Boheme

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Oltre le cupe nebbie che circondano i monti Bavaresi, c'è la culla di uno stile di vita troppo spesso abusato da anime stolte e cuori leggeri. 

Un tempo, soprattutto nella culla dei moti rivoluzionari, si diffuse la credenza che i gitani provenissero da un antica regione, incastonata tra i monti, protetta da fiumi e pascoli. 

E così milioni di giovani stolti, con le tasche vuote e la mente piena di fumi visionari, vennero attratti da quello stile di vita che rendeva immortali pittori, registi, scrittori. 

Anche io ne fui contagiato, a vent'anni, ti dici che la vita deve essere vissuta così, alla giornata, che una stanza in una mansarda non è poi male se vuoi rendere immortale anima e nome. 

Ma al giro di boa dei vent'anni, inizi a chiederti se la via era quella giusta da seguire. Se i sogni van vissuti o riposti in un vaso, degno di Pandora. 

Nei momenti di pura tristezza, quando vorresti spegnere il fuoco per sempre, ti aggrappi ai colori, quelli di un tramonto ad Ivry, con l'arancione a specchiarsi nel calmo specchio azzurro della Senna. 

Ti aggrappi ad un tempo mai vissuto, ad una collina su cui non poserai mai la vista, ad un mulino che sarà solo l'ombra di se stesso, una gabbia per turisti affamati di un passato distrutto da una modernità fin troppo frenetica. Ti siedi, come mille altri stolti annebbiati dal dolce vino di un tempo mai conosciuto e troppo spesso idealizzato, la puntina del vinile accarezza il solco del disco, le prime note e poi la voce di Aznavour ti cullano, ti immergono in tetri pensieri di profondo odio per una società che non senti tua. 

Le parole, magari solo intuite, aprono uno squarcio nell'animo, pensi ad un mondo che fu, ad uno che è, ad uno che non vorresti mai vedere ma, che malgrado tutto, vivrai. 

La voce si fa sempre più sottile, tutto ciò non ha più senso, un altro bohemien sta morendo in un angolo del mondo, accompagnato da colori degni del miglior dipinto concepito dalle mani, occhi e testa di Morisot, che la terra ti sia lieve perché  il destino ha già picchiato duro, mon frère.

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