22. Tanto per essere onesti...

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ERI'S  P.O.V.

<< Non pensi di esagerare? >>

<< Ma sono ancora troppo lunghi! >>

<< Li hai tagliati appena due giorni fa! >>

<< Non sono io. È colpa di quella là. >>

<< L'alph di Kumiko era temporaneo. >>

<< Aaaaah! >>
Si dispera per l'ennesima volta, scompigliandosi nervosamente la chioma rossa.

Chuichi non è più lo stesso ultimamente.
È vero, è un tipo irascibile. Ma, da quell'incidente con la piccola Kumiko, continua a far drammi neanche ne dipendesse la sua stessa vita.
È troppo esagerato per i suoi standard.
Chissà cosa gli passa per la testa.

Sta zitto d'un tratto, mentre ancora passeggiamo per i corridoi ormai deserti della struttura scolastica.
Il sole sta tramontando e ciò mi ricorda quanto le giornate si siano accorciate.
A Catara, ogni stagione è uguale all'altra.
Sì, anche noi abbiamo le giornate di sole, ma non è mai bello come questo qui, che riesce a scaldarmi anche con i suoi ultimi raggi.
Mi manca la mia casa, sempre se definirla tale è giusto.
Zia Lily, tornerò da te. Torneremo insieme e, allora, sarà casa.
Sei stata tu a insegnarmelo: casa è dove sono coloro che amiamo e, devo ammetterlo, anche qui mi sento un po' a casa.

<< Forse dovrei legarli. >>

Ignoro i vagheggiamenti del mio compagno dai capelli rossi e, mentre lui continua insistentemente a torturarsi qualche ciocca, io mi dirigo verso la biblioteca, in cerca di un libro che possa distrarmi.

<< Cosa facciamo qui? >>
Dice, varcando la soglia della porta subito dopo di me.

<< Tu cosa fai in una biblioteca? Sai, in mezzo ai libri. >>

<< Ti sembro forse il tipo che spreca tempo a leggere? >>

<< Senti, Chuichi. Con me, la parte del bulletto scansafatiche non funziona. I tuoi voti parlano da sé. Probabilmente ne hai letti più di me. >>

Ed ecco che perde il tipico sorrisetto furbo.

<< Mi hai chiamato per nome. Facciamo progressi, eh? >>
Ma, purtroppo, riecco la parte da idiota che riaffiora.

<< Volevo usare il cognome, ma è troppo lungo. >>
Mi giustifico, pur sapendo quanto la mia scusa sia debole.

<< Senti chi parla. Ki-ta-mu-ra. >>
Scandisce sillaba per sillaba e mi si avvicina, consapevole di essere snervante.

<< Senti un po', tu. Compra un elastico, mi stai facendo il solletico. >>

Gli afferro una ciocca mentre lo dico e l'effetto è quello desiderato.
Si allontana di colpo.
Ma, la sua espressione non è quella che mi aspettavo: si copre la bocca con la mano destra e si volta piano, rivelando una sorta di rossore sul viso.
Ma che gli prende?

<< Se non hai nulla da fare qui, non voglio prenderti tempo. Non mi serve una mano. >>
Lo dico senza nemmeno guardare nella sua direzione, e i suoi passi mi suggeriscono che presto si lascerà la porta alle spalle.

Non volevo essere scortese.
Non so cosa mi prenda quando si tratta di quel tipo.
È un testardo, stupido e fin troppo impulsivo.
Ma, per qualche ragione, con lui sono in grado di ridere, piangere, arrabbiarmi e mi sento...me stessa.

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