~ Capitolo 3 ~

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UN MESE DOPO
Erano le 7:45 di una meravigliosa giornata, ed io ero pronta per la colazione. Da qualche giorno era iniziata l'esposizione mista di quadri al centro commerciale, a beneficio dei bambini di strada, organizzata dalla Facoltà di belle arti di Istanbul. E in merito a quel impegno, avrei dovuto rispondere a diverse email. "Buongiorno mia amata sorellina", Ozan, mi colse di sorpresa e mi strinse in un abbraccio. "Buongiorno, vita mia.".
Mentre Efsane sistemava le ultime portate sul tavolo, arrivarono i miei genitori, impeccabilmente vestiti e coordinati.
Nella nostra casa la colazione veniva servita alle 8:00 in punto, ed eravamo sempre tutti presenti e puntuali. Era nostra abitudine consumare quel pasto insieme, prima di divederci e affrontare la giornata.
Feci in tempo a mangiare qualche oliva e bere il mio adorato tè nero, che il telefono inizió a squillare insistentemente.
"Scusate, devo andare". Non diedi modo, a mia madre, di replicare, lanciai un bacio a Ozan che lo afferrò al volo, e presi le chiavi della macchina dal portaoggetti.
"Pronto, Yasemine". Doveva essere su di giri per la festa di compleanno.
"Allora? Sei pronta per la grande festa di stasera?" La sua voce era stridula e impaziente. Erano ormai diversi anni che organizzava le mie feste di compleanno, e a dire il vero riuscivano sempre tutte benissimo.
"Certo che sono pronta! Ci vediamo nel pomeriggio al salone di bellezza, così mi dai un consiglio su quale abito indossare, sono indecisa tra due".
L'indomani sarebbe stato il mio compleanno, e quello di Ozan ovviamente. Per questo avremmo aspettato la mezzanotte, per festeggiare insieme ai nostri amici. Avevamo deciso di non dire nulla a mio fratello e di fargli una sorpresa.

La musica che proveniva dal locale invadeva tutta la strada, centinaia di palloncini bianchi e gialli adornavano l'ingresso principale e sul cartello la scritta: "compleanno di Nihan e Ozan" indicava quella che era una festa privata. Su consiglio di Yasemine, per l'occasione, decisi di indossare un abito lungo di seta bianco, i capelli che avevo fatto arricciare mi cadevano sulla schiena, e la crema illuminate, dava alla mia pelle un aspetto radioso sotto le luci artificiali. I miei vecchi amici di liceo non mi diedero il tempo di salutare tutti che mi trascinarono in pista, mentre dalla vetrata della finestra vidi arrivare Yasemine. Finalmente.
"Dove sei stata? Saresti dovuta arrivare per prima." le domandai. "È colpa del traffico Nihan! Ozan è arrivato?" Ozan era solito ritardare.
"No, non è ancora arrivato grazie a Dio. Sarà una grossa sorpresa!" Mio fratello adorava le sorprese, ed essendo un giorno importante, sapevo ne sarebbe stato felice.
La sorpresa riuscì benissimo, ed eravamo nel pieno della festa, c'erano tutti e quando dico tutti mi riferisco anche ad Emir...lui era diventano la mia ombra. Per non sentire la pressione che mi faceva con il suo sguardo fisso su di me, continuai a bere champagne. Bevvi effettivamente qualche bicchiere di troppo e la temperatura del mio corpo iniziò a salire, così però anche il divertimento. Mentre mi sfrenavo nel ballo con Embre, un mio vecchio amico, vidi Emir avvicinarsi.
"Che succede Emir?" gli si leggeva la rabbia in faccia.
"Non siamo rimasti soli per tutta la sera" mi rispose digrignando i denti.
"E non lo trovi assolutamente normale? Perché oggi è il mio compleanno. E non ci sei solo tu, ci sono anche i miei amici". Che presuntuoso.
"Stai ballando con tutti tranne che con me" lo stavo volutamente evitando.
"Che paccato..." fu la mia ultima parola mentre cercai di divincolarmi da lui, che mi afferró con più forza.
"È stato un peccato per me", bisbigliò. Cosa stava cercando di fare, costringermi a ballare con lui? "Sei ubriaco immagino, lasciami andare!", la sua presa intorno ai miei fianchi divenne sempre più stretta. "Tu non hai idea di quanti affari importanti ho lasciato in sospeso per venire qui. Lo vedi quanto tengo a te?" Volevo andarmene, ma non ci riuscivo.
"Emir lasciami" gli urlai, attirando l'attenzione di Embre che si era allontanato per andare a prendere un drink.
"Che succede Nihan?" mi domandò preoccupato. Emir non mi diede il tempo necessario di rispondergli che con un colpo lo scaraventó a terra.
"Che cosa stai facendo?" urlai presa dallo sdegno di quel gesto orribile. Embre si rialzò di scatto, in un attimo era ad un millimetro dal viso di Emir.
"Sei vergognoso non te ne rendi conto Emir?" gli disse, la sua ossessione mi rendeva la vita un inferno "Sparisci" gli ordinò. Mi ribolliva il sangue dalla rabbia, avrei voluto sferrargli un colpo, ma il mio corpo esile non avrebbe avuto tanta forza. Così gli diedi una spinta e lo allontanai da Embre.
"Cosa ti importa, eh...?" le mie urla erano amplificate dal silenzio circostante, ci guardavano tutti "...cosa ti importa? Sei egoista, arrogante, senza vergogna è completamente pazzo."
Volevo ferirlo, anche se era difficile ferire un uomo di pietra. "Ma sono pazzo di te" la sua espressione da maniaco mi diede la nausea. Così per mettere fine a quella sceneggiata lasciai il locale mentre tutti ci guardavano a bocca aperta. Abbandonai la mia festa, lasciai tutti li e iniziai a camminare lungo la strada che portava al molo. Gli avrei spaccato la faccia, avrei voluto sfogare tutta la mia rabbia in qualche modo e sopratutto volevo rimanere sola, non mi andava di essere convinta da Ozan che le intenzioni di Emir non erano cattive, e che ero io ad essere prevenuta nei suoi confronti, come faceva sempre. Arrivai in pochi minuti al molo e raggiunsi lo yatch di famiglia. Ero decisa a salpare e andarmene in mare aperto, da sola, sicuramente avrei trascorso il resto della notte in modo diverso, mi sarei sentita meglio. Appena salii iniziai ad allentare le cime di prua per poi dirigermi a quelle di poppa, me lo aveva insegnato mio padre, sapevo esattamente cosa fare. Il vestito lungo e i tacchi mi impedivano di muovermi in modo agile, e il buio della notte mi fece inciampare nelle corda. In una frazione di secondo persi l'equilibrio e precipitai in acqua.
Quando mi resi conto di non riuscire a raggiungere la superficie per prendere ossigeno, capii che c'era qualcosa che mi teneva bloccata. I miei battiti iniziarono ad accelerare e il mio corpo a dimenarsi per liberarmi della corda che mi bloccava le caviglie. Non ci riuscivo, e avevo bisogno di respirare. Quando inizia a pensare che sarei morta annegata senza che nessuno si fosse accorto di me, vidi un ombra raggiungermi. Era un uomo. La luce penetrava a malapena nell'acqua, ed io continuavo a dimenarmi presa dal panico. Il mio salvatore, chiunque fosse, avevo capito quale era il problema che mi impediva di risalire, così in una frazione di secondo mi liberó la caviglia dalla stretta della corda, e mentre stavo per arrendermi, senza più un briciolo di forza, mi afferró per la schiena e mi riportó a galla.
L'ossigeno mi riempì i polmoni e i miei respiri erano profondi. Il sale dell'acqua mi bruciava gli occhi che non riuscivo ancora ad aprire del tutto. Quell'uomo, mi aveva salvato la vita. La sua immagine era ancora sfocata.
"Stai bene?" mi domandó con preoccupazione, mentre mi tenevo a lui, spaventata.
"È stato orribile, sono inciampata e la corda si è attorcigliata al mio piede. Sono quasi morta." Il respiro stava tornando regolare, e la vista più nitida.
"Buon compleanno" mi disse l'uomo che mi aveva salvato la vita. Che strano. Oggi è davvero il mio compleanno" gli risposi interdetta. La sua voce aveva un non so che di familiare, "Lo so, Buon compleanno Nihan". Quando la vista tornó lucida, e un raggio di luce fioca gli illuminó il volto, mi soffermai prima sulle sue labbra carnose, fino ad arrivare agli occhi. Il cuore cominciò a martellarmi nel petto e quando riconobbi quello sguardo mi staccai dalla sua presa con uno scatto. "Sei lui".

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