Non ebbi notizie di lui per quasi due anni. Due anni nei quali la mia vita mi sembrava priva di un senso. Mi sentivo vuoto. Inutile. Non vivevo, sopravvivevo. Mi sembrava di vivere in un incubo.
Poi arrivò quel giorno.
Quel giorno in cui ricevetti la telefonata.Un numerò anonimo.
Risposi, come sempre, in preda all'illusione che fosse lui.
Ma quella volta non mi sbagliavo.
«Pronto?»
«Martìn»
Era la sua voce, ne ero certo. O almeno, ne fui certo per qualche secondo, perché non ci volle molto prima che iniziassi a dubitare della mia salute mentale.
«Andrés» risposi, quasi sussurrando.
«Si, sono io.»
Ci fu una pausa di qualche secondo, mentre nella mia testa c'era tutt'altro che silenzio.
«Martìn, io sono alla Zecca di Stato.
Le cose non stanno andando alla perfezione, ma immagino che tu già sappia tutto.»
«Si, lo so.» dissi, per poi lasciarlo continuare.
«Mi chiedevo per quanto tempo ancora sarò vivo. Uscirò da qui? Cosa succederà dopo?
Il punto è che non ne ho idea. Io, non ne ho idea. E questo non sapere mi manda in crisi.»
Fece qualche secondo di pausa.
«Martìn, io non so come andranno le cose, ma volevo farti sapere che ti amo.
Si, ti amo. Ma questo amore sarà la nostra rovina.»
«Torna Andrès. Posso giurarti che le cose andranno meglio. Però ti prego, torna. Perché io ho bisogno di te, e anche tu hai bisogno di me. Lo sai.»
«Non posso Martìn. È un suicidio.»
«Cosa ti costa provare?» urlai, tra un breve respiro affannato ed un altro.
«Non posso Martìn, non ho scelta!
È finita, devi accettarlo, andare avanti.» rispose a tono.
Fece una breve pausa, riprendendo presto la calma.
«Devi andare avanti. Devi farlo perché io non so se ci riuscirò. Non so se ne avrò la possibilità.
Ora devo andare. Addio, Martìn.»
«Addio Andrès» risposi con un filo di voce.«Sei un figlio di puttana!» urlai, come se potesse sentirmi. Come se volesse sentirmi.
Ma non era così.
*****
Seguii attentamente l'attacco, aggrappato alla speranza di un ritorno di Andrés.
Ma le mie speranze ebbero vita breve.
«Concluso l'attacco alla Zecca di Stato.
Ucciso dalla polizia Andrès De Fonollosa, fuggito il resto della banda.»
Una parte di me a quelle parole morì, ed era impossibile riportarla in vita senza di lui.
Non è morto. Sergio non lo avrebbe mai lasciato morire. No. Non è possibile.
Ripetevo, come se in questo modo le cose cambiassero.«Sei un pezzo di merda, lo sai?
Ti avrei dato tutto ció di cui avresti avuto bisogno.
Ti avrei amato, Andrès, e tu avresti amato me.
Lo avresti fatto, vero?» urlavo, e le mie parole svanivano tra l'alcol e le lacrime.Dopo la notizia, i dubbi iniziarono ad assalirmi, a distruggermi.
Continuavo a pormi domande alle quali non avrei mai avuto una risposta.
E tutti quei dubbi, quelle domande senza risposta, sono stati il quarto passo verso la mia totale rovina.
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Dolore|| Palermo
Fiksi Penggemar"Cos'è il dolore? È qualcosa che ti distrugge. Qualcosa che ti fa smettere di ragionare. Qualcosa che ti può rovinare. Queste sono le cose che hanno distrutto me, che mi hanno reso vuoto. La mia rovina. Si può racchiudere tutto con un semplice nome...