Capitolo 5: Lingualunga

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La coppia di umani lo aveva ospitato per tutto il viaggio, offrendogli almeno un pasto al giorno. Doveva essere gente di campagna per essere così gentile, ma Jaceo non voleva approfittarsene troppo, anche se la zuppa di gnoll non era male. Certo, doveva superare l'odore di cane bagnato ma una volta messa in bocca non era totalmente disgustosa. E Jaceo era abituato alle cose disgustose. Rabbrividì passandosi la lingua sui canini. Tornò a pensare a quanto fosse economica la carne di gnoll. Forse avrebbe potuto comprarne un po' per il prossimo viaggio, in modo da non dover convivere con fagioli in scatola e pane raffermo.

Fu la carne di gnoll e qualcos'altro a indirizzarlo verso la sua disavventura al bazar. Il mercato era così grande che vi si era perso dentro, riuscendo ad arrivare a palazzo appena prima che i cancelli si chiudessero. Se avesse seguito la strada principale non ci sarebbe stato il problema del tempo, ma per arrivare ai cancelli imperiali occorreva o attraversare forzatamente la Chiesa del Creatore o il mercato, il che sarebbe risultato inverosimile in un'altra città, ma qui ad Heaven due cose erano venerate: il Creatore e il denaro. Non a caso in una situazione normale solo mercanti e pellegrini potevano accedervi. Non era poi così innaturale che le vie per l'imperatore fossero solo queste due. Non che Jaceo non avesse le idee chiare su quale scegliere. Il solo vedere il marmo candido della Chiesa gli aveva fatto contorcere le budella.
Arrivato nel maestoso cortile fiorito del palazzo, gli avventurieri stavano già venedo divisi in file dal Gran Ciambellano di corte. Solo un altro uomo era arrivato più in ritardo di lui e fu lo stesso uomo a mettersi alle sue spalle, in fila. Jaceo non lo notò subito, impegnato com'era ad ascoltare le disposizioni della figura che li stava dividendo in file, ma volgendo appena lo sguardo, una forte puzza di sudore gli invase le narici. Trattenne un colpo di tosse. Per essere palesemente un umano, quel ragazzo  era davvero un colosso. Una montagna di muscoli alta due metri, con uno spadone lungo quanto lui sulla schiena che spuntava dalla spalla destra per riapparire dietro il polpaccio sinistro. I capelli erano neri, arruffati, e finivano in folte basette. Jaceo, dall'alto del suo metro e settanta, però non sembrava intimorito. L'umano, che poteva sembrare sulla ventina d'anni, per quanto grezzo nei linementi, come una statua non ancora completata, aveva un'espressione ebete. Sembrava stanco e perso nel vuoto. Masticava un tozzo di pane come se fosse la più gustosa bistecca del mondo.

L'umano gli rivolgeva uno sguardo stanco ogni volta che Jaceo lo guardava. "Qualche problema?" Gli aveva chiesto. Jaceo non si sentiva minacciato malgrado la sua stazza. Il ragazzo per il tono che aveva usato sembrava solo genuinamente curioso.

"No no... Sembri solo molto stanco."

"Si ho avuto un viaggio lungo. Ho preso la catena a Nord."

"A Nord?" Jaceo non ci credeva moltissimo. Da Nord gli sembrva aver sentito non passasse nessuno da tempo.

"Già... Le guardie all'ingresso della città, mi han detto che non vedevano arrivare nessuno da cinque anni. Assurdo eh?" Il ragazzo parlava come se avesse appena attravaersato il cortile di casa.

"Wow... Beh sembri molto tranquillo."

"Sono stanco morto. E' un uccellaccio bastardo si è rubato le mie biglie." Disse il ragazzo mettendo il broncio. "Mi piacevano quelle biglie."

Jaceo trattenne una risata. "Piacere, Jaceo."

"Dorian." Rispose l'umano con la voce strozzata da un tozzo di pane. Tossì forte.

"La volete finire voi tre la dietro?" Disse un mezz'orco davanti a Jaceo, con pacatezza. "Mostrate un po' di contegno."

"Sono un avventuriero amico. Sono fatto così. Come ti chiami?" Rispose Dorian con un sorriso esausto. Il mezz'orco sembrò tentennare per un attimo, poi rispose tranquillamente.

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