Capitolo 17

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Capitolo 17

Quel giorno fu davvero, davvero depresso.

Ian riusciva a camminare, zoppicando, grazie alle mie cure e all'ambrosia e al nettare (che assumeva a quantità regolari ogni quattro ore), ma faceva di tutto per evitarmi.

Si appostava in un angolo e mi guardava male, chiacchierava con Fabio e mi guardava in cagnesco.

E quando non mi guardava era anche peggio!

Mi faceva venire i sensi di colpa! Era scorretto!

Non ce la facevo più a vederlo così, si era rifiutato sia di fare colazione, sia di pranzare e sia di cenare, perché avevo cucinato io e non voleva "assumere cibo amaro come il mio cuore"... anche se l'unica a saper fare il latte caldo ero io.

Ero stata troppo dura? Lui non era stato da meno durante la mia permanenza al campo mezzosangue!

Cosa potevo fare per far tornare le cosa alla normalità? Cedere e far finta di amarlo davvero? Ma così non sarebbe stato peggio?

Però una cosa la sapevo: dovevo fare qualcosa, e presto anche.

p.s. Non ricordavo che il mare dei mostri fosse tanto vasto... ci stavamo mettendo una vita!

***

Quella notte mi alzai dal letto e a piedi nudi attraversai la stanza. Il freddo mi saliva dai piedi fin nelle ossa mentre camminavo per il lungo corridoio.

Davanti a me vidi l'omba di Fabio che si apprestava a entrare... nel vuoto, per compiere un viaggio nel buio.

Via libera.

Sgattaiolai dentro la stanza di Ian e Fabio e cercai il letto di mio fratello con gli occhi.

La stanza era grande come la mia, con due letti ai lati: uno all'angolo estremo, l'altro quasi accanto alla porta. Individuai Ian dormiente in quello più nascosto.

Mi infilai sotto le coperte con lui, svegliandolo, e fu costretto a lasciarmi spazio.

- Cosa diavolo stai facendo!? - mi sussurrò.

- Quello che vuoi tu - risposi, guardando il soffitto. Tutta la stanza era rischiarata da un azzurrino proveniente dalla finestra dalla quale entravano i raggi della luna amplificati dall'acqua.

- Spiegati... - mi disse circospetto.

Io mi girai di fianco, avvicinandomi e guardandolo negli occhi. - Farò qualunque cosa tu voglia fare ora - sussurrai. - Come scusa per ieri... -

Lui rimase zitto a guardarmi.

Esitante mi posò una mano sul fianco, io non mi ritrassi, sussultai solo per la sorpresa.

Allora lui mi bacio, io non mi opposi, come avevo promesso.

Mi stringeva e mi avvicinava sempre di più, fino a far aderire i nostri corpi. Sentivo le mani di lui che lentamente scendevano dalle spalle alla schiena, fino a fermarsi all'altezza dei fianchi. Istintivamente, non perché lo volessi davvero, anch'io gli strinsi le braccia intorno alla schiena: quel contatto mi faceva ansimare.

A quel punto rotolò i nostri corpi e si posizionò sopra di me, tenendosi sui gomiti per non schiacciarmi col suo peso. Ogni tanto gemeva per il dolore alla gamba, ma non gli importava. Continuava ad accarezzarmi le gambe, finché non ne afferrò una e la tirò in avanti.

Io non mi stavo ribellando in alcun modo, perché era stata una mia idea quella di andare in camera sua e sempre mia era stata l'idea di dargli carta bianca. Però non potevo negare che mi stava salendo una paura che mi faceva sbarellare, quasi.

The last Ares' DaughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora