46 - Tse Tse

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La vecchia porta in legno scuro si aprí istantaneamente al suono dei miei passi nel corridoio e io vidi i suoi occhi, così simili ai miei, illuminarsi e farsi lucidi mentre con voce tremante mi salutava: - Ciao Ale...-

Mi dava fastidio vedere l'emozione e l'attesa nel suo sguardo che sapevo l'avevano accompagnata per tutto il giorno, solo in vista di quell'incontro. Forse perché non li ritenevo sinceri o forse perché mi sentivo in colpa di non provare le stesse cose.

-Sai che non voglio che mi chiami...- esordii freddamente porgendole lo scatolone della pizza, rigorosamente vegetariana.

Lei come al solito non si fece intimidire e prendendolo in mano sorrise:- È l'unico modo che ho per vederti a Natale.-

Evitai di replicare che se non mi avesse abbandonato con quell'uomo avrebbe potuto vedermi ogni sacrosanta festività.

-So che devi lavorare, ma entra solo un secondo... ho qualcosa per te.- mi propose gentilmente.

- Non voglio nulla da te, lo sai.- feci scocciato, dandole le spalle per andarmene.

-Non è proprio per te, è per. ..è per Simone.- si corresse lei con voce tremante e, percependo la mia curiosità, si affrettò a spiegare: - L'ho incontrato con sua nonna l'altro giorno dopo tanto tempo... è proprio cresciuto...gli ho fatto un pensiero per Natale.-

Decisamente l'interesse di mia madre per Simone mi stupì. Checché ne pensasse mio padre in realtà lei non aveva alcun tipo di rapporto con quella famiglia il cui destino si era così intrecciato al suo e anche al mio. Il mio desiderio di aiutarli economicamente non era dovuto a qualche mio tentativo di ammenda in seguito all'incidente, che era stato accantonato dal tribunale come una tragica fatalità. Ciò che mi legava con profondo affetto a Simone e a sua nonna era quello che Asia aveva fatto per me, e quello nessuno dei miei sforzi avrebbe potuto ripagarlo.

La sua voce mi richiamò con cortesia: - Entra solo un minuto...per favore.-

Chiusi gli occhi indeciso, non era certo quella la serata in cui volevo rievocare il passato con mia madre ma non appena pensai di scappare, gli occhi azzurro cielo di Asia mi ritornarono in mente ed io cedetti, come avevo ceduto allora.


Attraversai la soglia della porta e fui sorpreso di riconoscere, in quel piccolo ingresso, lo stesso profumo che permeava gli armadi di quando ero bambino . Decisamente la passione di mia madre per la lavanda provenzale non era cambiata in tutti quegli anni.

Lei mi osservò un po' stupita da quel passo in avanti che avevo fatto e poi con voce tremante mormorò: -Grazie...io non... non ci speravo quasi più dopo il Natale scorso...-

Non ero intenzionato a rinvangare il nostro ultimo incontro, la nostra ultima litigata: - Dammi ciò che vuoi e lasciami andare.-

Se la freddezza nelle mie parole la turbò non lo diede a vedere, e con un gesto mi disse:- Siediti un secondo sul divano vado a prendere il regalo per Simone.-

Io feci come mi era stato detto, guardandola allontanarsi zoppicante, coi suoi capelli grigi sulle spalle e il suo bastone che compensava la gamba destra ormai in gran parte paralizzata, ricordo dell'incidente.

Presi ad osservare curioso quel piccolo bilocale che da cinque anni era diventato la casa di mia madre. Non sapevo molte cose su di lei riguardo a come viveva prima dell'incidente, mio padre aveva accennato ad una convivenza con un uomo, ma non mi importava. Dopo quei mesi in ospedale, lei mi aveva riferito di sentirsi profondamente cambiata e quindi si era sistemata nuovamente in città, in quel piccolo appartamento, desiderosa di mettere ordine nella sua vita e di recuperare gli affetti più cari.

Primum Non NocereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora