Dopo esserci esaminati entrambi, dalle dita dei piedi fino all'ultimo capello, mio padre, schiarendosi la voce con un colpo di tosse, mi disse che ero davvero bella.
Probabilmente percepì la mia tensione e per sdrammatizzare la situazione mi propose di andare a prendere un gelato.
D'istinto guardai mia madre, come per chiedergli il consenso, che ovviamente ottenni.
Erano passati parecchi minuti dal momento in cui eravamo partiti da casa e attimo dopo attimo l'imbarazzo cresceva.
Non avevamo ancora detto una parola, fino a quando lui iniziò a canticchiare una vecchia canzone passata in radio.
Con la coda dell'occhio, cercando di non farmi notare, l'osservavo farsi coinvolgere sempre piú dalla canzone e vedendolo muoversi, in una specie di balletto, in modo ridicolo e impacciato mi scappò una risata di bocca.
Sembrava spensierato ed entusiasta, in qualche modo tutto ciò mi aveva rassicurati e tranquillizzato.
Arrivammo davanti alla gelateria e uno accanto all'altro raggiungemmo l'entrata.
Fissai il bancone ricco di vari gusti per qualche secondo, fino a quando andai sul sicuro scegliendo il mio solito cono fiordilatte e nocciola.
Mio padre, massaggiandosi la barba, scrutava i gusti uno ad uno, con una tale concentrazione che quasi mi preoccupava.
La gelataia lo fissava stranita e dopo un tempo che sembrò interminabile se ne uscì con: "Mi faccia un cono identico a quello di mia figlia per favore!" Indicandomi con fierezza.
Quelle parole mi misero a disagio, soprattutto perché dette da lui e con tono sicuro, ma cercai comunque di andare oltre di fronte alla sua parte ingenua e tenera.
Dopo aver pagato andammo a sederci in un tavolino appena fuori dal negozio, in modo da gustarci con tranquillità i nostri due gelati identici.
La prima cosa che mi disse appena ci sedemmo fu: "Immaginavo che venissi solo tu, o meglio, speravo venissi almeno tu."
Io con aria amara risposi: "Beh, Caleb..." mi interruppe: " Lo so, lo so...Caleb é sempre stato un ragazzo testardo, proprio come vostra madre, non posso rimproverargli niente, anzi, non posso far altro che accettare la sua scelta, ma dimmi un po'... andate d'accordo?" Ribattei: "Oh sì, lui é speciale quanto buono, mi ha cresciuto tutto solo e modestamente devo dire che ha fatto un ottimo lavoro!" Scoppiammo entrambi in una grossa risata, anche se nel suo sorriso riuscivo a intravedere solamente sfumature grigie.
Mi chiese della scuola, degli amici, del mio ragazzo, dei miei passatempi...fu quasi un interrogatorio.
Lo vedevo davvero interessato e incuriosito dalle mie risposte, seguiva le mie parole alla lettera e ammetto che non mi ero mai sentita cosí ascoltata e compresa da qualcuno.
A volte mi sembra di parlare a vuoto, di sprecare solo fiato; mi ritrovo sola anche se in mezzo a tanta gente che in realtà si rivela esserci solo per abitudine o immagine, sento la necessità di parlare, di comunicare, allo stesso tempo sento il bisogno di essere ascoltata e non solo sentita.
L'atmosfera piacevole che si era creata venne interrotta dall'affanno improvviso nascosto dietro ai respiri dell'uomo seduto di fronte a me: iniziò ad agitarsi e a tossire frequentemente, il fiato risultava pesante e con la mano premeva sul petto come ad indicare un forte dolore.
La calma non mi é mai appartenuta e ovviamente, tanto per peggiorare la situazione, andai nel panico piú totale.
Mentre mi muovevo freneticamente avanti e indietro sentivo aumentare le palpitazioni.
Mio padre, con difficoltà, tirò fuori dalle tasche una una scatola di pastiglie e ne ingerí un paio inclinando leggermente indietro la testa.
Poco dopo potei tirare un sospiro di sollievo notando un miglioramento.
Successe tutto nel giro di due o tre minuti, tanto che non feci in tempo a metabolizzare il tutto.
Lui si avvicinò a me accarezzandomi una guancia e sussurrandomi: "Tranquilla Vickie...va tutto bene!"
Io balbettando chiesi: " Ma cosa ti é successo?"
Lui concluse: "Ora é meglio che ti riporti a casa, ci sará tempo per spiegarti ogni cosa, ogni!"
Lo accompagnai sotto braccio fino alla portiera della macchina e quando gli chiesi per la terza volta se fosse effettivamente sicuro di voler guidare mi zittì bruscamente, quasi offendendomi.
Il tragitto di ritorno fu silenzioso e rapido; non appena arrivammo davanti casa mia mi slacciai la cintura e mi ritrovai improvvisamente avvolta tra le sue braccia, finalmente mi lasciai andare.
Restammo in quella posizione per parecchi secondi, senza alcun tipo di disagio.
Forse stavo facendo la cosa sbagliata e forse la stavo facendo nel modo sbagliato, ma in quell'esatto momento io stavo bene, cosa mi importava del resto?
"Tesoro mio, promettimi che non dirai niente alla mamma riguardo a quello che mi é accaduto prima...voglio darvi tutte le spiegazioni che meritate non appena mi sentirò pronto per farlo, sai, non é facile!" Disse nel mentre ci staccammo dall'abbraccio.
Io annuii e prima di scendere dall'auto, guardandolo diritto negli occhi, esclamai: " Ciao...papa!"
Lui sorrise timidamente e fallí nel tentantativo di nascondere le lacrime, di gioia, che gli inumidivano il viso arrossato.

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Sei semplicemente incanto
Storie d'amoreVickie, una ragazza di 16 anni, vive una vita monotona e tranquilla, fino a quando una serie di incontri le cambieranno e stravolgeranno l'esistenza. In particolare quello con Jacob, un ragazzo complicato, esuberante e pieno di segreti.