1. L'invito

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Il primo passo verso la mia totale rovina lo feci in una giornata d'autunno. Pioveva, o meglio, diluviava. I miei ricordi sono piuttosto sbiaditi, perché a fine giornata non ci arrivai certamente sobrio.

Iniziò tutto con una chiamata di Andrès. Mi disse che aveva una grande notizia, una cosa di estrema importanza.
«Non posso aspettare. Da me tra mezz'ora.» disse, e francamente non mi dispiaceva affatto vederlo.
Ma non mi sarei mai aspettato ciò che mi stava per dire.
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«Mi sposo!» annunciò appena mi vide sulla soglia della porta. Era davvero felice.
Chiariamoci, non era la prima volta che si sposava. Non avrei dovuto sorprendermi così tanto. Ma io credevo che qualcosa fosse cambiato. Credevo avesse capito, ma evidentemente non era così. Ed allora io cosa altro potevo fare se non essere felice per lui?
Sorrisi, poi gli diedi una pacca sulla spalla. Mi invitò ad entrare e mi offrì qualcosa da bere.
«Volentieri» risposi.
Andrès mi conosceva ed anche troppo bene.
«Sai, lei mi rende felice.»
Annuii.
«Ma non quanto te» continuò, sorridendo.
Non potevo più aspettare.
«Andrès, cosa c'è tra noi due?»
«Amore, Martìn.»
Nel momento in cui pronunciò quelle parole mi alzai di scatto, lo sguardo fisso su di lui.
«Ma non è l'amore di cui tu hai bisogno» fece una pausa di qualche secondo, poi continuò
«Nè quello di cui ho bisogno io.»
Lo lasciai andare avanti, ma non aggiunse più nulla.
«Tieni» mi disse, porgendomi l'invito. L'invito per il suo fottuto matrimonio.
«Ora è meglio che tu vada.»
Così, senza dire una parola, uscii.
Mi fermai per comprare una bottiglia di Martini. Non so quanto bevvi, ma quando arrivai a casa ero già ubriaco.
Un sorso. Un pugno al muro. Un altro sorso. Un altro pugno al muro.
Andai avanti così fino all'alba, quando qualcuno bussò alla porta. Si trattava di Sergio.
«So che Andrès ti ha dato la notizia.» mi disse subito dopo essere entrato.
«Già.» fu l'unica cosa che riuscii a dire.
Erano circa le cinque del mattino, o almeno questa fu la risposta di Sergio quando gli chiesi che ore erano.
«Come va?» mi chiese, dopo qualche secondo di silenzio.
«Benissimo, come dovrebbe andare altrimenti? Ho appena saputo che il mio migliore amico si sposa!»
«Per la quinta volta» aggiunse lui.
«Cosa vuoi, Sergio?»
Sapevo dove voleva arrivare.
«So quello che provi.»
«Io?» sorrisi, poi continuai «Non so di cosa tu stia parlando.»
«Invece lo sai benissimo.»
Abbassai lo sguardo.
«Arriva al punto.» gli dissi. Quella discussione stava prendendo una brutta piega.
«Ti do un consiglio, Martìn: arrenditi. Sai anche tu di non avere speranza, e sai anche che lui ne ha ancor meno di te.»
Sapevo che Andrès era malato, ma non mi importava. Non mi importava neanche lontanamente, perché lo amavo. Lo amavo più di quanto avrei dovuto.
«Non mi servono i tuoi consigli.» gli risposi freddamente.
«È meglio che io vada.» disse, a quel punto.
«Si, hai ragione. È meglio che tu vada.»
Così rimasi di nuovo solo, a chiedermi cosa ne stavo facendo della mia vita. Innamorato di un criminale.

Sergio non mi ha mai detto il vero motivo per cui mi venne a trovare quel giorno, ma non l'ho mai voluto sapere. Una parte di me spera ancora che glielo abbia chiesto Andrès.
Forse aveva ragione, non avevo speranze. Ma io non mi arresi.

Il primo passo verso la mia totale rovina fu l'illusione. L'illusione che un giorno lui mi avrebbe amato.

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