Prima Parte

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9 years old

Caldo.
Solo quello percepiva.
Il calore dei raggi solari, di quella giornata di pieno luglio, si infrangevano sulle sue ciocche castane, donandogli qualche riflesso più chiaro, e sulla sua pelle candida.
Anche se, restando tutto quel tempo al sole, probabilmente si sarebbe guadagnato qualche scottatura, e sicuramente una bella lavata di capo da parte della madre.
Ma ormai, Tōru, era abituato a tutte quelle ramanzine.
Era un bambino vivace, solare, il suo sorriso -con qualche dentino da latte in meno- riusciva a trasmettere molta felicità.
Capitava, come giusto che sia, che qualche volta faceva i capricci, piangendo e mostrando un bel broncio per una giornata intera.
Forse voleva incutere timore a chi lo aveva fatto arrabbiare, ma sul suo viso ancora dai tratti dolci, quell'espressione, lo faceva risultare ancora più adorabile.
Era già abbastanza alto per la sua età, con due grandi occhi castani e capelli del medesimo colore.
Il suo corpo magro e minuto era tappezzato da qualche cerotto qua e là, testimoni di tutti i guai che combinava.
Amava mangiare pane al latte, rotolarsi tra l'erba del giardinetto di casa sua, gli alieni e, in particolar modo, la pallavolo.
Sin da quando, insieme ai genitori, aveva osservato alla televisione una partita di pallavolo, ne era rimasto affascinato all'istante.
Ogni giorno, restava per anche 2 o 3 ore ad allenarsi nel suo giardino, provando a fare dei palleggi o dei bagher.
E, quel giorno, la situazione non era affatto differente.
Stava cercando di raggiungere un nuovo record di palleggi continui.
Il suo record attuale era quello di 14 palleggi continui, risultato che per lui, ai tempi, era leggendario.
Inutile dire che se ne vantò con tutti i suoi compagni di classe.
Peccato che nessuno di loro fosse un grande amante della pallavolo, forse perché ancora piccoli, forse perché, dopotutto, il mondo è bello perché è vario.
A Tōru, infatti, non piaceva molto stare con gli altri bambini, proprio perché nessuno condivideva gli stessi suoi gusti.
Ma poco meglio, significava che poteva starsene tutto il tempo ad allenarsi nella pallavolo senza essere infastidito.
Il suo sogno, a quei tempi, era quello di giocare ad una vera e propria partita di pallavolo e di diventare un campione.
Il bambino, però, sapeva che, per realizzare il suo sogno, aveva bisogno di altri compagni.
E spesso, il timore di non riuscire a trovarli oppure il senso di solitudine, si facevano intensi dentro di sé.
Avrebbe voluto tanto trovare anche solo un amico con cui condividere la sua passione più grande.
Eppure, rimaneva sempre solo.
Per far distrarre la mente dai quei pensieri, prendeva il pallone e ci giocava un po'.
Era probabilmente la trentesima volta, solamente in quella giornata, che provava a battere il suo record.
La fatica si faceva sentire, e le goccioline di sudore erano diventate numerose ad ornargli il volto.
Il respiro diveniva più veloce, e lui più stanco.
Ma per nulla al mondo avrebbe mollato.
Arrendersi, a parer suo, era per i deboli.
E lui non si considerava affatto debole.
Raccattò la palla da terra, lanciandola in aria sopra di sé, per poi compiere un palleggio dopo l'altro.
11, 12, 13, 14...
ne mancava solo uno per stabilire il suo nuovo record.
Ce la poteva fare, dentro di sé sentiva che quella era la volta giusta.
Purtroppo, al quattordicesimo palleggio, lanciò la palla un po' troppo indietro il suo capo.
Il bambino non riuscì a recuperarla a causa delle sue braccia ancora poco lunghe e allenate, e quindi la palla finì per terra, emettendo un piccolo tonfo attutito dall'erba verde.
Tōru si voltò verso l'oggetto sferico, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e provando a riprendere fiato.
Si portò le manine ai capelli, stringendo le ciocche castane in due pugni mentre dalla sua bocca fuoriusciva un ringhio di frustrazione e sul suo volto compariva un'espressione irritata, ma alquanto buffa.
Con rabbia diede un forte calcio alla palla, che raggiunse il parchetto di fronte casa sua.
Peccato che quel posto era in discesa, quindi il pallone continuò ad allontanarsi.
Realizzato ciò che stava accadendo, attraversò la strada che separava casa sua da quel parco, inseguendo la palla, la quale ormai si era avviata verso i grossi alberi che segnavano la fine del parco e l'inizio di un boschetto.
Torū si inoltrò all'interno di esso ma, correndo senza sosta ed attenzione, inciampò su un rametto e cadde rovinosamente sul terreno, rotolando fino a valle.
Quando finalmente la discesa terminò, riuscì a fermarsi, restando seduto a terra.
"Ohi ohi..." sospirò, massaggiandosi dolorante il capo.
Si alzò, pulendosi frettolosamente i vestiti dalle foglie e dal terreno che vi si erano situati sopra, chinandosi poi in avanti per raccogliere la palla.
Quando provò a prenderla, sentì su di essa altre due mani.
Alzò lo sguardo, notando un bambino che lo guardava confuso.
Tōru sgranò gli occhi, indietreggiando di scatto ed emettendo un urlo ben poco virile.
"Tutto okay?" domandò l'altro bambino, alzando il sopracciglio.
Il castano ritrovò compostezza, tossendo lievemente, come se nulla fosse successo.
Stava quasi per rispondere, ma dedicò qualche secondo a osservare l'ambiente attorno a sé.
C'era un piccolo fiumiciattolo, che separava il bosco in due sponde differenti.
Il bosco, dall'altra parte, continuava infinitamente, caratterizzato dalla stessa fitta vegetazione che vi era nella parte che aveva appena attraversato Oikawa.
Un po' incuteva paura quel posto, alzando il capo vi erano le possenti chiome degli alberi che facevo filtrare poco i raggi del sole, tranne dove vi era quello strano bambino.
Il fiume e una parte di entrambe le sponde erano illuminate, mentre il resto del bosco un po' meno.
Tōru si ritrovò a fissare quel bambino.
Era sicuramente più basso di lui, ma aveva una corporatura più robusta e la pelle più abbronzata.
I suoi capelli castano scuro avevano una forma appuntita alquanto bizzarra, ma non per questo brutta.
Anche il suo corpo era coperto di cerotti, e Tōru si ritrovò a pensare che quel ragazzino lo stava incuriosendo sempre di più.
Notò, però, che sul suo viso stava comparendo un'espressione un po' infastidita.
"Ti hanno mangiato la lingua o cosa?" domandò il moro, sorridendo leggermente alla vista dello sguardo imbarazzato di Oikawa.
Quest'ultimo si avvicinò al misterioso bambino, riprendendo la palla dalle sue mani e sussultando impercettibilmente al contatto avvenuto tra le loro mani in quel secondo.
'Ha le mani fredde' pensò.
Tōru, però, non volevo abbandonare quel posto, ne tantomeno quel bambino.
Nell'aria governava un silenzio imbarazzante mentre i due bambini si fissavano timidamente.
"Come ti chiami?" chiesero all'unisono, pentendosene successivamente.
Sì, quella situazione era decisamente imbarazzante.
"Io sono Iwaizumi Hajime, tu?" disse, porgendogli la mano.
Tōru prese sotto un braccio la palla, stringendo poi la mano del moro.
"Io sono Oikawa Tōru".

Patches~IwaOi || CompletataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora