CAPITOLO 1

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9 novembre 1944
Ahhhh finalmente un po' di aria fresca,mio padre dopo un mese di prigionia in casa si è deciso a farmi uscire per fare qualche compera.
Arrivo nel centro di Rothemburg,si sta così bene in questo paesino.
Finisco le compere e resto un po' sul ponte affacciato sul fiume in silenzio a godermi la tranquillità che molto spesso manca.
Dopo un po' di tempo,forse una mezz'oretta,sento gridare il mio nome,mi giro e vedo mio padre scendere di corsa la discesa che porta verso il resto del paese.
"Ora torno a casa tranquillo,se continui così ti prenderai un infarto" guardo mio padre e rido soddisfatta della mia risposta,lo ho sempre odiato e non sarà molto facile perdonarlo
"Non è per quello........ Sono arrivati qui" dice mio padre col fiatone
"Serio?"
Mio padre annuisce,ci guardiamo negli occhi,prendiamo le cose che avevo comprato e corriamo verso casa. Appena arrivati chiudiamo tutto e nascondiamo ogni cosa che possa fare capire che in casa ci possa essere stato qualcuno. Ci nascondiamo,mio padre dentro l'armadio e io sotto al letto. Non eravamo pronti a questo. Sentiamo arrivare il cambio dei militari,bussano alla porta della vecchietta che sta accanto a noi e sentiamo molto poco.
"Ci sono ebrei in queste case?" Chiede un soldato tedesco
"Non lo so vi giuro" la vecchia vicina risponde impaurita,ha negato tutto anche se sapeva bene di noi.
È sempre stata gentile con noi, la considero una nonna, è rimasta senza figli e da quando ci siamo trasferiti ogni domenica andiamo a mangiare da lei. È stata molto coraggiosa, non credevo che potesse rischiare così tanto per proteggerci.
I militari sbuffano e dopo poco bussano alla nostra porta.
Silenzio. Continuano a bussare e alla fine sfondano la porta iniziando a cercare in tutta casa. Entrano in camera di mio padre.
Okey emma non fare cazzate,non devi fiatare o andrà a finire malissimo.
Sento aprire l'armardio e la voce di mio padre che implora. Vedo gli stivali di un militare avvicinarsi.
Aspetta...COSA? cazzo no
Quanto vorrei diventare il pavimento in questo momento.
La pelle degli stivali fa rumore rompendo il silenzio nella stanza. Sento afferrarmi per un polso e in pochi secondi sono allo scoperto.
Papà:" lasciateci vi prego" dice disperato. Lo guardo con gli occhi colmi di lacrime e alzo una spalla in segno di rassegnazione,ormai non c'è più modo di scappare.
Saliamo sul retro del camion insieme ad altre persone come noi che i tedeschi definiscono "bestie" solo per le loro diversità.
Dopo arriviamo alla stazione dove ci caricano su un treno merci con delle finestre minuscole con del filo spinato,qualche ciotola per mangiare le acciughe sotto sale contenute nel barile e i problemi n questo momento erano:
1 manca l'acqua e credo che le persone mangeranno lo stesso le acciughe sotto sale sapendo che moriranno di fame prossimamente, ma magari muoiono di sete durante il viaggio. Lo so che sono negativa ma guardo in faccia la realtà anche se è dura,molto dura avvolte.
2 in questa specie di trasporto mancano i bagni e credo che le ciotole avranno due modi di utilizzo (chi vuole intendere intenda)
Il treno parte e praticamente manca aria,siamo troppe persone e magari se togliessimo il filo spinato un minimo potrebbe migliorare.
"Non riesco a respirare" dice una donna seduta mentre sventola la mano per ricevere un po' d'aria
"Passami la ciotola quando hai finito" dico all'uomo accanto a me che stava mangiando. Quando il mio compagno ha finito prendo  la ciotola e spingo il filo spinato.
"Avete intenzione di aiutarmi o di stare lì impalati?"
Un ragazzo della mia stessa età fa lo stesso e dopo vari tentativi e qualche taglio sulle mani riusciamo a togliere il filo spinato e ad avere un po' più di ossigeno.
"Grazie" la signora di prima mi guarda ringraziandomi facendo un piccolo sorriso
"Siamo tutti nella stessa situazione,dobbiamo supportarci l'un l'altro anche se non ci conosciamo" ricambio il sorriso e il viaggio prosegue.

Number 10.185Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora