Mi svegliai di soprassalto , stordita e col fiato corto, cercando di capire dove mi trovassi.
La luce del sole filtrava delicata attraverso le spesse tende grigie appese alla finestra della mia stanza, e il fastidioso ronzio della sveglia mi rimbombava incessantemente nelle orecchie.
-Merda..- mormorai tornando a stendermi sui morbidi cuscini del letto, coprendomi il viso con un braccio.
Era solo un sogno, mi tranquillizzai, sporgendomi verso il comodino per disattivare quell'aggeggio infernale che non accennava a darmi pace.
-Lux!- chiamò mia madre dal corridoio. Con fatica mi rimisi a sedere stropicciandomi gli occhi, trovando finalmente il coraggio di alzarmi dal letto.
Mi avvicinai strisciando alla scrivania, accesi la macchinetta del caffè e inserii la cialda del Ginseng. Mentre aspettavo che fosse pronto andai ad aprire la finestra, così da lasciar entrare un po' d'aria fresca e godermi per l'ultima volta il bel panorama che la mia camera offriva.
Ammirai i palazzi che sorgevano imponenti difronte al mio, la strada sporca e gremita di persone che si stendeva verso il basso e il parco deserto che sbucava in fondo ad essa.
I miei occhi percorsero per l'ultima volta ogni angolo di esso, ricordando a memoria ogni magnifico momento passato in quel luogo.
-Lux, siamo già tutti pronti!- sentii gridare nuovamente, stavolta poco distante dalla mia camera -stiamo solo aspettando te!-
-Mamma sono già in piedi- risposi -il tempo di darmi una sistemata e scendo sotto-
Il rumore dei tacchi si avvicinò alla porta, la quale venne spalancata dopo pochi istanti facendo comparire la snella figura di mia madre nella stanza.
Si guardò un istante intorno, facendo vagare lo sguardo lungo tutti i borsoni sparsi sulla moquette e annusando l'aria insospettita. La sua espressione si addolcì immediatamente e le sue labbra si incurvarono in un sorriso di incoraggiamento.
-Su sbrigati, siamo già in ritardo e il viaggio è molto lungo- disse, e senza aggiungere altro chiuse la porta e andò via, lasciandomi da sola.
Aspettai ancora un istante prima di voltarmi e fiondarmi sul borsone affianco alla scrivania.
Via libera.
Lo aprii ed estrassi la mia bella pochette rossa, afferrai una delle bustine buttate lì dentro alla rinfusa e rimisi tutto al suo posto.
Sentì il trillo della macchina del caffè. Aprì la bustina e preparò una striscia sul marmo freddo del davanzaleÈ passata una settimana da quando i miei genitori mi hanno comunicato che di lì a poco avrei dovuto cambiare scuola e residenza, così da poter studiare in un istituto privato a Greeslay, una città molto ma molto lontana dalla mia.
Più che una scuola è una specie di collegio, piacevole al punto giusto, ma pur sempre un collegio.
Il motivo di questa loro decisione? I miei pessimi voti, il mio carattere a parer loro troppo ribelle e scalmanato e la droga di cui faccio uso da ormai qualche mese.
Faccio un lungo tiro della canna che ho tra le dita, lasciando che l'effetto del THC mi inebri i pensieri e mi convinca che questa decisione sia la più giusta da prendere.
Infondo qui a Denver non ho molti amici, quasi tutti quelli che conosco mi odiano e sicuramente quando me ne andrò saranno tutti più felici, la mia famiglia compresa.
Almeno avrò l'occasione di farmi nuovi amici e ricominciare da zero.
Un altro punto a favore è il fatto che non dovrò più temere di incontrare quelle teste di rapa di Oscar e i suoi amici.Spengo la canna nel posacenere e mi sposto nel bagno per fare una doccia calda, in modo tale da intontirmi ulteriormente. Infondo questo sarà un lungo viaggio e l'idea di passarlo da sobria con mia sorella e i miei genitori non mi fa proprio impazzire.
Una volta uscita dalla doccia mi impunto davanti allo specchio, scrutando la flaccida figura che ho davanti.
Le occhiaie sono sempre più scure e l'acne sempre più presente.
La cellulite che si estende sul mio fondoschiena e sulle gambe mi da la nausea, così come la pancetta e le irritazioni che ho sulle spalle.
I miei capelli un tempo lunghi e lucidi ora sono secchi e crespi ed arrivano a malapena a metà schiena.
Mi osservo schifata e con le lacrime agli occhi.
Adesso basta, penso, da oggi cambierò.
Cambierò e farò pentire chi in passato mi ha umiliato e maltrattato, è una promessa.
Lancio un ultimo sguardo ai segni che ho sulle braccia, prima di finire di asciugarmi, indossare una tuta e scendere al piano di sotto.
Mentre cammino lungo il corridoio la mia mente inizia a pensare a tutte le litigate che per anni hanno avuto luogo tra queste mura.
Mentre scendo le scale le grida lontane dei miei genitori mi rimbombano nella mente, facendomi ricordare quanto dolore e quanta sofferenza ho causato.
Mamma e papà sono già in macchina, e ad aspettare sull'uscio trovo Josephine, mia sorella.
La piccolina ha solo tredici anni, ha dei lunghi capelli scuri e una mente troppo sviluppata per la sua giovane età. In tutti questi anni Jo è stata l'unico membro della mia famiglia a restarmi vicino e non darmi contro, nonostante i miei numerosi sbagli, e Dio solo sa quanto mi mancherà averla al mio fianco adesso che verrò chiusa in un collegio in una città lontana come Greeslay.
-Andrà tutto bene, io e te ci chiameremo ogni giorno- mi rassicura porgendomi la mano.
La afferro sorridendo malinconica -lo so-
-Ah e...Lux- disse uscendo dalla casa con me dietro di lei.
-Si?-
-La prossima volta non dimenticare di mettere il collirio- sghignazza mandandomi nel panico.
Merda.
-Questo sarà un lungo viaggio...- mormoro entrando in macchina mentre mio padre carica tutti i miei borsoni.