«Jessica tira fuori il gatto dalla mia borsa!»
La ragazza si allungò verso la borsa appoggiata sulla sedia di fianco a lei e prese accuratamente Kebab tra le braccia, appoggiandolo vicino alla ciotola del latte.
«Quell'esserino fastidioso mi farà impazzire!» protestò sua madre avvicinandosi al tavolo su cui Antony stava leggendo il giornale e versandogli una tazza di caffè bollente. «È solo un gatto donna» disse in difesa della figlia, bloccata nel tentativo di dire qualcosa, ancora con le labbra mezze aperte, prima di essere preceduta dal padre. «Solo un gatto certo, solo un gatto... E magari quello era solo un tappeto costosissimo non è vero?» urlò allungando il braccio libero verso l'altra stanza, dove si trovava un tappeto piuttosto sgualcito e coi fili tirati.
Antony scosse la testa e tornò al suo giornale.
Jessica si alzò, infilò le scarpe, prese lo zaino e salutò i suoi, per poi uscire di corsa verso la fermata dell'autobus. Non era in ritardo ma le piaceva correre e annaspare come se lo fosse, così quando arrivava alla panchina poteva vedere la condensa del suo respiro nell'aria. Esatto, era già la fine dell'autunno. L'autobus arrivò circa cinque minuti dopo e dopo essere salita e aver dato il suo biglietto si diresse velocemente all'ultimo posto. Infilò le cuffiette nelle orecchie e verso metà percorso estrasse anche il libro di latino, giusto per assicurarsi di non aver dimenticato nulla. Fortunatamente non abitava molto lontano dalla scuola, per questo certe volte andava anche a piedi se non faceva troppo freddo, e quindi aveva la fortuna di dover prendere un solo autobus, quando lo prendeva.
Arrivata alla fermata, prima di andare a scuola, s'incamminò come ogni mattina verso l'albero più grosso del parco lì vicino. Non era molto popolato dai ragazzi perché affacciato proprio sulla strada e i nonni non avevano abbastanza panchine su cui sedersi quindi era l'ideale come nascondiglio. Posizionò rapida il suo pacchetto di Marlboro dentro alla cavità dell'albero formata da alcune radici, sorrise rialzandosi e salutò con un cenno della mano il nido sopra la sua testa. Oramai anche tutto questo era un'abitudine. Scivolò rapida attraverso il cancello in ferro aperto della scuola e camminò silenziosa per il cortile, tenendo lo sguardo basso verso i suoi piedi. Fu interrotta due volte dai soliti ragazzi che passavano a regalare volantini prima delle lezioni, ma da nessuno che passasse anche solo per sbaglio a salutarla. Si sentiva isolata. In mezzo a quella gente più che mai. Accelerò il passo sistemandosi meglio lo zaino in spalla ed entrò in classe. Oggi era già la quarta, prima di lei solo la secchiona della scuola, i due gemelli e un ragazzo che era stato bocciato due volte, ma che quest'anno sputava l'anima per recuperare. O almeno ci provava.
Si sistemò come suo solito al secondo banco ed estrasse il libro di latino per ripassare ancora una volta nonostante il test fosse alla terza ora, tanto la prof non era ancora arrivata e finché questo non sarebbe successo avrebbe benissimo potuto aspettare ottimizzando il tempo.
Vide Calum entrare tra gli ultimi, mentre sorrideva molto probabilmente dopo la battuta di qualche popolare con cui era stato fino a poco prima. La cosa che più stupì Jessica fu che nonostante stesse ridendo e fosse impegnato con altri ragazzi dietro di lui, riuscì comunque a trovare il tempo di dedicarle un cenno col capo e quindi scaraventarle l'attenzione di tutti gli altri addosso. La piccola arrossì subito e abbasso rapida lo sguardo sulle pagine ingiallite dei suoi libri. Non era abituata a sentirsi così.
Non era abituata a sentirsi così viva.
Qualcosa tamburellava rapidamente nella cassa toracica, come se avesse appena terminato una maratona, e nella sua mente si proiettavano le immagini di pochi istanti prima. Gli occhi di tutti erano su di lei, lei che non aveva mai posato nemmeno i suoi stessi occhi su se stessa. Ancora eccitata e curiosa di sapere cosa pensassero gli altri di lei, di cosa parlassero, alzò la testa sorridente pronta a sentirsi ancora una volta per pochi istanti al centro dell'attenzione. I discorsi di tutti però si erano spostati, assieme ai loro sguardi, su una ragazza che frequentava la stessa classe di Jessica e che diceva aver preso un nuovo motorino. Era da tutti riconosciuta come SweetyBB, ma dalla nostra Jessica semplicemente come Beatrix Buisson, la ragazza a cui non piacevano i suoi capelli.
Nell'esatto istante in cui sollevò il viso e capì che non era già più motivo di interesse qualcosa in lei inizio ad ardere. Non era invidia, tristezza o rancore. No, assolutamente. Era molto più forte, una persona qualunque era riuscita a rubare il suo primo minuscolo momento di gloria e non riusciva a perdonarselo. Quello che stava provando ora era una serie di emozioni diverse che scoppiavano tutte insieme ma contemporaneamente una dopo l'altra. Che le invadevano il corpo stordendola terribilmente, non rendendola cosciente di quello che stava succedendo nell'aula. Nemmeno l'arrivo della prof la smosse, nulla riuscì a salvarla da quell'inferno in cui era scivolata. Teneva la mascella serrata e gli occhi più assottigliati del solito, e senza rendersene conto, stringeva con le mani il banco a lati, rovinando si anche lo smalto nero. Era certa di non essersi mai sentita così, mai, e non capiva perché avrebbe dovuto accadere proprio dopo che tutti le avevano puntato gli occhi addosso. Eppure quell'espressione, quell'orribile espressione sul volto di Beatrix che assomigliava ad una smorfia di vittoria non riusciva a cancellarsi dalla sua mente. Non aveva mai nutrito particolare interesse per quella ragazza, ma da quel momento qualcosa nei suoi confronti cambiò. Avrebbe eliminato dalla propria mente il suo nome, il suo aspetto, il suo carattere. Tutto di Beatrix sarebbe stato rimosso, come se non esistesse e non fosse mai entrata a far parte della sua vita. Da quel momento in Jessica si accese una piccola e luminosa scintilla che avrebbe continuato ad ardere per sempre, divenendo ogni giorno sempre più grande. Ogni giorno sempre più libera.
Riuscì a rendersi più presentabile, sistemando i capelli che le erano schizzati in avanti è mollando la presa delle mani dal banco, e a concentrarsi sulla lezione verso la fine della seconda ora.
Quando anche questa terminò uscì con gli altri suoi compagni, tutti urlanti ed esultanti per i diversi tipi di merende che avevano. Lei, come sempre, non aveva con se una merenda. Sarebbe semplicemente andata a raccattare qualcosa dai più piccoli e nel caso non ci fosse riuscita avrebbe aspettato l'ora di pranzo, nulla di che.
«Hey Jess!» si sentì chiamare appena fuori dall'aula.
Voltò il viso verso la direzione da cui proveniva il suono della voce di chi l'aveva chiamata e vide Calum sbracciarsi per salutarla e farle gesti di raggiungerlo sulla porta scorrevole che dava sul terrazzino.
Era solo all'apparenza, ma non poteva esserne certa visto che molto probabilmente il solito gruppo con cui era solito uscire era nascosto dietro l'angolo che formava una parete della classe.
Si incamminò scettica e molto lentamente verso il ragazzo, mantenendo comunque una smorfia di disprezzo per tutto quello che era successo prima, per lui compreso visto che era anche colpa sua se tutti le avevano puntato gli occhi addosso e subito dopo se n'erano altamente sbattuti.
«Come va?» chiese lui con un cenno del capo appena lo raggiunse, «Dopo abbiamo il test di latino». Squadrò per un minuto la zona circostante: del gruppo vip nessuna traccia.
«Bene, ho studiato abbastanza» disse lei, «Abbastanza? C'è da preoccuparsi... Se già non studiando prendi bei voti, figuriamoci se ti ci metti pure» commentò ironicamente. Fece finta di non aver sentito quell'affermazione e mentre continuava a vagare con lo sguardo oltre le spalle di Calum chiese «Dove sono i tuoi amici?»
«Che amici?»
«Il gruppetto con cui stai di solito»
«Perché ti interessa di loro?»
«Dove sono?» ripeté con tono più scocciato.
«Loro non sono miei amici».
Per la prima volta da quando era iniziata la conversazione pose gli occhi sul ragazzo, dedicandogli la sua attenzione. Le iridi nocciola sembravano più scure del solito, e i capelli castani ben pettinati ricadevano su di esse.
«Sei sorpresa» disse risvegliandola dallo stato di trans in cui era caduta.
«Al quanto»
«Come mai?»
«Credevo che per gente come te fosse facile farsi degli amici»
«Tu ne hai?».
Jessica abbassò lo sguardo osservando nervosamente come le punte dei suoi piedi si muovessero frenetiche sotto le scarpe.
«Tu ne hai?» domandò di nuovo Calum, «Io... Io non credo di averne. E se così non fosse allora vorrei capire dove si trovano adesso. Perché non sono qui a ridere con me invece di farmi perdere la ricreazione con te».
Lui rimase zitto a fissarla, a fissare le punte bianche dei suoi capelli viola. Non voleva essere cattiva, non aveva alcuna intenzione di offenderlo o metterlo in una posizione dalla quale sarebbe stato difficile uscirne con un semplice «Scusa...» «Hey non importa». Sentì le guance andarle a fuoco per l'imbarazzo e le punte dei capelli come se stessero scomparendo sotto lo sguardo fisso di Calum.
«Beh presumo che debba tornare dai miei "amici" allora. Ci vediamo più tardi» disse lui «Si certo, a dopo».
E detto questo presero due direzioni opposte, uno si incamminò verso il ballatoio con la ringhiera, posto in cui erano soliti soffermarsi i popolari per l'intervallo, e l'altra verso i piani inferiori in cui si trovavano i ragazzi più piccoli ai quali avrebbe rubato un po' di merenda.
Se l'avesse vista qualcuno avrebbe corso guai seri, ma più di tanto non le importava se non poteva scendere quelle scale, era il posto più semplice in cui cercare avanzi e scarti e dato che mancava poco tempo prima che suonasse la campanella e si dovesse tornare in classe decise di non perdere tempo. La statura la aiutava a confondersi trai più piccoli ma spesso e volentieri i capelli viola la ingannavano ed era costretta ad infilarli in un cappuccio per non farsi riconoscere. Qualche volta era capitato che qualcuno la avvistasse ma non dicesse niente, altre che un professore la adocchiasse per sbaglio incuriosito dalla sua folta chioma e che lei fosse costretta a risalire le scale rapida fingendo di incamminarsi ai bagni. Talmente erano le volte in cui aveva mentito in quel modo che neanche se le ricordava.
Alla fine delle lezioni, mentre usciva tra gli ultimi come sempre, incrociò di sfuggita il viso di Calum e si girò rapida verso di lui, notando con piacere che la stava raggiungendo tra la mandria di ragazzi.
Rischioso, per uno come lui.
«Mh» si fece scappare lei con un sorrisino complice «Abbastanza coraggioso da affrontarli». Per un momento il ragazzo non capì, così si voltò verso gli altri per comprendere più a fondo ciò che intendeva e quando l'ebbe fatto le rivolse un grande sorriso «Eh già».
La accompagnò per quei pochi metri che avevano in comune per arrivare a casa e nel frattempo cercò di tenere in piedi una conversazione il più interessante possibile, nonostante con una come Jessica non fosse esattamente l'impresa più semplice di questo pianeta. O di nessun altro, sia ben chiaro.
Giunti come il secondo giorno al punto in cui le due strade si separavano Calum le rivolse un tenero sorriso e la salutò con la mano.
Arrivata a casa, come il giorno precedente, non ebbe per la testa che il pensiero di quel ragazzo che cercava di essere il più gentile possibile con lei. Poi rifletté.
Ragazzi così non entrano a caso nella vita di gente tanto in disparte come Jessica, non cercano di farsi amico uno qualunque. Se stava facendo tanto il carino con lei doveva esserci un motivo e se c'era qualcuno che se si fissava qualcosa in testa poi non era più capace di pensare ad altro finché non riusciva nel tentativo... Beh quella non era Jessica. Ma quella sera stessa, nel letto, poco prima di riaddormentassi, promise a se stessa che ci sarebbe riuscita.
Il suo obbiettivo di questo nuovo anno scolastico era capire come mai Calum stesse cercando di fare il carino con lei.
E ci sarebbe riuscita, ne era certa.----------------------
hi :)
vi è piaciuto il capitolo? come l'avete trovato?
vedrete che cosa succederà più avanti... ehehe.♡
hey se volete essere seguite o che legga qualche vostra storia ditemelo! lo farò subito!
byebye.
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Impracticable.
Romance“Lei era strana. Lui era popolare. Ciò che cercavano di realizzare era impraticabile.„