1 - Trentaquattro millisecondi

3.4K 166 10
                                    


Rilessi la mia calligrafia spigolosa, per essere certa di non aver capito male il professore di neurologia.

"I primi trentaquattro millisecondi in cui un individuo si trova davanti ad un altro individuo o ad un oggetto sono fondamentali, poiché in questo brevissimo lasso di tempo la sua corteccia prefrontale capisce:

- se l'oggetto visto si può mangiare,

- se l'animale ci vuole mangiare ovvero se dobbiamo instaurare un meccanismo di difesa,

- se vogliamo riprodurci con la persona in questione."


Alzai lo sguardo dubbiosa sul vecchio col camice bianco che, in piedi dietro alla cattedra, stava concludendo soddisfatto:- La lezione è finita. Ci vediamo domani con le vostre cortecce cerebrali ben più attive, spero.-

Il commento sarcastico della mia migliore amica, seduta accanto a me, non si fece attendere:- Sicuro! Alle sette e mezza di sera, dopo otto ore di tirocinio la mia probabilmente si è già suicidata insieme a tutto il mio tronco encefalico.-

Io non riuscii a trattenere una risata mentre riponevo nello zaino gli appunti di quella lezione e sentivo la mente cominciare a rilassarsi dopo quella giornata infinita.

Elisa continuò imperterrita:- L'unica cosa che mi convince ad andare avanti in questa dannata facoltà è che siamo all'ultimo anno: sei fottutissimi mesi a quel dannato pezzo di carta, poi me ne vado a vendere noci di cocco a Bali.-

Le sue parole fecero sorridere anche Davide, un ragazzo dai capelli color cenere seduto alle nostre spalle, che commentò sottovoce preoccupato:- Sei mesi se quel pazzo di Vernavola convalida il tirocinio di neuro per accedere al suo esame.-

-E' così severo?- chiesi sconsolata da quei continui ostacoli: – Non c'è la possibilità di finire con qualche specializzando più comprensivo?-

Massimo, seduto accanto a lui, si risistemò gli occhiali, che dopo sei anni sui libri aveva cominciato a portare e rispose:- Tu saresti più comprensiva passando dodici ore in ospedale tutti i giorni per uno stipendio da fame? Non ci spererei troppo...-

Sospirai affranta e sentii la mano della mia amica posarsi sulla mia spalla incoraggiante:- Dai Sara! Vedremo chi ci capiterà, questa sera non pensarci!-

-Fate serata da qualche parte?- chiese il biondo e sorridendomi aggiunse:- Lo sai che mi devi ancora una birra per quegli appunti di cardiologia?-

Io mi concentrai sullo zaino imbarazzata, consapevole di aver rimandato quell'appuntamento fin troppe volte ed ero quasi rassegnata ad affrontare la questione quando la mia coinquilina parlò in mio soccorso:- "Serata?" Ma perché abbiamo ancora una vita sociale? Il nostro svago si limita ad una notte con birra e pizza di fronte al più intricato mistero del genere umano.-

-I fasci piramidali che decorrono nel midollo spinale?- si intromise Massimo ridendo.

-No, peggio.- rispose Elisa avvolgendosi nella sua sciarpa di lana rosa pallido e concludendo con solenne serietà:- Lost.-

E in quel momento scoppiarono tutti a ridere, e io li seguii uscire dall'aula uno dopo l'altro pronti ad affrontare la nebbia e il gelo di quel novembre.

Decisamente quello era il tempo che più mi si addiceva. Il freddo, i tirocini e lo studio erano per me essenziali per anestetizzare il mio animo, perchè mi impedivano di pensare al mio passato, di immaginare un futuro, consentendomi unicamente di focalizzarmi sul presente. Quello era tutto ciò di cui avevo bisogno. Da fuori probabilmente la mia vita sarebbe apparsa perfetta: un futuro medico di venticinque anni che aveva un mondo paradisiaco davanti a sé. La realtà però era ben diversa poiché alle mie spalle c'era l'inferno da cui non ero affatto uscita.


Quella sera, dopo una doccia calda, osservai il mio riflesso nello specchio appannato. Osservavo i miei occhi e rivedevo i suoi, sentendo il dolore risalire dentro di me. Erano così chiari, così trasparenti, così densi di ricordi che fui costretta a deviare lo sguardo. Tanto conoscevo il mio aspetto, i miei capelli ramati dalle punte perennemente sfibrate che amavo portare legati, senza ciuffi sfuggenti, il mio seno tondo, i miei fianchi larghi e la mia pelle macchiata da infiniti puntini marroni che preannunciavano il mio rischio di melanoma. Ero una ragazza come tante, se non fosse stato per i suoi occhi, ma per fortuna lì in quella città universitaria che mi aveva adottata, nessuno coglieva la somiglianza. L'unica che avrebbe potuto era la mia migliore amica, nonché coinquilina, ma era l'unica che ero certa non l'avrebbe mai fatto.

- Sara! Leo ha suonato alla porta, ma mi sto togliendo le lenti a contatto...-

Il suo grido d'aiuto mi riscosse da quei pensieri, ricordandomi i progetti per quella serata. L'appuntamento settimanale con Lost riusciva sempre a tirarmi su il morale, specialmente quando accompagnato dalla calda pizza d'asporto che avevamo appena ordinato. Inoltre la presenza del nostro amico d'infanzia, che da qualche mese si era trasferito a vivere in città per studiare design, non poteva che migliorare le cose, distraendoci da quel mondo fatto di camici ed antisettico per le mani. Per me quei due rappresentavano davvero una sorta di genitori adottivi, una seconda famiglia ed ero davvero molto legata ad entrambi.

Per quello quando sentii nuovamente suonare il campanello ed Elisa gridare "Vai tu?!" non mi preoccupai di avvolgermi anche se ancora gocciolante in un asciugamano e correre ad aprirgli per non lasciarlo fuori al freddo. Non c'era imbarazzo o malizia, poiché decisamente Leo ci aveva viste in condizioni ben peggiori e più imbarazzanti, ma soprattutto ero assolutamente certa di essere lontanissima dai suoi gusti sessuali.

Così, con i capelli bagnati e i piedi nudi feci una corsa ad aprire la porta:- Leo entra! Siamo quasi pront...-

Le parole mi morirono in bocca nel vedere sulla soglia del nostro portoncino di legno non quel mingherlino di Leo, bensì un uomo decisamente più alto, con uno strano cappellino con scritto "Da Luigi" in testa ed in mano tre cartoni di pizza fumanti.

Mi ci vollero meno di trentaquattro millisecondi per rendermi conto di aver aperto seminuda la porta ad un estraneo ed innescare la mia ridicola reazione di difesa.


Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Primum Non NocereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora