Capitolo 1 - Ninfomane di m*

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Mi sto annoiando a morte, cazzo.

Tasto i fianchi consumata dal bisogno della mia nuova droga, ma oggi ho messo i leggings e non ho tasche. Mi avvicino alle sedie e prendo la borsa, trovando subito ciò che cerco; lascio la sacca semi-vuota sul sedile di stoffa e rompo l'incarto argentato. Maledetti bastardi, è tutta colpa loro. Me la pagheranno cara. Lui per primo.

Mastico una gomma alla menta, l'ennesima da giorni, e passo il pacchetto a Zoe, che mi fa segno di dargliele seduta due file più sopra.

Sono nervosa e ora più che mai ho una voglia matta di fumare. Da due anni mi faccio bastare qualche tiro nei momenti peggiori, non voglio riprendere il vizio. Non devo riprenderlo. Ma, cazzo, quanto vorrei farmi una canna! Mi andrebbe bene anche un po' di quel tabacco scadente che si porta sempre dietro Tamara. Anzi, accetterei anche una schifosa Luky Strike pur di stendere i nervi.

Scarico la frustrazione schiacciando più volte la gomma fra i denti e mi volto. «Se dovete passare la pausa pranzo a limonare, andate da un'altra parte, che cazzo!»

Tam ridacchia. «Che c'è? Sei gelosa?» Sorride strafottente, spostando le lunghe trecce scure dietro alla schiena. «Scommetto che non scopi da quando Hayden se n'è andato. È questo il tuo problema: ti si è seccata!» Scoppia a ridere, sguaiata.

Gli occhi verdi di Victoria mi fissano come se volessero dirmi "Scusala", ma non la scuso per un cazzo. Oggi non è giornata.

Cammino verso di loro a passo svelto, afferro Vic per la nuca e la bacio. La sua bocca è intrisa di vodka al lampone e cocco, la sua preferita. Ma dove diavolo l'ha presa? E perché non me ne ha dato un sorso? Anche se è troppo dolce persino per i miei gusti, l'avrei bevuta lo stesso.

Ci divido e sorrido guardando il viso sconvolto di Tamara. Così impari, stronza messicana!

Mi avvicino alla finestra, masticando più volte la gomma per eliminare il gusto di lampone; poggio le braccia sul davanzale, lasciando molleggiare le mani nell'aria, e gonfio un pallone, che scoppia quasi subito.

Anche se quelle due stanno insieme da mesi, Victoria continua ad avere una sorta di cotta per me e Tam ne è gelosa marcia. La prossima volta ci penserà bene prima di tirare fuori la storia di Hayden. Lui sì che sapeva dove mettere le mani, non è affatto facile rimpiazzarlo. In questa stupida scuola ci sono solo ragazzini arrapati con la personalità vivace di un comodino, figli di papà che conquistano una scopata mostrando la Ferrari e giocatori di football con il cervello grande quanto uno dei chiodini che hanno sotto le scarpe. Nessuno fa al caso mio, non sono così disperata.

Poso la guancia sul palmo della mano e scoppio un palloncino. Ne gonfio un altro, ma mi fermo per ridacchiare. Ma dai, già qui? Non credevo che li avrei rivisti tanto presto, non tutti insieme perlomeno. Forse avrei dovuto lasciare più roba in quei borsoni.

«Già vi hanno fatti uscire?» grido sorridendo.

Vestiti quasi tutti allo stesso modo, come se il nero li identificasse a membri del gruppetto di sfigati che sono, camminano sul vialetto che porta al centro del campus, o più precisamente al laboratorio di ingegneria dove vegetano anche durante le ore di lezione.

Lui si ferma e gli altri, da bravi cagnolini addomesticati, lo emulano. Giubbotto di pelle, jeans neri, anfibi slacciati... avrà altri vestiti? O magari ricicla sempre la stessa divisa banale da bad boy di romance scadenti. I raggi di sole esaltano i riflessi rossicci della matassa di ricci da bambola di porcellana mentre i Ray-ban scuri si puntano su di me.

Sebastian Meyer solleva il dito medio e mi sorride. Ricambio il saluto con lo stesso gesto, masticando la gomma. I suoi lacchè sghignazzano prendendo in giro una coppia di ragazze che accelera il passo per entrare nell'ateneo di Scienze umane. Che razza di idioti. È così che passano il tempo? Uno di loro mi è sempre parso tranquillo, troppo fuori contesto, mentre gli altri quattro sembrano creati con lo stampino. Fanno un sacco di cazzate, ma tanto hanno il culo coperto.

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