Capitolo 3 - Vai a farti f*

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All'interno del capitolo è presente l'illustrazione di una chat, che non verrà caricata se leggete off-line.

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Stanotte non ho chiuso occhio.

Dopo essersi lamentato per circa un'ora, papà ha vomitato tutto l'alcol che aveva ingerito. Per fortuna questa volta sono riuscita a farlo entrare in tempo in bagno e a fargli centrare il vaso. Dopo averlo messo a letto, mi sono fatta una lunga doccia e poi ne ho fatta un'altra stamattina perché sentivo ancora addosso il puzzo di vomito.

Non ho alcol a casa e non ho alcol a scuola; vorrei fumare, ma se lo facessi tutti gli sforzi fatti fino a oggi andrebbero a farsi fottere. Mi resta il sesso, o meglio mi restava, adesso non posso sfogarmi neanche con quello.

Frustrata, sputo la gomma priva di gusto fuori dalla finestra e prendo il cellulare dalla tasca dei jeans. Devo rispondere a Den. So che rientrerà a Jacksonville per prendere delle cose da casa di Vivian che gli servono ad Atlanta e se venisse oggi mi farebbe un gran favore.

«Dianne, stanno arrivando quei rompicazzo della vigilanza» dice Vic.

Annuisco e m'incammino verso l'uscita. «Andiamo giù. Ho ancora quasi un'ora prima della prossima lezione». Infilo lo smartphone nei pantaloni ed esco dall'aula.

«Io e Zoe abbiamo letteratura fra un po'». Claire si tocca i capelli di continuo, il gel non tiene su la cresta. «Ma Monica? Ah, eccola!»

Monica sbuca sul fondo del corridoio. «Ehi! Stanno arrivando quei cazzoni in divisa. Non si può più stare in pace qui dentro da quando ci hanno confiscato la roba» sbotta avvicinandosi. «Perché non cambiamo posto?» Si ferma a un passo da me ma non mi guarda, troppo impegnata a fissare lo schermo del suo cellulare.

Ancora mi è difficile credere che Sebastian l'abbia scaricata. Immaginarli a scopare nel bagno è stato... fastidioso.

«Lo sappiamo. Per questo stiamo andando giù» risponde Tamara. Stamattina il suo mal di testa è tanto forte che mi pare di riuscire a sentirlo. Vic le parla a stento, non credo che ieri si siano chiarite.

Il telefono vibra in tasca e lo prendo, ma invece di leggere il messaggio mi fermo a guardare la stella sull'anulare. Odio ammetterlo, ma non riesco a dimenticare la sensazione della sua lingua sulla pelle, né i brividi d'eccitazione che ne sono scaturiti. Non ci eravamo mai sfiorati prima e quel gesto inaspettato mi ha confusa. Esatto, è per questo che non riesco a smettere di pensarci: mi ha presa alla sprovvista in un momento di forte stress e non dovrà accadere mai più.

M'incammino verso la porta d'emergenza, l'allarme è ancora fuori uso.

Sblocco lo schermo.

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