«Allora signorina Du Couteau , vogliamo parlare del suo problema?» - Il dottore la fissò attraverso gli occhialetti tipici di chi svolgeva quel genere di mestiere, le asticelle erano troppo larghe e spesso gli scivolavano sul naso.
Non ci fu alcuna risposta da parte della ragazza, nonostante il suo antipatico vizio di non voler rispondere, non aveva uno sguardo insolente, anzi sembrava le dispiacesse di dover assumere quell'atteggiamento...
«Signorina Du Couteau?»- La ragazza si risvegliò improvvisamente dai suoi pensieri e guardò il dottore con aria stranita. L'uomo sospirò facendo trasparire un'aria irritata ma pur sempre dignitosamente professionale.
«Sono mesi che siamo fermi sullo stesso punto, i suoi genitori stanno pagando un patrimonio per poterle permettere di proseguire la terapia e ancora non vedono i risultati, non le importa di quello che stanno sopportando?» - Ecco perché Emily lo odiava, tutti gli alienisti odiava. Tutti che pressavano sul senso di colpa, ci era così abituata a questa tortura che ormai non li sentiva neanche più. I suoi genitori erano borghesi altolocati, sicuramente non si toglievano il pane di bocca per mandarla in terapia e l'unico motivo per cui desiderano, o meglio ancora, pretendevano la sua guarigione era la maledetta successione.
«Mi importa eccome, dottore, ma non è facile provare empatia per chi non l'ha mai mostrata per te».
«Pensavo che su questo punto ci fossimo già chiariti, i suoi genitori non le vogliono male, cercano di fare il possibile per donarle una vita migliore».
«No, i miei genitori non accettano la mia condizione, nessuno vuole una moglie grassa nell'epoca in cui viviamo le donne più stringono il bustino più rappresentano un buon partito. La verità è che si vergognano di avere una figlia come me, la grande famiglia Du Couteau rovinata da una sciagurata figlia che non può maritarsi perché troppo grassa».
«Emily, sappiamo entrambi che il suo problema non riguarda la stazza fisica, quanto la sua insana mania compulsiva di mangiare» - Caló il silenzio e la ragazza cominciò a mordersi il labbro per fermare una prossima crisi di pianto.
«È interessante come su certi argomenti lei si sia aperta, certo, con non poca difficoltà, e su questo invece, che a parer mio è il meno grave, ancora non voglia affrontare il discorso» - Ecco, un altro vizio che hanno tutti gli alienisti, si sentono così importanti da decidere loro cosa si grave e cosa no. Pensava Emily ancora più frustrata da quel colloquio.
«Abbiamo parlato della sua vita, dei suoi genitori, di quel terribile incidente che le è accaduto da piccola, le violenze della famiglia, i soprusi, i sensi di abbandono, il totale isolamento dalla società... Abbiamo affrontato cose ben peggiori mi pare, credo sia arrivato il momento di parlare del suo rapporto con il cibo» - Scandaloso. Aveva elencato tutte quelle cose con una tale freddezza, come se fossero una lista di pezzi rotti da eliminare e sostituire per far rifunzionare una macchina. Ancora una volta la ragazza non aprì bocca, se ne stava seduta su quella poltroncina, quasi in apnea a causa di quel corpetto maledetto che la governante le aveva stretto fino alle ossa. Il solito sguardo sofferente e atteggiamento sommesso. Non una parola.
«Emily» Il dottore cambiò atteggiamento, si sporse coi gomiti sulla scrivania e guardò dritto in faccia la sua paziente.
«Sai che cosa succede alle ragazze che a diciassette anni ancora mostrano sintomi di infermità mentale?» - Nessuna risposta. Silenzio. «Le portano in manicomio, e le sottopongono interventi drastici, come la lobotomia, docce gelate o docce bollenti e scariche elettriche. Ora, lei sa benissimo che sono contrario a questi tipi di metodi se non strettamente necessari. Dopo tutto la sua malattia non è così grave da essere paragonata a un'isteria o un totale annullamento delle facoltà mentali. Perciò, sia ragionevole e cominci a parlarmi del suo problema» - Di nuovo silenzio. Il dottore non si arrese, era una questione di tempo, se non voleva parlare lei per prima, allora.
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Tria Cerberus ora
Krótkie OpowiadaniaRaccolta di racconti scritti in pomeriggi di quarantena.