"Glioblastoma"
È l'unica cosa che i medici riescono a dire prima che mia madre cominci a piangere.
"Tumore celebrale che colpisce meno frequentemente il tronco cerebrale o il midollo spinale. Solitamente si trova negli adulti, ma può capitare anche ai più giovani. Nel caso di suo figlio si parla purtroppo di un astrocitoma diffuso, cioè il tumore si trova al secondo stadio, ma possiamo ancora fermarlo"
A soli sedici anni non è la cosa migliore da sentirsi dire, soprattutto dopo aver avuto una grave crisi epilettica, che appunto, mi ha portato qui.
Mia madre rimane paralizzata al mio fianco, poi mi abbraccia, si aggrappa a me con tutte le sue forze e io guardo un punto indefinito della porta bianca, concentrandomi per non lasciarmi andare. Non posso piangere, non posso darle questo dolore, non voglio. È già abbastanza dura così.
Non è una cosa che dovrebbe mai capitare ad una madre e mi sento terribilmente in colpa per questo, anche se in realtà io non ho fatto nulla.
Ci dicono che possiamo tornare a casa, ma che entro questa sera dobbiamo essere di nuovo qui per cominciare la chemioterapia e la radioterapia.
Sono spaventato, non so in che cosa consistano e non voglio nemmeno saperlo.
"Senti, tesoro..." comincia mia madre, rompendo il silenzio che si era venuto a creare una volta usciti dall'ospedale "Io volevo solo dirti che... Che ci sono, okay? Qualsiasi cosa accada. Sei il mio bambino e non riuscirai ad affrontare tutto questo da solo"
"Tranquilla mamma, ce la farò. So che ci sei"
"Verrò da te tutti i giorni"
"Mamma, davvero, non ce ne bisogno, me la caverò e se ci fossero problemi non esiterò a chiamarti"
"Come vuoi tu amore, so che è difficile metabolizzare la cosa, ti darò tutto il tempo che ti serve"
"Mamma, ti prego, smettila di comportarti come se la cosa non ti toccasse!" urlo, non riuscendo più a sostenere questa conversazione "Sei più spaventata tu di me, hai paura di perdermi e lo so che è così! Mi dispiace, mi dispiace davvero, ma non l'ho scelto io, non so come sia potuto accadere! Fino a ieri stavo bene, oggi stavo semplicemente giocando a calcio con i miei amici a scuola quando mi è preso un forte mal di testa e ho avuto quell'attacco! Non l'ho deciso io. Forse è una punizione di... Di... Come si chiama quella persona che sta in cielo, mamma?"
"Dio?"
"Si" sospiro "Si, Dio..."
"Il dottore ha detto che è normale anche l'amnesia..."
Annuisco e mi metto le cuffiette, per poi schiacciare il tasto play e perdermi tra le parole di Ilomilo, di Billie Eilish, estraniandomi dal resto del mondo.I should know but is cold
And I don't wanna be lonely
So show me the way home
I can't lose another life
Hurry, I'm worried
The world's a little blurry
Or maybe it's my eyesPerché le parole scritte da altri riescono sempre a capirmi quando non riesco a farlo io stesso? Tutto questo non ha senso.
Scendo dalla macchina, mettendo il telefono nella tasca posteriore dei jeans, ma un senso di vertigine mi coglie all'improvviso, facendomi sbilanciare contro l'auto. Prego perché mia madre non lo abbia notato e non si preoccupi ancora di più di quanto già non sia e salgo velocemente le scale di camera mia, per poi chiudere la porta e appoggiarmi alla vetrata con la spalla, osservando i ragazzi della mia età giocare e divertirsi nel mio quartiere.
Quindi i frequenti mal di testa dovevano essere un segno, così come la nausea. Perché non ho pensato subito a qualcosa di grave? L'ho presa sottogamba, come sempre.
Preparo la valigia con le poche cose che possono servirmi e molti vestiti, poi carico tutto in macchina e aspetto che mia madre riparta.
Una volta in ospedale un medico mi conduce in quella che sarà la mia camera da qui a sei mesi. È enorme, bianca e spoglia. Mi fa paura.
Non mi ricorda per nulla l'ambiente caldo e sicuro di casa mia, mi sento come se fossi in una gabbia ad aspettare di essere martoriato. Sistemo velocemente tutto, poi mia madre mi accompagna a fare una visita al piano di sotto, dove mi spiegano che piano d'azione hanno.
"Quando sei pronto, tesoro..."
Annuisco e aspetto che introducano la clemastina nel mio corpo. Hanno detto che vogliono prima tentare di ridurre il tumore con un antistaminico e se questo non dovesse funzionare mi inseriranno nel programma di chemio e radio e, nel peggiore dei casi, in chirurgia.
"Ti ha fatto male?" mi chiede l'infermiera.
"No, direi che questo è il minore dei problemi" rido.
"Bravo ragazzo, prendila con leggerezza e filosofia. Senza una buona dose di umorismo si finisce nell'oblio"
"E io ho paura dell'oblio perché so che non riuscirei più ad uscirne" le sorrido.
Mi madre ride, felice per la prima volta in questa giornata. Sa che ce la farò.
"Starò bene, vedrai" la saluto con un bacio sulla fronte prima di tornare in camera.
"Un trovatello" sorride un ragazzo alto dai capelli scuri, con una maglia a maniche lunghe bianche e nere e catene ovunque proprio quando sto per chiudere la porta. È pallido ma sorride.
"Piacere, sono Noen" dice mettendosi una mascherina nera con sopra scritto Senpai.
"Piacere, Payton"
"Che ci fai qui?" sorride.
"Glioblastoma, secondo stadio... Tu?"
"Nessuno può battermi" sorride fiero "Io ho la fibrosi cistica, una malattia genetica autosomica recessiva ereditaria mortale. La sintomatologia, che coinvolge differenti organi interni, è riconducibile all'anomalia nell'escrezione del cloro, normalmente mediata dalla proteina codificata dal gene CFTR." ride imitando la voce di una infermiera "e un disturbo bipolare, cioè una sindrome di interesse psichiatrico sostanzialmente caratterizzato da un'alternaza fra le due condizioni contropolari dell'attività psichica, il suo eccitamento e al rovescio la sua inibizione, ovvero la depressione unita a neurosi o a disturbi del pensiero. Si hanno così uno sviluppo di alterazione dell'equilibrio dell'umore, del contenuto del pensiero e del comportamento, oltre ad anomalie nell'appetito e nel sonno"
Lo fisso, sconvolto dalla facilità e dalla velocità con cui ha spiegato le sue condizioni.
"Cosa?" è l'unica cosa che riesco a dire.
"Tranquillo, ti abituerai a ripetere ciò che ti diranno i medici. Quando devi convivere per anni con delle malattie che ti cambiano impari tutto su di esse"
"Ma io guarirò presto, mi hanno detto al massimo nel giro di sei mesi"
"Dicono tutti così" ride "E a volte è vero. Ma dopo pochi mesi ci ritroviamo tutti qui. Di nuovo. A lottare contro un mostro che ci mangia dall'interno fino a che non ci uccide"
"Simpatico..." dico per poi sbattergli la porta in faccia. Non mi piacciono le persone di questo genere, non devo buttarmi giù, non posso farlo. La situazione non è delle migliori, è una cosa che mi cambierà la vita e che non mi sarei mai aspettato, ma non posso cedere, devo resistere e lottare.
Per mia madre.
Non sopporterebbe di perdere anche me.
Abbiamo già perso papà quando ha deciso di farsi un'altra famiglia.
Cerco di scacciare via questi pensieri e vado a farmi una doccia calda, sotto la quale rimango per più di un'ora, poi quando la testa inizia a girarmi mi asciugo e mi vesto con un pantalone della tuta grigia e una maglia larga nera a maniche corte.
Controllo il telefono e scopro di avere molte chiamate perse e messaggi non ancora visualizzati dai miei amici, il che mi fa sorridere.
Rispondo a tutti, dicendo che sto bene, anche se non è vero. Non mi sento ancora pronto a sganciare la bomba.
Qualcuno bussa alla porta, così vado ad aprire.
"Si?" chiedo all'infermiera dai capelli neri come la pece e gli occhi verdi.
"Ciao, tu sei Payton, giusto?" mi sorride "Io sono Hannah, sarò la tua infermiera per tutto il periodo in cui resterai qui, perciò se avessi mai bisogno di qualcosa potrai schiacciare quel tasto rosso vicino al letto"
"Oh, ok, grazie"
"Detto questo, sono venuta a portarti la lista delle cose da mangiare. Per qualche giorno potrai scegliere tra questi piatti, ma li cambiamo ogni settimana quindi da lunedì saranno diversi. Scegli con calma, ripasso più tardi"
La ringrazio e lei esce, lasciandosi la porta alle spalle, ma prima rientra solo con la testa.
"Ti consiglio di decorare un pò questa stanza" sorride di nuovo e noto che le si formano delle fossette agli angoli della bocca "Ti servirà a distrarti e a sentirti a casa"
"Farà male?" chiedo.
"Che cosa?" risponde confusa.
"Tutto questo... La chemioterapia, la radio e tutto il resto... Farà male?"
"Beh..." rientra "Non sarà facile. Ma dovrai essere abbastanza forte da non rendere ogni sforzo vano"
Annuisco lentamente, guardandomi in giro.
"Ci proverò..."
"So che puoi farcela. Alla fine tutti ce la fanno"
Esce definitivamente dalla stanza, lasciandomi di nuovo ad un silenzio che non mi appartiene, così come questa stanza.
Mi metto le mie solite Nike rosse e vado a fare un giro, voglio sentire un pò di rumore, un pò di vita, ma appena metto piede fuori Noen mi sbatte contro.
"Hey!" urlo istintivamente, abbracciando una colonna portante per non cadere.
"Scusami, andavo in skateboard"
"Ma ti sembra il caso di andare in skate qui dentro?"
"E dove altro posso andare?" ride.
"Non lo so..."
"Forza, vieni"
Mi prende per un braccio e mi trascina al piano di sotto, verso l'uscita, per poi svoltare verso il retro, dove un mare verde si distacca completamente dalla New York urbana.
"È bello, non è vero? Ci vengo sempre quando voglio stare da solo"
"E allora perché hai portato anche me?"
"Perché mi stai simpatico e... Penso che avrai bisogno di un posto in cui pensare che non sia una di quelle orride camere bianche che ci assegnano. Io odio il bianco..." mormora sdraiandosi sull'erba.
"Perché?"
Mi sdraio al suo fianco, incrociando le braccia sotto la testa. Il sole sta piano piano scomparendo dietro ad una nuvola, lasciando il posto alla sua amata mentre colora di viola tutto ciò che la circonda.
"Perché il bianco porta la morte"
"Che stai dicendo?" mi volto per guardarlo e lui fa lo stesso.
"La mia migliore amica. Anche lei fibrosi cistica. Ci conoscevamo praticamente da sempre, parlavamo di tutto, ci volevamo molto bene. Lei era tutto per me, tutto. Un giorno di due anni fa eravamo in camera sua, a due metri di distanza l'uno dall'altro, come sempre e lei... Ha iniziato a tossire, più del solito. Ho chiamato subito l'infermiera, che l'ha portata immediatamente via e dopo poche ore mi hanno detto che era morta. Era volata da qualche parte, o almeno queste sono le cazzate che pensano loro, io so solo che lei era pallida come un lenzuolo. L'infermiere era pallido. Aveva un camice bianco, le pareti erano bianche, era tutto troppo bianco. L'unico colore che risaltava in quella stanza erano le sue labbra viola"
"Non penso siano cazzate" mormoro
"Che cosa?"
"Non penso siano cazzate quelle che ti hanno detto. Credo che tutto ciò che amiamo trovi sempre il modo di ritornare da noi. Ovviamente non so che cosa ci sia dopo la morte, ma mi è impossibile pensare che chi non c'è più se ne sia andato completamente. Non riuscirei ad accettarlo, perciò questo è il pensiero migliore al quale posso aggrapparmi per il momento"
"A chi ti riferisci?"
"Il mio migliore amico"
"Sai che sarebbe fiero di te, vero? Non ti conosco, ma stai cercando di affrontare tutto questo senza buttarti giù e non è una cosa da poco"
"Lo spero" dico guardandolo.
Lui sorride e si scompiglia i capelli.
"È surreale, vero? Come tutto possa cambiare direzione"
"Già... La vita di ieri sembra quasi scomparsa"
"La vita che hai vissuto fino a ieri non era vera vita. La mia malattia è la cosa migliore che mi potesse capitare. Cioè, certo, avere dei polmoni che funzionassero a dovere sarebbe stato meglio, ma ho incontrato persone fantastiche che non sono uscite dalla mia vita solo perché sono malato, perché lo sono anche loro. Loro ci sono per me e io ci sono per loro. Sempre e comunque e solo la morte potrà separarci"
"In realtà anche i miei amici mi hanno chiamato per sapere come stavo"
"Gli hai detto che hai un tumore?"
"No..."
"Quando lo farai vedrai che tutti ti supporteranno. I primi tempi, almeno. Poi si stuferanno e i pochi che rimarranno si dimenticheranno di te, si dimenticheranno tutto ciò che avete passato insieme e ti cercheranno solo per pena"
"Non credo che tu sappia cosa sia l'amicizia allora" ribatto. Ma come si permette? Parla di persone che non conosce in un modo totalmente fuori luogo, come ogni cosa che fa del resto.
"Puoi anche arrabbiarti se vuoi, ma ti sorridono gli occhi"
"Ma tu non ce la fai..."
Mi alzo e lui mi segue.
"Andiamo, volevo solo essere carino"
"Bhe, non lo sei, sei solo irritante e irrispettoso"
"Oh, andiamo"
"Smettila di seguirmi"
"Ti ricordo che anche la mia stanza è da questa parte"
"Bhe, allora cambia stanza!"
Gli sbatto la porta in faccia per la seconda volta in questa giornata e mi butto sul letto, con un mal di testa assurdo.
Mi sta già sul cazzo.
Sì, non lo sopporto.
A volte è simpatico e carino, altre volte è l'esatto opposto.
"Se vuoi evitare di restare solo come un cane per il resto della tua permanenza qui ti conviene fidarti di me" ride bussando più volte al di là della porta, senza mai aprirla.
"Fottiti!" urlo.
"Troppo facile così! Non hai degli insulti migliori?"
"Vattene, lasciami in pace!"
"Va bene, va bene... Ma quando conoscerai Avani tornerai strisciando da me"
"Chi è Avani?"
"Una stronza fotonica. Buona fortuna" ride strascicando la a finale di fortuna.
Sento un rumore di passi e la sua ombra si allontana velocemente, lasciandomi finalmente solo.
È tutto troppo confuso nella mia testa, non ho più pensieri o forse ne ho troppi, non riesco a capirlo, ma il mio cervello sembra essersi spento in ogni caso.
Noen mi mette in soggezione ma al tempo stesso sembra essere davvero premuroso, ovviamente a modo suo.
Sto ancora pensando a lui e alle sue catene argentee quando le palpebre cominciano a diventare pesanti nonostante sia presto e non abbia ancora cenato.
I suoi occhi verdi mi restano impressi come una fotografia senza cornice e la sua voce ripete "ti sorridono gli occhi" mentre si scosta i capelli neri dalla fronte. Questo è il mio ultimo pensiero probabilmente: una persona può farti stare così bene e incasinare il tuo universo già completamente ribaltato al tempo stesso?Spazio autrice
Sono felicissima di questo primo capitolo, spero che vi piaccia 💕
Ovviamente non sono un medico, visto anche che ho solo 16 anni non ancora compiuti, ma ho cercato di informarmi il più possibile al riguardo.
Ditemi cosa ne pensate💕💕💕

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Stay
FanficPayton Moormeier è un sedicenne con una vita apparentemente perfetta: ha molti amici, è bravo nello sport e nella musica, piace alle ragazze ed ha un carattere niente male. La sua vita però sta per cambiare completamente direzione e lui ancora non s...