PARTE DUE

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All'inizio non ricordavo nulla della mia vita prima di essere stata adottata, non ricordavo chi fossero i miei veri genitori e l'unico ricordo che avevo di quel nuovo inizio era di essere stata adottata all'età di 13 anni da un orfanotrofio gestito da suore, in cima a una bella collina circondata da ulivi, in Toscana. L'orfanotrofio si chiamava Convento Beatificato di Santa Maria degli Innocenti e si trovava nella provincia di Firenze.
Mi piaceva molto stare lì, c'era molta pace, molta tranquillità e quindi avevo molto tempo per cercare di ricordare il mio tragico passato, dato che dopo un periodo in cui avevo perso la memoria, ero riuscita con molto sforzo a far riaffiorare alcuni dei terribili momenti del mio passato, anche se avrei preferito non farlo e ignorare il mio tragico e orribile passato.
Ovviamente le suore avevano provato a chiedermi qualcosa di più del mio passato e sulle ragioni per cui non mi trovavo con i mei genitori biologici. Non ho mai risposto, per diverse ragioni: innanzitutto pensavo che non mi avrebbero mai capita e perciò mi avrebbero presa come una strana e poi perché pensavo anche che loro mi avrebbero rimandato alla mia casa natale e io non volevo mai più tornarci.
In ogni caso, il giorno in cui sono stata adottata me lo ricordo bene. Era circa il 12 o il 13 di ottobre, era una mattina fresca, con delle fresche punte di un leggero vento autunnale che faceva cadere le prime foglie variopinte dagli alberi, sopra la collina degli ulivi il cielo era coperto di grigie distese di nuvole, mentre dalla base della collina saliva pian piano una leggera nebbia umida.
Tutte le suore, erano insolitamente e sorprendentemente agitate. C'era qualche suora che correndo qua e là recitava ansiosamente il rosario; qualcun'altra che pulendo freneticamente recitava il Padre Nostro sibilando di tanto in tanto che bisognava darsi una mossa e c'erano addirittura alcune suore che camminavano avanti e indietro dalla porta (perennemente chiusa) della madre superiora in cerca di qualche consiglio o benedizione.
Io ero appena uscita dalla mia camera e non capii cosa fosse tutta quella confusione, decisi di fermare una suora che stava correndo velocemente, probabilmente verso la porta della badessa, per chiederle il perchè di tutta dell'improvvisa agitazione.
Lei sorpresa, mi rispose:
"Ma come? Non sai nulla?"
Io feci cenno di no con la testa e la suora proseguì:
"Stanno arrivando due persone, un uomo e una donna, che sono sposati da 15 anni ma non sono mai riusciti ad avere figli, perciò hanno deciso di venire qui dalla loro città per adottare due bambini o 2 adolescenti."
Io chiesi:
"Ma la causa di tutta questa agitazione è che stanno arrivando? Qui? Adesso?"
Lei replicò soltanto con un sì, poi tornò a fare le sue cose.
Io a quel punto scrollai le spalle, poi andai nella sala dove tutti noi mangiavamo, bisbigliando di tanto in tanto, ma rimanendo in silenzio per la maggior parte dei nostri pasti. Prima di ogni pasto dovevamo dire qualche preghiera.
La "sala dei banchetti" mi ricordava un po' la sala grande di Hogwarts di Harry Potter, dove tutte quattro le cascate si riunivano a mangiare, insieme ai professori.
Avevo letto tutti i libri di Harry Potter e avevo visto anche i film, lo adoravo. Avevo provato quando vivevo ancora con i miei genitori, per semplice curiosità personale, a fare il test della mia casa e del mio Patronus. Ero una griffondoro e avevo il Patronus della cerva, lo stesso del professore di pozioni, Severus Piton, il mio personaggio preferito.
Harry Potter era una delle poche cose che mi faceva essere distante dal mio maledetto passato.
Ritornai alla realtà solo quando mi resi conto di aver finito la colazione e stavo lì a fissare il vuoto. In quel momento ritornai in camera mia e mi misi a rileggere per la milionesima volta Harry Potter e il Principe Mezzosangue, che mi aveva prestato una suora, anche lei appassionata del mio stesso genere letterario.
Ad un certo punto, bussarono alla mia porta, interrompendo quella mia lettura intensa, spaventandomi.
Mi resi conto che mi stavo perdendo nei miei pensieri e avevano bussato di nuovo alla porta e fu allora che esclamai, semplicemente:
"Avanti!"
A bussare, era stata la madre superiora, con due persone: un uomo e una donna, entrambi sembravano molto giovani, nonostante Suor Teresa avesse detto che erano sposati da 15 anni.
L'uomo era alto e magro, leggermente abbronzato (ma nulla di eccessivo), con i capelli di un nero ebano, erano mossi e gli arrivavano alle spalle; gli occhi erano neri e molto profondi, lasciando trapelare un carattere di una persona che non parla molto, ma sicura di sé; la bocca era particolare le labbra erano sottili e si posizionavano alla perfezione sul mento leggermente sporgente; aveva un naso greco che sembrava uscito dalle sculture di marmo di Donatello e il suo viso spigoloso assomigliava al David di Michelangelo. Fisicamente sembrava abbastanza muscoloso e perfetto. Era anche vestito molto bene, con un cappotto nero aperto sopra un maglioncino a collo alto, indossava un paio di jeans azzurri e delle Converse basse e nere (le mie scarpe preferite). Secondo me avrà avuto circa 36 anni al massimo.
La donna era bellissima ed era anche lei alta e magra, ma era un po' piú bassa del marito. Aveva i capelli molto lunghi sciolti fino a metà coscia, biondi e liscissimi; gli occhi azzurri erano belli come il mare che rispecchiavano una dolcezza infinita, il naso era a patata e stava benissimo sul suo viso perfetto e dolce. La bocca era perfetta, con delle labbra di media grandezza e inoltre molto rosse e belle, sorrideva e mostrava i suoi denti bianchissimi e senza difetti. Aveva un mento arrotondato, che completava la bellezza di quel volto.
Fisicamente era bellissima, molto magra e slanciata e sembrava una persona sportiva.
Era vestita con un lungo cappotto beige, aperto, che lasciava vedere una camicia azzurra, i pantaloni erano marrone chiaro ed erano allacciati da una cintura nera di Gucci, le scarpe erano delle Adidas bianche e argento. L'intero outfit era accompagnato da una borsa di Luis Vuitton rosa e marrone.
Secondo me aveva 34 o 35 anni.
Avevo capito immediatamente che erano venuti ad adottare me e per questo motivo cercavo di mantenere la calma, senza dimostrare la mia enorme preoccupazione anche se non riuscivo perchè pensavo che potessero succedere le stesse cose che erano capitate a casa dei miei genitori biologici e che mi avevano fatto scappare da quella maledetta casa.
A quel punto la madre superiore disse solennemente:
"Aurora, loro sono Dario e Giorgia, sono venuti fino a qui da Bologna per adottare te e un'altra persona di questo orfanotrofio."
Io tranquillamente chiesi:
"Ok, devo preparare le mie cose?"
A quel punto Giorgia, la mia futura madre mi rivolse la parola:
"Ciao Aurora, sono Giorgia e lui è mio marito Dario, se vuoi ti possiamo dare una mano a prepararti ."
Io le risposi che mi stava bene. Così a primo impatto sembravano brave persone, molto cortesi e disponibili, ma dovevo capire i loro comportamenti e se mi avrebbero fatto del male in futuro.
Abbiamo parlato un po', ho scoperto che Giorgia ha frequentato il liceo classico e lavorava come avvocato, inoltre ha detto che amava la musica ed era una promessa del violino ma a causa di un'incidente all'età di 16 anni dovette abbandonare per fare riabilitazione dato che si era rotta un braccio e una gamba, nel mentre si era appassionata allo yoga e lo aveva iniziato a praticare.
Sembrava una persona molto loquace, aperta e divertente. Mi stava abbastanza simpatica.
A quel punto, quando finimmo di mettere a posto le ultime cose, Dario vide che stavo leggendo Harry Potter e il Principe Mezzosangue e disse che adorava tutta la saga e la trovava fantastica.
Da quel momento, dall'uomo freddo, distaccato e di poche parole ma sicuro di sé incominciò a parlare molto di sé, raccontando di aver studiato al liceo scientifico e adesso lavorava presso l'Alma Mater Studiorum come ricercatore e amava il calcio, il nuoto e leggere.
Sembravano entrambe due brave persone, molto loquaci e sembrava che essere scappata di casa a causa del suicidio di mia madre biologica mi avesse portato ad avere un padre amorevole e una madre in salute.
Hanno adottato anche Francesco, un ragazzo di 12 anni con i capelli corti, ricci e castani, gli occhi verdi smeraldo e di un'allegria contagiosa. Era un po' più basso di me, ma era magro come un chiodo e quando giocava a calcio in cortile era velocissimo. Caratterialmente era anche molto buono e cercava di aiutare tutti come poteva, senza chiedere molto favori in cambio per sé.
Usciti dall'orfanotrofio , notai che i miei nuovi genitori si dirigevano verso una bellissima Volvo V40 argentata e ci hanno fatto salire.
Mentre guardavo la nebbia e poi la pioggia, chiedendomi se fosse successo anche con loro, mi ero messa a ripensare a tutte le volte che il mio padre biologico tornava a casa ubriaco o sotto l'effetto della cocaina e iniziava a picchiare e a insultare mia madre dandole dell'inutile fallita o della schiava, mentre io ero in camera mia a piangere ascoltando quelle urla. La mia vita difficile lo era diventata ancora di più il giorno in cui, tornando a casa da scuola trovai mia madre distesa a terra, nell'ingresso, in una pozza di sangue e delle lamette con un biglietto a fianco con scritto soltanto:
"Cara Aurora, mi dispiace che tu abbia dovuto ritrovare il mio corpo, mi dispiace ma non ce la facevo più. Prenditi cura di te. Ti voglio un bene infinito".
Scoppiai a piangere dalla tristezza e dalla rabbia. Sapevo che mio padre non poteva averla uccisa perchè la mattina non era mai a casa e quindi si doveva essere suicidata.
Mi ricordo che mentre piangevo, tirando pugni ai muri, iniziai a prendere un po' di mie cose per poter scappare di casa e non farmi trovare mai piú da mio padre.
Non mi ero nemmeno accorta che avevo iniziato a piangere, mi hanno riportato alla realtà gli altri e mi hanno chiesto perchè fossi così triste e perchè stessi piangendo, allora tra una lacrima e l'altra spiegai il mio passato, dopo un bel po' che non ne parlavo con nessuno.
Loro mi consolarono e mi dissero subito che andava tutto bene e finalmente potevo fuggire da quella maledetta situazione.
All'improvviso aprii gli occhi, era notte ed ero nel letto della mia camera, uscii un attimo dalla mia camera e accesi la luce del corridoio e andai verso la camera dei miei ed erano entrambi lì, a dormire abbracciati. Era stato tutto un sogno, anzi un orribile incubo, per fortuna, anche perché i miei genitori non avevano mai litigato e si amavano alla follia. Sollevata, ritornai a dormire felice.

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