La novità

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Eccomi qui, sono su una spiaggia ad osservare il tramonto. Guardo il cielo che è diventato di un bel rosso caldo, creando un'atmosfera che rassicura, ti fa sentire protetto, al sicuro, che ti fa dimenticare ogni problema. Intorno a me i miei amici che ridono e scherzano. Alcuni, sono impegnati ad accendere un falò per la sera, altri si rincorrono e si abbracciano felici. Io sono seduta in disparte, come se tutto questo sia solo un'immagine a rallentatore di un film strappalacrime. Sento le risate degli altri ma non ne sono partecipe, sono sola. Eppure ero lì in pace con me stessa, illuminata da una luce intensa e avvolgente. Ad un certo punto qualcuno mi chiama:
« Anastasia ». Mi guardo intorno e non vedo nessuno rivolto verso di me, tutti impegnati nelle loro faccende. Ma qualcuno continua a chiamarmi questa volta in modo più dolce.
« Signorina Anastasia per favore si svegli o farà tardi ! »
All'improvviso tutti mi fissavano, quelli che prima non si erano accorti di me come se fossi trasparente, ora mi fissavano e urlavano il mio nome «Anastasia ». Mi sentivo smarrita, all'improvviso il cielo era diventato nero, la sabbia era scomparsa sotto di me e tutti erano scomparsi fino a quando una doccia fredda colpì il mio viso facendomi sbarrare gli occhi e urlare: « Ma che diavolo sta succedendo ?! »
Alzai di scatto la testa, ero seduta su un grande letto a baldacchino a due piazze, in una camera illuminata dalla grande finestra che dava su un balconcino. Camera che ancora non mi era familiare. Dalla mia postazione riuscivo a vedere una stanza pressoché quadrata con pareti rosa cipria, alzando lo sguardo notai il grosso lampadario bombato di ferro e vetro che pavoneggia nella stanza. Di fronte al letto un grande scrittoio in legno color mogano che si apre con un congegno un po misterioso, ma credo che lo capirò col tempo. All'interno trovano alloggio le bottigliette e gli strumenti per dipingere, azzurro-ceruleo, rosa terra ecc. Alla mia destra la mia enorme cabina armadio semi aperta da cui si poteva ben sentire qualcuno che rovistava nelle mie cose. Mi alzai dal letto e iniziarono a colare gocce di acqua fredda sui piedi e di impulso mi passai una mano fra i capelli: erano bagnati fradici e come se non bastasse iniziavo ad avere freddo.
Spalancai la porta della cabina armadio e la persona al suo interno si voltò e mi rivolse un cordiale saluto
« Buon giorno signorina Anastasia, spero che il risveglio sia stato di suo gradimento » e continuò a rovistare nei miei vestiti. Spero davvero che sto sognando ancora, non si è nemmeno accorta che sono bagnata fradicia. Come fa a credere che sia stato un buon risveglio ?! Ma soprattutto chi era quella donna ? La osservai bene: aveva i capelli neri raccolti in uno chignon, se si può chiamare chignon un ammasso di capelli raccolti da una pinza, aveva il viso dolce con poche rughe intorno agli occhi. Indossava una gonna a tubino nera che le metteva in risalto quei po di fianchi in più, sembrava che la pancia le scoppiasse da un momento all'altro. Gambe snelle e décolleté abbinate alla gonna. Nella parte superiore indossava una camicia senza maniche, lunga fino al collo ricoperta di pizzo e con una grande spilla al centro del petto. Petto molto generoso che era un peccato vederlo stretto e rinchiuso così.
« Scusi ma lei chi è, ma soprattutto che ci fa nel mio armadio a frugare fra le mie cose ? ». Penso di essere stata un po dura perché all'improvviso la donna si voltò ed impallidì. Mi fece strada ed uscimmo dalla cabina.
« Ha ragione mi scusi, sono Adriana, sono stata assunta una settimana fa da sua nonna per il suo arrivo in questa casa ed oggi è il mio primo giorno di lavoro. Sono mortificata per non essermi presentata con lei e non stavo "curiosando" nelle sue cose ma le sto disfanno le valige ! ».
Disse tutto così in fretta che non capii nulla. Solo la parola "nonna" mi risuonava nella testa. Già la nonna.
« Penso che questa sia opera della nonnina giusto ? » e mi indicai i capelli bagnati. Lei mi sorrise mortificata. Alla fine andai nel bagno privato nella mia camera per una doccia bollente per rimettermi in sesto da quella secchiata di acqua fredda ricevuta in pieno viso nel bel mezzo di un sogno, solo per non farmi fare tardi il mio primo giorno di scuola, in una nuova scuola di una nuova città. Mi ero trasferita dalla nonna la sera prima accompagnata dai miei genitori Mr e Mrs Whatson. Appartenevo ad una delle famiglie più ricche di Londra ma con origine italiane da parte di mia madre. Alcuni mesi prima i miei genitori si degnarono di avvisarmi che per un lungo periodo sarebbero stati impegnati in alcuni viaggi per affari e che sarei stata solo un "peso" per loro e decisero di consegnarmi come un pacco a casa di mia nonna in Italia, a Milano, la grande città della moda. Pagarono un sacco di professori universitari, ognuno con più di 3 lauree, solo per farmi studiare la lingua italiana. Alla fine ne sapevo più io che loro. Quella sera, dopo il tragitto nell'aereo privato dei miei genitori arrivammo all'aeroporto di Milano, dove ci accolse l'autista privato della nonna, Luca se non ricordo male. Durante il viaggio ero incantata dalle luci della grande città, guardavo ad occhi spalancati le strade illuminate, la metropolitana e i negozi con le più grandi firme di tutto il mondo, da Prada a Valentino. Arrivammo ad un enorme portone in legno, con la maniglia dorata. Luca ci venne ad aprire la portiera e mentre scendevamo dall'auto aveva già dato disposizioni a due camerieri di portare i miei bagagli all'interno. Alzai lo sguardo e vidi un enorme palazzo d'epoca, ricco di finestre a volta. Una signora ci stava aspettando all'ingresso, erano anni che non la vedevo ma non potevo sbagliare: era la nonna. All'inizio non mi degnò di uno sguardo ma ci fu subito intesa fra di noi. Non era la persona che mi aspettavo ovvero la solita vecchietta, vedova e col bastone. Sembrava invece una ventenne, sprizzava gioia e felicità da tutti i pori. Indossava dei pantaloni di seta bianchi, larghi sulle gambe e stretti in vita, una maglia di cashmer marrone, una lunga collana di perle di un colore roseo e orecchini a goccia. Non era per nulla una vecchia arpia come l'avevo immaginata, non aveva dei lunghi baffoni al posto del mento e nessun grosso naso alla befana. Aveva la pelle vellutata e curata, un naso schiacciato e delle sottili labbra. Capelli biondo cenere a caschetto che le arrivavano appena sotto le orecchie. Non feci neanche in tempo ad entrare in camera che i miei genitori si erano dileguati. Quanta fretta di lasciare la loro unica figlia con degli sconosciuti perché a pensarci bene, non conoscevo nulla della nonna, l'ultima volta che l'ho vista avevo 6 anni ora invece ne avevo 16, e non solo gli anni erano diversi ma io ero diversa. A sei anni ero gracilina, bassa, con gli occhiali e l'apparecchio. Solita fortuna di avere genitori miliardari che volevano la perfezione e che non si potevano permettere una figlia con un dentino storto. Ora invece sono una ragazza alta un metro e settanta, peso all'incirca 52 kg, porto la taglia 42 che per la moda di Londra contrastava con le perfette ragazze con la 38 e quindi mi definivano "grassa", ho una seconda abbondante di seno e credevo che tanto piatta non ero, un sedere tondo, dei lunghi capelli lisci e biondi che scendevano lungo le spalle, carnagione chiara, un viso piccolo e leggermente tondo, labbra carnose che odio e i gli occhioni azzurri. Uscita dalla doccia, diretta in camera notai sul tavolo in fondo alla camera la mia colazione, latte macchiato e croissant, credevo che almeno dalla nonna avrei avuto una colazione in famiglia e non sempre sola. Ora era anche peggio, sola e in camera. Ho messo la prima cosa che mi passava per la testa, qui nessuno mi conosceva potevo fare ciò che volevo. Non avevo amici a Londra, almeno non veri amici, non andavo alle loro feste mondane e tutti credevano perché ero troppo viziata e con la puzza sotto al naso per partecipare a feste così, ma soprattutto non avevo una migliore amica che alla mia età era quasi d'obbligo. Mi misi un vestito rosa che non arrivava al ginocchio, i collant parigini bianchi e dei stivaletti beije con strass, presi il mio zaino rosa confetto e uscii dalla camera. Non mi ero accorta che la sera prima non avevo visitato la "casa palazzo" della nonna quindi per me era tutto nuovo. Era una casa di 3 piani con l'aggiunta dell'attico dove viveva l'autista Luca. Al primo piano c'erano due bagni, la cucina nera con ripiani di marmo e un'isola nel mezzo della stanza con quattro sedie intorno, una sala da pranzo color panna, un salone molto ampio riscaldato da un camino di pietra, davanti ad esso un divano ad U marrone con delle poltrone della stessa tonalità e infine uno studio. Al secondo piano le camere da letto, la mia quella della nonna e alcune preparate per gli ospiti. Al terzo piano la nonna non faceva salire quasi nessuno, mi domando il perché. La casa inoltre aveva lunghi corridoi con parquet, alti muri dipinti a mano, piccoli tavoli d'oro e grandi lampadari di cristallo, se questo non è ostentare non so che altro sia. Decido di scendere nel salone dove vedo la nonna addentare un croissant mentre con l'altra mano girava il suo thè. Mi vide da lontano: « Oh buongiorno tesoro, mi dispiace per averti svegliata in quel modo ma era davvero necessario e non potevo fare altrimenti ». Che faccia tosta ha. Forse l'ammiro per questo. « Buongiorno nonna, è sempre un piacere essere svegliata con un secchio di acqua ghiacciata, dovresti farlo spesso. »
Ben le sta. Mi sorrise e chiamò il suo fidato autista per farmi accompagnare a scuola. Mi aveva informata che avrei portato il suo cognome italiano e che tutti mi conoscevano come Anastasia Leone (preferivo il mio cognome originale a sentire questo mi sarei messa a fare le fusa), che sarei andata in una scuola pubblica e non privata così che avrei fatto amicizia con più persone e non con i soliti damerini (parole sue), che la scuola si trovava in pieno centro e che mi sarei trovata bene. Il viaggio da casa a scuola fu breve, circa una decina di minuti, ma Luca era davvero troppo serio e professionale, non mi rivolse neanche una parola. Guardando le strade notai che tutti raggiungevano scuola a piedi o in scooter, nessuno aveva un'autista privato e non volevo fare la solita figura della ricca Londinese. Chiesi a Luca di fermarsi e farmi scendere a due strade prima della scuola e che all'uscita lo avrei raggiunto li. Credo che la pensasse come me, perché mi sorrise. Cavolo quell'uomo duro tutto giacca e cravatta con l'auricolare nelle orecchie a stile bodyguard mi ha sorriso. Ora poteva anche volare un asino che non mi sarei sorpresa. Scesa dalla macchina respirai l'aria di Milano, fresca, frenetica, in movimento, ricca di vita. Un altro motivo per cui non sarei mai voluta tornare a Londra. Mi diressi verso scuola a passi lenti per assaporare pian piano questa novità. Arrivata davanti al cancello della scuola mi innamorai del lungo cortile ricco di aiuole ed alberi e della fontana nel mezzo nel giardino retrostante. Notai che lungo il recinto di pietra levigata c'erano graffiti con promesse d'amore che magari erano già finite da un pezzo, forse la pensavo così per invidia. Non avevo avuto chissà quanti fidanzati, finivano sempre il giorno dopo, ne avevo dato il primo bacio se non contiamo quello a stampo causato dal gioco della bottiglia in terza media. Ero troppo impegnata a guardarmi in giro che urtai contro un ragazzo finendo direttamente col sedere per terra. "Ai che male". Il ragazzo in questione si girò e mi offrì una mano con gli occhi spalancati:
« Oddio che botta, dovresti stare più attenta, ti sei fatta male ?» No guarda sto a terra col sedere dolorante per testare il territorio. Ma questo lo tenni per me, non potevo essere scortese, infondo non era stata colpa sua. Quindi accettai il suo aiuto e gli afferrai la mano tirandomi su. « Grazie per la mano, e scusa se non ti ho visto, comunque non ti preoccupare non mi sono fatta nulla.» Gli sorrisi e lui ricambiò il sorriso. Un sorriso perfetto, denti bianchi che sbucavano da delle labbra che sembravano morbidissime. Impossibile non notare un ragazzo così. Era alto un po più di me, abbastanza muscoloso, aveva i capelli castani con un ciuffo ribelle sulla fronte, occhi verde scuro che ti trafiggevano. Indossava un paio di jeans attillati una maglia bianca a mezze maniche di cotone con alcuni bottoni sul petto e ai piedi un paio di mocassini. Rimasi incantata, poi mi accorsi che avevo ancora la sua mano stretta nella mia e come se una scossa mi aveva trafitta la lasciai, arrossendo un po. Fortuna che il fondotinta fa miracoli. Speriamo che non se ne sia accorto, mi stava fissando in un modo alquanto strano e sospettoso, meglio filarsela. Mi voltai per proseguire quando la sua voce mi bloccò:
« Comunque piacere, mi chiamo Riccardo, devi essere nuova, non ti ho mai vista ed è strano non notare una come te.»
Una come me ? In che senso ? Spero sia un complimento..
« Si, sono nuova, sono arrivata ieri qui a Milano e questo è il mio primo giorno di scuola qui ».
Come risposta poteva andare, invece lui fece una grande risata di spirito facendomi sentire piccina piccina.
« È il primo giorno di scuola per tutti, anche se sono anni che alcuni di noi veniamo qui, ad esempio io devo frequentare il quarto anno di scientifico. Tu ? »
Beh è vero non era il primo giorno solo per me, c'era chi entrava in quella scuola per la prima volta come me, magari è caduto anche come me incontrando un Riccardo qualsiasi. «Io devo frequentare il terzo anno, ma di linguistico e non so davvero dove andare, magari più tardi cadrò a terra nei pressi di qualche professore, sperando di cadere sul morbido questa volta ! ». Detto questo entrambi sorridemmo e poi decisi che era il momento di scoprire questa scuola e di smettere di esplorare il sorriso di questo ragazzo. Feci un cenno con la mano per salutarlo e mi diressi verso l'ingresso.

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