Capitolo due 🦈

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Rin sta tornando in Giappone. Studierà qui.
Rin sta tornando in Giappone. Studierà qui.
Rin sta tornando in Giappone. Studierà qui.

Le parole del mio amico Makoto continuavano a rimbombare in loop nella mia mente, senza manifestare la benché minima intenzione di darmi tregua.
Credevo di aver rilegato Rin Matsuoka in un periodo passato che non sentivo più appartenermi, ma mi ero bastato sentire quella semplice frase per far crollare pateticamente la mia ingenua convinzione.
La verità era che non ero mai riuscita a mettere una pietra sopra a tutta la faccenda della sua partenza improvvisa, continuando a sentire il rumore sordo del rancore bruciarmi dentro al petto.
Io e quel bambino dai capelli color vinaccia nei miei ricordi eravamo ciò di più lontano dall'essere amici, eppure il nostro rapporto del passato non poteva essere descritto da nessuna parola esistente sul vocabolario. Non era amicizia, ma non era odio. Si poteva collocare su un livello di intesa che trascendeva da qualsiasi stadio raggiungibile da due normali amici.
La nostra vecchia rivalità ci aveva spinti molto più in alto. In un luogo dove la presenza dell'altro era a modo suo insostituibile.
Per me almeno era sempre stato così, ma forse per Rin non era mai stata la stessa cosa, considerando che era andato via senza dirmi nemmeno una parola.
Gli altri erano stati avvisati con un piccolo margine di anticipo, ma almeno informati, mentre io non ero stata ritenuta da lui abbastanza importante al punto da ricevere la notizia.
Avevo scoperto tutto la mattina stessa della partenza, quando Makoto mi aveva chiesto ingenuamente: <<Hai salutato Rin?>>
Da lì era stata una corsa contro il tempo per arrivare alla fermata di autobus, ma purtroppo il tutto si era concluso davanti a una banchina completamente vuota. Era partito prima del mio arrivo ed io ero rimasta a bocca asciutta, a contemplare la strada per un tempo lunghissimo, con solo uno stretto nodo alla gola a tenermi compagnia.
Non avevo mai dimenticato la rabbia e l'umiliazione di quel freddo giorno invernale. Era stato capace di gelare un po' anche il mio cuore, in un modo o nell'altro.
Strinsi con più vigore la cinghia della mia cartella scolastica, cercando di spostare i miei pensieri altrove.
Chiusi infatti gli occhi per qualche secondo, fermandomi nel bel mezzo di una delle tante scalinate che mi portavano nella mia vecchia casa; semplicemente per respirare il profumo familiare e inebriante del mare.
Ero solita passare da casa ogni volta che capitavo per Iwatobi, in modo da tenere a bada quella donna paranoica che era mia madre. Non era mai stata completamente d'accordo rispetto al mio trasferimento nel dormitorio della Kirigaoka, ma alla fine si era arresa davanti alla mia forte determinazione nel voler realizzare il mio sogno più grande: continuare a nuotare.
Era solo una madre apprensiva e non potevo biasimarla per questo, ben conscia dell'immenso valore che dava alla famiglia.
Avevo lasciato quel piccolo paese poco più di un anno prima, tornando solo di tanto in tanto quando ne avevo tempo o più stabilmente per le vacanze, ma ogni volta che ci rimettevo piede mi sentivo come se non lo avessi lasciato mai.
C'erano sempre gli stessi due bambini che giocavano a palla in un piccolo spazio libero, dichiarando all'altro di essere il più forte del duo. Finendo poi col riempirsi sempre di piccole ferite e cerotti sparsi ovunque.
C'era la stessa signora della casa di fronte che aveva una vera e propria ossessione per il proprio bucato, tanto da controllarlo continuamente spinta dalla paranoia di vedere chissà chi rubarle qualcosa dal filo della biancheria.
Per non parlare della famosa anziana fuori di testa del vicinato. Il suo vero nome non me lo ricordavo, ma era conosciuta da tutti con il nome di Wasuremono, che letteralmente era una parola utilizzata per riferirsi a un oggetto perso o dimenticato da qualche parte.
La signora Wasuremono infatti era fissata con la posta altrui, tanto che spesso e volentieri era stata beccata mentre trafugava dalla cassetta delle lettere buste appartenenti ad altre persone. Nessuno sapeva esattamente il motivo, ma ormai tutti conoscevano la situazione ed evitavano di arrabbiarsi.
Il vicino più particolare era però il signore Urashima, un uomo sempre apparentemente burbero e scontroso, ma che passava il proprio tempo a preparare deliziosi manicaretti che poi distribuiva gratuitamente a tutto il vicinato.
Era un piccolo paese molto strano, ma era la mia casa ed era il posto in assoluto che preferivo al mondo, forse secondo solo alla piscina. Mi sentivo in pace con me stessa solo in questi due luoghi.
Per me contavano più di qualsiasi altra cosa.

• • • •

La luce che passava attraverso l'acqua era lo spettacolo che più preferivo ammirare.
Dopo un lungo e faticoso allenamento amavo lasciarmi andare contro il fondo, mantenendo gli occhialini ben piantati sul viso, così da aprire gli occhi e ammirare il mondo dal punto più profondo della piscina.
Amavo quel silenzio quasi surreale, interrotto solo occasionalmente dal suono dei corpi che si tuffavano in lontananza, mandando fino a me piccole vibrazioni causate dallo spostamento dell'acqua circostante.
Lì riuscivo davvero a focalizzarmi sui miei pensieri, almeno finché il bisogno di ossigeno non diventava per me una necessità impellente.
Col tempo ero diventata molto brava a restare in apnea e riuscivo a prendermi quasi tre minuti ogni volta per ammirare il mondo sopra di me da quella prospettiva non ordinaria.
Solitamente quando ero immersa riuscivo a pensare solo a cose belle, ma quel giorno nei miei pensieri entrò prepotentemente il ricordo di un giovane Rin Matsuoka. Portando la mia mente a rivivere un ricordo di cinque anni prima, forse di un mese prima della sua partenza per l'Australia.

<<T/N, ci stai per una gara di apnea? Mi sono allenato nella vasca da bagno come fa Haruka e sono diventato fortissimo, sento di poterti battere>> commentò il bambino dai capelli vinaccia, avvicinandosi trionfante a me.
<<Una gara di apnea dici? Lo sai che non mi tiro mai indietro quando si tratta di farti piangere per la sconfitta>> commentai divertita, ripensando alle divertenti reazioni passate del bambino.
Rin non sapeva perdere e finiva puntualmente col piagnucolare, tuttavia non demordeva e il giorno dopo tornava ancora più determinato della volta precedente.
<<Hai le allucinazioni. Io non piango mai. Gli uomini non piangono per queste cose>> rispose lui con un leggero broncio.
Alzai gli occhi al cielo, tuttavia senza riuscire a nascondere il mio divertimento.
Era il nostro modo per comunicare e per rafforzare il legame tra di noi. Non conoscevamo altri metodi se non quello di sfidarci continuamente alla ricerca di un dominio che tuttavia nessuno dei due riusciva mai a raggiungere.
<<Ma se praticamente metà di questa piscina è stata riempita con le tue lacrime...>> commentai io, ottenendo una piccola spinta dal bambino in questione, alla quale risposi immediatamente con la medesima enfasi.
Successivamente iniziammo a ridere entrambi, riuscendo a prepararci solo qualche secondo dopo per l'ennesima sfida.
Entrambi ci calammo gli occhialini sul viso, per poi prendere un'enorme boccata di aria ed andare con la testa sotto il pelo dell'acqua.

Dopo tutti quegli anni ovviamente non ricordavo l'esito di quella piccola gara, ma tuttavia nella mia mente era ancora ben impresso il momento in cui avevo aperto gli occhi una volta sotto l'acqua, trovando il viso del bambino a pochi centimetri da me.
La sorpresa mi aveva provocato un leggero batticuore, soprattutto quando Rin mi aveva sorriso in un modo che nonostante il tempo non ero ancora riuscita a dimenticare.

Aprii di colpo gli occhi, tuttavia non trovando nessun bambino sorridente davanti a me. Solo una distesa bluastra di acqua e qualche gamba in movimento in lontananza.
Sospirai, tornando in superficie.
Quel Rin apparteneva a un tempo passato. Quel Rin che stava per tornare dall'Australia adesso era per me poco più che un estraneo.

 ꓴӄ౹ყ꤀ || Rin Matsuoka x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora