Vecchi Amici

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"Non ti meritava", alzò le spalle Marco con una certa indifferenza.

Lo guardai male e lui mise le mani davanti come per discolparsi, mentre mi circondava nuovamente le spalle con il braccio e io sospiravo sul suo petto.

Il mio ragazzo storico, Luca, mi aveva mollata dicendomi che non mi amava più, così, all'improvviso ed ero corsa da lui, nel nostro solito posto, in cerca di una consolazione. Avevo altri amici, molti, ma Marco era sicuramente il più stretto, quello con cui avevo un rapporto speciale. Ci conoscevamo da anni, dall'asilo precisamente e da allora siamo sempre stati in classe insieme. Lui mi aveva portata al mio primo concerto, avevamo provato insieme il primo alcolico e la prima sigaretta, avevo passato con lui il primo ferragosto fuori e fatto la prima fuga dalla città. Lui era la persona che al parco mentre tenevo un libro mi accarezzava i capelli e mi chiedeva di leggere ad alta voce, era la persona con cui in metro condividevo gli auricolari, quella che mi teneva sulle spalle al mare, che passava la maggior parte del tempo a casa mia e viceversa e mi aiutava a cucinare, che durante un film horror mi prendeva in giro quando mi spaventavo o durante uno particolarmente bello o triste piangevo, che mi copriva con la prof quando non avevo studiato per l'interrogazione, la persona a cui portavo il pranzo a scuola perché altrimenti starebbe tranquillamente a digiuno, che mi svegliava all'alba quando dormivamo insieme per vedere il sole e che per scusarsi dopo mi faceva un bel caffè, che rideva quando cadevo e poi mi aiutava ad alzarmi. Era un'idiota insopportabile e lo adoravo.

"E poi l'ho visto con una tipa prima" borbottò, strappando dei fili d'erba del parco in cui vi rifugiate di solito e giocherellandoci tanto per non guardarti.

"Quel grandissimo figlio di-" imprechai.

"Già" asserì e sentii di nuovo gli occhi pizzicare.

Marco mi guardò dolcemente, capendomi come solo lui sapeva fare, e mi lasciò un bacio sulla fronte. Mi scappò un piccolo sorriso mentre inevitabilmente mi cadevano un paio di lacrime senza preavviso e nonostante la nostra intimità e le svariate volte in cui l'uno aveva pianto davanti all'altra, mi vergogniai un po'.

"Che c'è piccola?"

"Come ho fatto ad innamorarmi di un ragazzo del genere? Dio se ci penso era così stupido a volte, a tratti irritante, non parlavamo mai quando per me era la cosa più importante"

 "Sei stata una stupida" disse lui con tranquillità e mi staccai dal nostro abbraccio con risentimento.

"Ah, beh, grazie"

"Non è colpa tua. Tendi sempre a vedere il lato buono delle persone e l'amore ti ha fatto un brutto scherzo, tipo come se ti avesse dato degli occhiali che solo all'apparenza erano puliti" chiarì e mi prese la mano per darmi una leggera stretta.

Annuii e nonostante in altri casi avrei riso per il suo maldestro modo di spiegarsi, insieme al solito esempio strano che pochi come me afferrano, lo guardai afflitta e lui sbuffò un attimo, allontanando lo sguardo da me e perlustrando il parco con i suoi begli occhi azzurri. Gli accarezzai la guancia con indecisione quasi a dirgli che mi dispiaceva, ma lui rise piano e questo stranamente mi rilassò. In effetti gurdarlo nei suoi pantaloni beige e la camicia a maniche corte bianca, in uno dei suoi outfit casual, ad accarezzarsi la poca barba scura curata, con i capelli ribelli al vento e l'espressione pacifica, mi infondeva una certa calma. Inclinò la testa verso di me improvvisamente divertito e io gli sorrisi, cercando di capire a cosa pensava.

"Ora ti elencherò tutte le cose che non andavano bene in quello stronzo e dopo non parleremo mai più di lui" disse e sapevo per certo che non stesse aspettando una risposta, anche se gli avessi detto di no non mi avrebbe ascoltato in ogni caso, così aspettai che iniziasse.

She just wants to feel somethingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora