Soffitta

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Il ticchettio degli stivali neri di pelle che accompagnavano i passi decisi di Spagna sul legno della nave risuonavano come bombe nelle orecchie dei suoi uomini. Si diresse verso prua, una leggera brezza gli muoveva l'enorme giacca rossa ed aveva il cappello nero calato sugli occhi a nascondere un'espressione seria ed impassibile. Di fronte a lui si stagliava, imponente, un vascello che batteva bandiera inglese. Inghilterra, anche a lui a prua, aveva le braccia incrociate sul petto e guardava con circospezione lo spagnolo, che gli allungò una mano guantata.
-Che vinca il migliore- gli disse, scoprendo gli occhi verdi che emanavano una scintilla guerriera da sotto il cappello.
L'inglese, dal canto suo, gliela schiaffeggiò e Spagna la ritrasse, alzandola in alto.
-¡Hombres!- gridò poi.
-Sailors!- gridò invece Inghilterra.

-Bastardo!-

¿Qué?

-Ma ci senti o no?-

Antonio sbattè le palpebre un paio di volte, prima di ritornare alla realtà: era nella soffitta di casa sua, seduto sul pavimento e fra le mani teneva quel cappello nero ormai impolverato e rovinato che gli aveva risvegliato i ricordi. Sospirò, un sorriso nostalgico che gli dipingeva le labbra.
-Mi Arma...- provò a sussurrare, ma un colpo alla testa da parte dell'italiano lo interruppe, seguito dal suo solito sproloquio.
-Ma sei scemo veramente? Sono tre volte che ti chiamo!- gridò irritato, mentre lo spagnolo si massaggiava la parte lesa.

Ah, amabile Romanito.

-Disculpa Roma- disse Antonio, sorridendo dispiaciuto e Romano sbuffò seccato.
-Ti serviva qualcosa?- chiese lo spagnolo alzandosi e togliendosi della polvere dai pantaloni.
-Sì, quei due idioti dei tuoi amici se ne sono andati- spiegò l'italiano poggiandosi le mani ai fianchi.
-Pazienza, vuol dire che mi arrangerò- affermò Spagna alzando le spalle ed iniziando a mettere dentro ad uno scatolo delle scartoffie.
-Però se vuoi...- disse Italia del Sud voltandosi da un'altra parte imbarazzato -Posso aiutarti io- concluse guardandosi le unghie.
Antonio si girò verso di lui, piacevolmente sorpreso. Romano incrociò le iridi gioiose della nazione spagnola ed arrossì, pronto a trovare una scusa per il suo insolito generoso atteggiamento.
-Ma solo perché sono già qui, sia chiaro!- si affrettò infatti a giustificare agitando le mani da tutte le parti, ma Spagna mise fine al suo parlare abbracciandolo sorridente.
-¡Gracias tomatito!- gli disse accarezzandogli dolcemente i capelli, guadagnandosi però un cazzotto nello stomaco.

Dopo circa un'ora la soffitta era completamente sistemata.
Romano ripose al suo posto un ultimo scatolone colmo di roba appartenente a chissà quale epoca passata, passandosi poi il dorso della mano sulla fronte, mentre Antonio si guardava attorno, soddisfatto. Fece qualche passo indietro per verificare che tutto fosse effettivamente in ordine, ma un piede pestò un oggetto sfuggito durante il processo di pulizia.
Cercò di mantenere l'equilibrio agitando le braccia come un forsennato, ma cadde rovinosamente a terra producendo un tonfo che fece sobbalzare l'italiano, che si girò.
-Coño...- sussurrò massaggiandosi la schiena, per poi sentire la risata di Romano riecheggiare per tutta la stanza.
-Ha, avresti dovuto vederti! Sei così tonto che non sai stare nemmeno in piedi!- diceva indicandolo con un dito.
Antonio mise un piccolo broncio e decise di prendersi una innocente rivincita afferrando l'italiano, che stava ancora ridendo, per il polso.
-Oh, ma che fai?- ebbe il tempo di chiedere quest'ultimo, prima di trovarsi anche lui a terra, accanto allo spagnolo che adesso rideva di gusto.
-Sei proprio sleale, bastardo!- gli gridò Romano provando a schiaffeggiarlo, ma Antonio lo fermò, posizionandosi sopra di lui e mettendogli un indice sulle labbra, facendolo tacere.
-Adesso ancora di più- aggiunse con la voce ridotta ad un sussurro e arrossendo.
Antonio gli accarezzò una guancia con un pollice e si sporse verso di lui, baciandolo con trasporto. Il Meridione rispose prontamente al bacio e allacciò le gambe al bacino dello spagnolo, che fece scivolare le mani fino sui fianchi dell'italiano.
-Sei già così impaziente, querido?- gli chiese sensualmente ponendo fine al bacio per poi concentrarsi sul collo.
-È solo colpa tua- rispose Romano afferandogli il cavallo dei pantaloni, sbottonandoglieli. Antonio rise leggermente e lo aiutò in quell'operazione per poi fare lo stesso con lui. Dopo una serie di tocchi, carezze e baci, quasi tutti i vestiti giacevano sul pavimento e i respiri dei due erano diventati più caldi e veloci.
In più, non vi era nessun prussiano in cerca di un canarino e nessun inglese alle prese con un francese voglioso. Tutto perfetto, tranne forse per il pavimento della soffitta, ma sicuramente Romano avrebbe tralasciato i dolori di schiena che lo avrebbero tormentato almeno per tre giorni. Ne sarebbe valsa la pena, se solo lo spagnolo si fosse deciso a fare ciò che doveva fare, dannazione.
-Sbrigati...per dio- disse l'italiano con la voce piena di desiderio e rotta da gemiti provocati da Antonio che continuava a muovere quelle mani invece di iniziare a muovere qualcos'altro, possibilmente togliendosi anche i boxer.
-Abbiamo tutto il tempo, mi amor- rispose l'altro, depositandogli un bacio sul petto.
-Io non credo di averne- affermò Romano alzandogli il viso e portandolo verso di sé, con un'espressione maliziosa -Quindi sbrigati e fammi vedere cosa sai fare, bastardo- gli ordinò, per poi baciarlo con foga.
Antonio rispose al bacio e fece come richiesto, iniziando a tirare verso il basso l'elastico dell'intimo dell'italiano, che iniziò a strusciarsi leggermente contro di lui, gemendo al contatto con la pelle calda dello spagnolo.
Fu un attimo: un rumore di passi veloci che salivano le scale, una voce squillante.

-ESPANHA!-

Il nominato trasalì, riconoscendola. Si alzò di scatto, lasciando Romano a terra, che spalancò gli occhi, coprendosi con il primo indumento che le sue mani trovarono.
-Você não está feliz?- chiese la voce, più vicina.
-Che cazzo ci fa qui?- domandò l'italiano sottovoce.
-Non lo so- rispose Spagna altrettanto sorpreso.
E poi la porta si aprì di scatto.
-Sono il tuo irmão!- affermò Portogallo, in forma smagliante come al solito, accorgendosi solo dopo della presenza di Romano.
-Olá, Italia!- lo salutò, poi guardò il fratello.
-Ho per caso interrotto qualcosa?- domandò inarcando un sopracciglio.
Romano, nuovamente vestito, sospirò pesantemente, cercando di mantenere la calma.
-Sei sempre in perfetto orario, stronzo- disse poi, ma João non capì.
-Dice che è molto contento di vederti- tradusse Antonio, anche lui rivestitosi, accarezzando la schiena all'italiano, provando a farsi perdonare.
-Anche io sono contento- rispose quello.
-Vi lascio soli- annunciò Romano infastidito.
-Romanito, por favor- lo supplicò Antonio dispiaciuto, ma Italia del Sud gli rivolse un'occhiataccia, trattenendosi dal picchiarlo davanti al fratello.
-Ho detto che vi lascio soli- ribadì Italia del Sud, pestando accidentalmente un piede a Spagna mentre se ne andava.
Portogallo lo guardò allontanarsi con tanto d'occhi.
-Chissà perché è così arrabbiato- disse poggiandosi le mani ai fianchi e alzando le spalle.
-Già, chissà perché- ripeté Antonio con una punta di nervosismo nella voce, ma João, fin troppo stupido, fortunatamente non comprese.

Você não está feliz?/ Non sei contento?
Irmão/Fratellone
Olá/Ciao

Angolo dell'autrice
E con un bestiale ritardo, ecco la terza parte. Era già pronta da un pezzo nella mia mente, ma scriverla è stata estremamente difficile, non riuscivo a trovare un pretesto sul perché Antonio stesse in soffitta.
Parlando invece di Portogallo, il nome l'ho trovato su internet e ho scoperto che l'hanno scelto dei fan, invece per la lingua mi sono affidata a Google Traduttore, quindi se qualcosa è sbagliato, forgive me please.
Spero vi piaccia.
Bacini❤

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