Prologo

389 41 70
                                    

Se anche quel servizio di cucchiai le avesse implorato di smettere, Caroline non avrebbe deposto il panno.

Era trascorsa più di un'ora da quando aveva cominciato a lucidare l'argenteria, ma, se lo era promessa a dispetto delle palpebre che non sostenevano più il peso del sonno, non avrebbe interrotto il compito fino a quando l'ultima posata non fosse stata più splendente dell'intero servizio da tavola di Re Giorgio III.
Aveva strofinato e lustrato piatti, teiere e forchette fino a sentire dolore nel polso destro.
Un ciuffo rosso fuoriusciva dalla cuffia, ma non vi badava più del dovuto: Miss Templeton si era ritirata negli alloggi della servitù prima del solito e non l'avrebbe rimproverata per quella mancanza di decoro, né per l'essere ancora sveglia nonostante l'orologio a pendolo battesse ormai le dieci.
E, se anche per qualche malaugurata coincidenza la donna si fosse svegliata, avrebbe contato sulla buona parola di Sir William. Se si sporgeva, poteva intravedere la luce fioca delle candele, ancora brucianti nel suo studio. Il proprietario di Maywood Estate era un buon padrone, il migliore che avesse mai avuto. Non l'avrebbe rimproverata, non per quel gesto così diligente: una domestica che metteva a repentaglio il proprio sonno per lucidare l'argenteria, non era di certo una donna da sottovalutare.
Muoveva la mano con inerzia, senza più realmente badare ai gesti compiuti.

Poi si fermò.
Caroline sgranò gli occhi: un rumore forte e secco aveva disturbato la quiete che avvolgeva quella notte di luglio.
Forse Arthur si era cacciato in qualche guaio o... Lady Pembroke! Una caduta? Non si era ancora ripresa del tutto dalla nascita della piccola Miss Frances e non era da escludere che la debolezza le avesse giocato un brutto scherzo.

Attese in silenzio.

Non una voce si levò a chiedere aiuto, imprecare o semplicemente rendere palese la propria presenza.
Abbandonò i cucchiai sullo scaffale della credenza e si lanciò nel corridoio.
Un fremito. Ancora quel fragore, rapido e assordante.

Era sicura che se si fosse ripetuto con la stessa intensità, l'intera abitazione sarebbe balzata giù dai letti per correre a vedere cosa stesse accadendo. E per quanto quel pensiero le rendesse più piacevole la prospettiva di dover affrontare la situazione, convenne che lo stato attuale delle cose imponeva a lei sola di risolvere quel mistero.
Portò l'attenzione sull'ambiente, pronta a captare qualsiasi movimento.
L'atrio: il rumore non poteva che provenire da lì.

Si avvicinò a passi lenti verso l'ingresso della tenuta, mentre il ticchettio si ripeteva ancora, con una cadenza più regolare.
Qualcuno stava bussando con insistenza al portone di casa. Fu scossa da un brivido.

Chi mai poteva essere a quell'ora della notte? Cercò di far affiorare alla mente i pensieri meno negativi. Se fosse stato qualcuno che necessitava di aiuto, disse a sé stessa, non avrebbe esitato a porgergli una mano.

Voltò il capo verso la stanza che aveva appena lasciato: una sola parola, pronunciata con intensità media e Sir William sarebbe accorso senza alcuna esitazione. Era un uomo giovane e se oltre quella porta ci fosse stato un malintenzionato ad attenderla, avrebbe saputo come affrontare la situazione.
Ma un padrone di casa non apriva mai la porta ai suoi ospiti, chiunque essi fossero.
Tirò un sospiro. I battiti del cuore accelerarono mentre si faceva coraggio.
Con uno scatto impugnò la maniglia e serrò le palpebre.

Il fresco venticello delle campagne del Devonshire investì il suo volto e Caroline avvertì un brivido percorrerle l'intero corpo. Riaprì gli occhi.
Sì guardò intorno e tutto era immobile: non un uomo, né una qualsiasi figura sostava sul percorso di selciato che divideva il giardino in due parti; i fiori ondeggiavano, lentamente, e le chiome degli alberi, agitate dal vento, sembravano bisbigliare fra di loro, come vecchie signore che si confessino i propri pettegolezzi.

E poi un pianto irruppe nella quiete di quella notte. Caroline mosse un piede in avanti, ma dovette arrestarsi, perché sentì di aver urtato contro qualcosa.
Sul gradino più alto degli scalini giaceva un cestino di legno, dai bordi intrecciati. Una copertina, avvolta come un fagotto, celava un lembo di pelle: due minuscole guance esposte al vento e due occhi azzurri pieni di lacrime. Le labbra, arrossate, si sforzavano di chiedere aiuto.
Caroline lo raccolse, mentre l'aria sfiorava le sue labbra dischiuse.

"Chi ha avuto il coraggio di abbandonarti qui?", disse al neonato non riuscendo a controllare la propria voce.

Richiuse la porta dietro di sé e imboccò le scale che portavano alla cucina. Quanta fame doveva avere quel piccolo? Quale madre bisognosa era stata spinta dalla disperazione, al punto da abbandonarlo a un destino così incerto? Non poteva restarsene con le mani in mano, non con un'anima così innocente.

"Silenzio, bambino mio, o sveglierai l'intera casa", gli disse con una carezza sul viso minuto.

Adagiò il cestino sul tavolo, ormai sgombro, poiché le pietanze per la cena di Sir William e Lady Catherine erano già state servite ore prima.
Si chinò per prendere l'occorrente, ma, nel gettare uno sguardo, il suo occhio fu attirato da un dettaglio che non aveva notato al buio.

Posò il dito, lieve, sul viso del piccolo: una macchia più scura ricopriva la superficie del suo volto. Non ne aveva mai viste di simili, né osava immaginare quale fosse l'origine di quella curiosa caratteristica. Gli era forse stato inferto un colpo? Era nato con quel difetto, come quelle giovani ragazze rovinate da una dentatura imperfetta? Non sapeva dirlo con precisione. Non sapeva nemmeno ipotizzare cosa potesse essere.
Non erano cicatrici, né il suo polpastrello avvertiva un qualsiasi rilievo.
Sollevò di nuovo il lembo della coperta. Il freddo della notte avrebbe ucciso la salute già cagionevole del neonato.
Serviva del latte, caldo. E... servivano dei biscotti, freschi: l'indomani era sicura che Sir William avrebbe mandato a chiamare un medico, e Maywood Estate non poteva sfigurare nell'accoglienza di un uomo così devoto alla salvezza delle vite umane.

Un mattino di primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora