I piedi di Lily affondavano nella terra umidiccia, i suoi passi erano decisi, ampi, passi di chi ha il cuore colmo di rabbia e indignazione. Si sedette all'ombra del grosso albero sotto al quale lei e la sua famiglia erano soliti organizzare allegri picnic la domenica mattina, ma non era domenica e nessuno le faceva compagnia. Era un uggioso venerdì pomeriggio di fine agosto, la scuola non era ancora iniziata, l'aria era afosa e umida, il cielo coperto da una leggera coltre di nuvole grigiastre. Di lì a poco sarebbe piovuto, ma, nella fretta di lasciare il cortile di casa sua, Lily aveva dimenticato di prendere l'ombrello.
Se ne stava tutta sola, le braccia incrociate sotto al petto e un'espressione imbronciata a corrucciarle il volto tempestato di lentiggini. I suoi occhi verdi scrutavano la scena che le si stagliava davanti, le giostre del piccolo parco erano vuote, un filo di vento muoveva appena le due altalene. Dopo qualche secondo di solitudine, un gatto dal manto maculato apparve sullo scivolo, si appollaiò stanco e annoiato e prese a fissarla pigramente con gli occhi semichiusi.
A Lily però non importava del gatto, né della pioggia imminente; non riusciva a smettere di pensare alla caterva di insulti che sua sorella Petunia le aveva rovesciato in faccia, così, come una tinozza di acqua bollente, e lo aveva fatto senza alcun ritegno o segni di pentimento. Non si spiegava il motivo di tutto quel risentimento, ma sentiva che lei non sarebbe stata in grado nemmeno di pensarle quelle cose terribili, soprattutto non di sua sorella. Si sentiva arrabbiata, ma anche triste; si chiese cosa ci fosse di sbagliato in lei.
All'improvviso, un lampo squarciò il cielo nuvoloso; poco dopo un tuono interruppe la quiete apparente di quel pomeriggio di fine estate.
"Sta per piovere" sibilò una voce accanto a lei. Si voltò e vide comparire alla sua destra un bambino magro dall'aria malaticcia e i lunghi capelli scuri. Era Severus Piton, andava nella classe accanto alla sua; qualche volta si erano incrociati quando con la bici si era addentrata nel quartiere di Spinner's End, dove lui viveva.
"Già" mormorò Lily; si chiese quando fosse arrivato, perché lei non l'aveva sentito.
"Posso?" domandò lui, indicando la porzione di terreno accanto a lei. Lily annuì e così il ragazzino si sedette.
Se ne stettero in silenzio per un po', ognuno immerso nei suoi pensieri. Intanto grosse lacrime rigavano il volto della bambina dai lunghi capelli rossi; si rimproverò per questo, odiava piangere davanti agli altri.
"Ho... ho visto cosa è successo" disse Severus, con voce tremante e bassa; Lily lo guardò di nuovo.
"Non... l'ho fatto... di proposito... passavo di lì."
Sembrava facesse una gran fatica a parlare, come se si vergognasse da morire. A Lily questo particolare fece tenerezza e di colpo quel bambino mingherlino dalle ginocchia nodose le sembrò rassicurante, quasi familiare, sebbene il suo aspetto trascurato e malandato incutesse diffidenza.
"A volte mia sorella è molto cattiva" confessò la ragazzina.
"Perché non accetta il fatto che sei... diversa."
Lily smise di piangere; si asciugò il volto con le mani, poi si mise in ginocchio rivolta verso il bambino.
"Che cosa hai visto?" gli chiese, nervosa. Temeva la risposta.
"Ho visto tutto quello che è successo."
La bambina spalancò gli occhi; un certo timore la invase completamente, schiuse le labbra un paio di volte senza riuscire a dire niente. La scena accaduta nel giardino di casa prese vita nella sua mente; lei e sua sorella Petunia stavano giocando con la palla, ma a un certo punto Lily l'aveva tirata troppo forte e questa era finita dritta sull'albero di limoni della villetta a fianco. Petunia aveva iniziato a piangere dando la colpa alla sorellina, così Lily si era voltata verso l'albero, aveva teso il braccio, chiuso gli occhi e come per magia la palla si era liberata dai rami, iniziando a fluttuare nell'aria per poi atterrare tra le sue braccia.
"Tra- tranquilla. Non lo dirò a nessuno" la rassicurò Severus.
"Credi che sia un mostro?" chiese Lily, dopo un lungo silenzio. Iniziò a piangere di nuovo.
"No, non sei un mostro... sei speciale. Anche io lo sono."
Severus alzò il capo - fino a quel momento aveva fissato le sue scarpe - e i suoi piccoli occhi scuri sbucarono dai ciuffi neri e unticci della lunga frangia che gli ricadeva sul volto.
"Che vuoi dire?" domandò Lily, confusa.
Il ragazzino fissò intensamente gli occhi verdi che lo scrutavano curiosi, poi si alzò, con la mano strofinò via i fili d'erba e la terra attaccati ai suoi pantaloncini e puntò lo sguardo sulle altalene. Il vento non soffiò più forte, eppure le altalene cominciarono a dondolare, prima lievemente, poi sempre con più energia, fino a librarsi altissime nell'aria come se una persona le stesse spingendo. Dondolarono per un paio di minuti, poi a poco a poco tornarono immobili.
Allora Lily capì. Capì che c'era qualcosa che accomunava lei e quel timido bambino, qualcosa che nessun altro avrebbe potuto comprendere davvero.
"Cos'è?" gli domandò.
Severus osservò ancora per un po' le altalene immobili, prima di voltarsi per guardare la piccola Lily.
"È... magia".
Non ci volle molto per convincerla, lei lo sapeva già, in fondo. Quel qualcosa sicuramente non era nulla di usuale, o di puramente umano. Le nasceva da dentro e la permeava nella sua interezza, dal più piccolo granello delle sue ossa fino alla punta dei suoi capelli rossi.
Da quel pomeriggio Lily e Severus divennero quasi inseparabili; passavo tanto tempo insieme, a esplorare i parchi e i giardinetti di Cokeworth, a comprare caramelle gommose al minimarket, o semplicemente se ne stavano rintanati nella stanza di Lily a chiacchierare di magia. Severus le raccontò tutto ciò che sapeva sul mondo magico, le parlò di Diagon Alley, di Olivander, dell'appellativo usato per riferirsi a esseri umani non magici (i babbani). Le disse che sua madre era una strega e che, come lei, anche loro sarebbero finiti a Hogwarts, una scuola creata appositamente per streghe e maghi. Severus le descriveva quel posto come un luogo fantastico dalle infinite sorprese, un luogo in cui era impossibile non sentirsi accettati, non sentirsi a casa.
Questi racconti fecero nascere in lei una gran voglia di visitare il mondo magico, di scoprire sempre nuove cose, ma soprattutto moriva dalla curiosità di frequentare Hogwarts.
Un giorno, mentre i due amici erano nella stanza di Lily a leggere un libro che Severus aveva rubato a sua madre, dal titolo Animali fantastici: dove trovarli, il bambino notò una lavagnetta appesa alla parete. Sopra c'erano disegnate delle caselle colorate con dentro dei numeri, alcune erano sbarrate.
"Di che si tratta?" chiese.
"Conto alla rovescia. Manca poco a Hogwarts." spiegò Lily, entusiasta.
Severus abbozzò un lieve sorriso.
"Sev, mi prometti una cosa?"
Gli occhi scuri e incavati del ragazzino guizzarono verso di lei. Le avrebbe promesso qualsiasi cosa, ancor prima di sentire la sua richiesta.
"Lo so che ami Serpeverde perché è la casa di Merlino eccetera eccetera, ma...se io dovessi finire non so, tipo in Grifondoro... mi prometti che resteremo amici?"
Severus si alzò dalla sedia, prese un gessetto bianco e sbarrò la casella con la data di quel giorno.
"Sì, ovviamente. Ma secondo me finiremo entrambi in Serpeverde."
Lily non ne era molto convinta, ma non fece obiezioni. In fondo, quel libro scritto da un certo Newt Scamander era parecchio interessante.
*I personaggi della storia non mi appartengono, sono di proprietà di J.K. Rowling. L'immagine della copertina e molte di quelle che accompagneranno i capitoli sono prese da questo sito: https://lilta-photo.deviantart.com/
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Il serpente e la cerva
Fanfiction"Sai, quello che mi ha colpito sin da subito di te, Severus, è stata la tua fragilità. È proprio lì che per me risiede la tua bellezza, nella tua fragilità, e nella tua tristezza, alla quale mai ti opponi. Ma al modo in cui ti vedono gli altri... a...