se la semplice idea di dover condividere lo spazio con me gli creasse un disagio insopportabile e che contrastava con la sua aura sicura del nostro primo incontro. Potevo vedere il modo in cui le sue dita tremavano leggermente mentre lottava con la cerniera. Avrei potuto offrirgli aiuto, data la mia gentilezza, ma non lo feci. Non c'era motivo di rompere la distanza che avevamo mantenuto con tanta cura.

illusion of stars  ★ taekook [ita] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora