Capitolo IV

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Iniziò l'anno e così le lezioni. Si accorse subito dell'assenza di Harry, che era in giro per l'incarico che gli aveva dato Silente, ma dopotutto era meglio. Se fosse stato ad Hogwarts sarebbe già morto perché ora il castello pululava di Mangiamorte che controllavano il lavoro di Severus. Albus aveva ragione: il Signore Oscuro si fidava di più, ora che aveva fatto ciò che aveva fatto, ma non del tutto e lo teneva ancora sott'occhio. Si accorse che anche Ron Weasley e Hermione Granger non era tornati quell'anno. Probabilmente avevano deciso di seguire Harry Potter nel suo incarico. Oppure erano rimasti a casa per paura. Ma non ci fece più di tanto caso. Quello fu l'anno più lungo di tutti. Persino peggiore di quello scorso. Passava le giornate a parlare con il ritratto di Albus nel suo ufficio e con gli altri che tenevano d'occhio Harry e i suoi amici, che aveva scoperto, erano con lui.
Le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure erano state affidate ai fratelli Carrow ed erano terrificanti: utilizzavano come cavie gli stessi studenti. Severus era disgustato da tutto ciò, ma non poteva fare niente se non lamentarsene con il ritratto di Silente. Come aveva previsto, nessuno degli insegnanti gli rivolgeva un tono di fiducia o di cordialità. Erano tutti educati, certo, ma si leggeva nei loro occhi un odio verso di lui. Soprattutto la McGonagall era sempre stata dubbiosa su di lui e ora lo era più che mai. Non gli aveva mai creduto, anche se Silente rassicura a sempre tutti, dicendo che lui era dalla loro parte, lei non ci aveva mai creduto. E ora, il suo atto gli aveva dato conferma. E questo faceva sentire Severus ancora più abbattuto.
Una mattina era nel suo ufficio, da solo perché tutti i presidi nei ritratti erano in giro per gli altri quadri per tener d'occhio Harry Potter e i suoi amici. Anche Silente era via. Si sedette alla sua scrivania a pensare. Tirò fuori la lettera e la foto di Lily sa sotto la veste e accarezzo il viso della giovane donna che sorrideva.
- Lily... - , sussurrò e sentì gli occhi inumidirsi. Tirò indietro la testa per resistere e respirò profondamente. All'improvviso sentì una ventata gelida sul collo che gli fece svolazzare leggermente i capelli e tutt'intorno l'aria si raffreddò, come se fossero state aperte tutte le finestre dell'ufficio. Si guardò intorno, ma tutto era chiuso, anche la porta. E sembrava non esserci nessuno. Si fece un giro dello studio per vedere se non fosse entrato qualcuno di nascosto per controllarlo, ma niente. Era solo. Sentì di nuovo la ventata gelida al collo e si voltò di scatto nella stessa direzione. Ancora nessuno. Avvertì, però una presenza. Ma non era una presenza Oscura, anzi. Era una presenza buona, dolce, calorosa. Scrutò ogni angolo in penombra, ma sembrava essere solo. Eppure la sentiva, sentiva quella presenza, quel calore, quella dolcezza, quel... profumo... Sì, c'era un profumo nella stanza. All'improvviso, non si era neanche accorto che ci fosse. Un profumo buonissimo, familiare. Lo riconobbe immediatamente e di nuovo un'onda di lacrime lo pervase, gli venne una stretta allo stomaco, la gola gli si serrò e il respiro di affannò. Mentre il cuore gi mancò di un battito quando lo riconobbe.
- No, non può essere... -, sussurrò. Non capiva da dove potesse venire, non c'era nessuno in quello studio, a parte lui.
- Me lo sto immaginando. Non può essere vero. No! Non può! Non... - , ma si interruppe: in un angolo della stanza, il più in penombra di tutti, notò una figura alta, snella, che gli sorrideva. Aveva i capelli rossi e gli occhi... Quegli occhi... Li avrebbe riconosciuti ovunque in mezzo a mille. Quegli occhi di cui tanto era innamorato anni e anni prima. No, non poteva essere lei. Non poteva essere lì. Non poteva essere...
- Lily... - , sussurrò di nuovo. La figura snella gli sorrise dolcemente. Severus si sentì mancare. Quasi casse a terra svenuto. Sentiva che stava per svenire, le gambe lo avevano abbandonato e si appoggiò alla scrivania. La figura si avvicinò a lui, sempre sorridendo e tese la mano verso di lui. Gli accarezzò la guancia e gli sorrise ancora. Quegli occhi... Severus sentì le lacrime scendere piano piano sul suo viso. La figura dai capelli rossi si impietosì e inclinò la testa da un lato.
- Lily... Tu... Tu non mi hai mai dimenticato in questi anni? Mai? - , chiese con un fil di voce. La donna annuì. Poi mosse le labbra come se volesse parlare e una voce dolce e debole, quasi come un sussurro, uscì dalla sua bocca.
- Severus, mi sei mancato. Tanto.
Severus esplose. Le lacrime sgorgarono come uno zampillo dai suoi occhi, nel sentire quella voce. Quella voce tanto dolce di cui era innamorato.
- Anche tu Lily, mi manchi. Non sai quanto... Io... - , sussurrò, ma non riuscì a finire la frase. Scoppiò a piangere apertamente, gli occhi gonfi, il respiro affannato e i singhiozzi del pianto lo facevano contrarre, tanto da farlo piegare a metà. Cadde a terra in ginocchio. Lily si inginocchiò di fronte a lui e gli accarezzò di nuovo la guancia. Gli fece sollevare lo sguardo, tanto da farla fissare negli occhi. Quegli occhi verdi... Quegli occhi spenti che anni e anni prima erano pieni di vita... Si sentì il cuore andare in mille, in milioni di pezzi. Poi quella voce parlò di nuovo.
- Severus, non piangere. Ti prego. Sorridimi. Come facevi un tempo.
Severus sforzò un sorriso tra le lacrime e i singhiozzi sempre più forti.
- Lily, tu sei davvero qui? No, sto sognando. Non puoi essere qui. Non puoi! - , esclamò sottovoce, gli mancavano il fiato, le parole, l'aria. La ligia sembrava essersi seccata in bocca.
- Severus, sorridi. Non hai nulla di cui scusarti. - , aggiunse la figura. Lui la guardò ancora e la donna si chinò su di lui e gli posò un bacio impercettibile sulle labbra. Severus chiuse gli occhi e si lasciò andare sul pavimento. Si rialzò e lei era sparita. Non c'era più.
Si guardò in torno velocemente, ma lei non era più lì. Anzi, sembrava come se non ci fosse mai stata. L'aria gelida era sparita e tutto era tornato ad essere chiaro. Era stato tutto un sogno? Era reale? O aveva sognato? No, probabilmente era un sogno. Era talmente disperato che aveva sognato di incontrarla di nuovo.
Silente tornò nel suo ritratto nel momento in cui Severus si stava sollevando da terra e asciugando le lacrime. Il suo volto era sciupato dal pianto, era più pallido del solito e i suoi occhi erano più spenti di prima. Si portò una mano al cuore e lo osservò con gli occhi preoccupati.
- Severus! Cos'è successo? - , chiese.
Il professore sollevò lo sguardo verso di lui. Gli venne un tuffo al cuore nel vederlo. E se avesse visto tutta la scena? Se era lì da abbastanza tempo per assistere alla sua disperazione? Si sedette alla scrivania, rimettendo velocemente la foto e la lettera sotto la veste.
- Albus, da quanto...? - , chiese, sospendendo la frase ancora contratto dai singhiozzi.
- Sono qui da pochi istanti. Non ho assistito a niente. Ma cos'è successo? Spiga ragazzo. - , gli disse, con tono dolce e paterno.
- Albus, non sono più il Severus dei tempi di Hogwarts. Ora sono cambiato. - , disse in tono brusco.
- Ma, Severus, per me tu sarai sempre quel ragazzo allegro e pieno di speranze di una volta. Avanti, spiega cos'è successo.
L'uomo ci pensò un po' su. Era titubante sul raccontare tutto o meno. Non voleva fargli sapere della sua disperazione, ma sapeva che a poco serviva con lui nascondere la verità. Poi decise di non raccontare niente.
- Niente, ho solo avuto un problema. Non è successo niente.
- Niente? Severus, ti credo, ma... il tuo viso dice altro.
- Ti ho detto che non ho niente. Sto... bene. Ok? E non chiedermelo più, per favore. - , rispose e si alzò dalla sedia.
- Professor Piton! - , gridò un quadro accanto a quello di Albus, - Professore! Sono nella foresta! Sono nella foresta! Potter e la Sanguemarcio!
- NON USARE QUEL TERMINE! - , sbottò furioso.
- Scusi, signore. Intendevo la Granger, signore. La Granger e Potter sono nella foresta.
Severus guardò subito Albus, che annuì.
- Severus, sai cosa devi fare. Ma non devi essere visto da Harry. Se il Signore Oscuro entrasse nella sua mente, tutto il lavoro che hai fatto sarà stato inutile.
- Lo so, Albus. Sta tranquillo. So cosa devo fare. - , disse. Prese il suo mantello da viaggio dalla sedia, se lo avvolse intorno alle spalle ed uscì dall'ufficio di corsa. Con il mantello che svolazzava di qua e di là sotto i suoi passi frenetici, raggiunse l'uscita e si inoltrò verso la Foresta Proibita.

Due lettere, una verità e l'addio [SNILY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora