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Prologo



Erano le 6:00 di una fredda mattina invernale quando Harry spense il motore della sua moto, posteggiandola nell'apposito spazio lungo la strada.

Sfilò il casco e una cascata di ricci color cioccolato gli ricaddero sulle spalle.

Sorrise perché Anne, sua madre, insisteva nel dirgli che fossero troppo lunghi, ma a lui piacevano così. Non aveva mai amato mantenere lo stesso taglio di capelli per troppo tempo e, durante quella fase di crescita, aveva più volte temuto di aver preso la decisione sbagliata dal momento che, più si allungavano, maggiore era la difficoltà che aveva nel gestire quella massa ribelle di ricci che si ritrovava in testa.

In passato aveva attraversato il periodo del codino e del fermaglio per tenere indietro quei ciuffi scompigliati che ricadevano a coprirgli gli occhi; poi era stata la volta delle bandane e dei foulard, che aveva imparato a legare magistralmente attorno al capo, tanto da renderli un perfetto completamento del suo look; finché i suoi ricci non avevano poi raggiunto quella lunghezza che considerava l'ideale.

Con un piccolo balzo superò il gradino, salendo sul marciapiede e facendo attenzione a non scivolare sull'asfalto bagnato – era noto per il suo scarso senso dell'equilibrio, che nei mesi invernali come quello si faceva ancora più pericolante – raggiungendo in pochi passi la saracinesca della sua caffetteria. S'inginocchiò per aprire il lucchetto e, facendo forza con le braccia, sollevò la serranda, che si alzò fino in cima scoprendo la vetrina e l'insegna del locale: Liberty Cafè.

Harry era molto orgoglioso di quel piccolo angolo di paradiso personale, situato nel quartiere Downtown di Boston, a pochi passi dal Boston Common, il parco più antico d'America, che era riuscito a conquistarsi con non poco sudore.

Difatti, non avendo mai aspirato a frequentare un college o un'università, terminato il liceo a 18 anni aveva preferito iniziare subito a lavorare per dare una mano a sua madre e guadagnarsi così anche un minimo di quell'indipendenza che da sempre agognava.

Tanto più che di studiosa in famiglia c'era già sua sorella Gemma.

Perciò aveva acconsentito a fare i lavori più disparati per riuscire a racimolare qualche soldo, finché un giorno gli si era presentata davanti la sua grande occasione quando il proprietario della tavola calda in cui lavorava come cameriere gli aveva confidato la sua decisione di chiudere l'attività, dal momento che aveva raggiunto un'età avanzata e nessuno dei suoi figli era intenzionato a prendere il comando al suo posto.

Harry aveva fatto qualche conto, si era confrontato con sua madre e aveva poi chiesto un prestito alla banca, prima di parlare con il signor Wilson e avanzargli la proposta di poter ritirare lui stesso il locale.

Fortunatamente, l'uomo era stato ben felice di lasciare tutto nelle mani di quel giovanotto gentile e intraprendente qual era Harry - andandogli anche incontro con i pagamenti - il quale si era fin da subito rimboccato le maniche, trasformando la tavola calda nella deliziosa caffetteria che era oggi.

Il Liberty Cafè era nato dalla sua idea di creare un luogo tranquillo in cui chiunque avrebbe potuto sostare per cercare riparo dalle rigide temperature invernali o un po' di frescura da quelle estive, decisamente più calde, gustando quella che a suo parere era la bevanda più buona sulla faccia della terra.

Infilò la chiave nella serratura e velocemente aprì la porta, lasciandosi invadere le narici da quel tipico aroma di caffè che aveva impregnato le mura del locale e che lui tanto amava.

Si affrettò ad accendere le grandi macchine riservate alla torrefazione a vista, cosicché i clienti stessi potessero vedere con i loro occhi la preparazione del caffè, prima di andare a riporre il casco nel piccolo ufficio sul retro, spogliarsi della giacca e infilare il grembiule nero, legandolo attorno alla vita.

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