1. una renna

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Il rumore della pioggia che cadeva sul finestrino riecheggiava nel treno e accompagnava i passeggeri del treno nel loro lungo viaggio. Dal finestrino si potevano scorgere campi vuoti , ricoperti solo dal parassita dell' erbaccia verde, affiancati da moltissime montagne illuminate dalla fievole luce della luna .
Il treno si muoveva velocemente e in giro di poco tempo gli scenari della natura cambiavano, diventavano dal verde intenso al blu scuro del mare. Poi una scena, un ricordo, si disegnò nella mente.
Ad ogni passo che facevo le assi del pavimento scricchiolavano, camminai lentamente in punta di piedi per tutto il corridoio, arrivando così alla stanza di mia madre.
<<shhh>> sussurrò con un debole sorriso. Aveva un aggraziato vestito verde con i fiorellini, le stava a pennello, sembrava fosse ricamato per lei; i capelli marroni, erano legati delicatamente dietro la nuca, lasciando cadere qualche capello ondulato.
Con la testa mi fece segno di sedermi accanto a lei.
Tra le sue braccia c'era un piccolo esserino, uno scricciolo, che sbadigliava.
<<vieni piccola, ti presento tua sorella.>> sussurrò, allungando di poco le braccia, permettendomi di vederla.
Le guance e il nasino erano un po' arrossate, era pieno inverno, fuori nevicava e mancava solo una settimana a Natale.
Io sorrisi, mi prenderò cura di lei, pensai allungando un po' di più la testa verso quello scricciolo. Adesso riuscivo a vedere meglio i suoi occhi verdi, mi scrutava accuratamente, sembrava che mi stesse dicendo "Ei, ma chi sei tu? vattene, questa è mia madre!"

La bruna scosse la testa, il dolore era ancora troppo forte, decise quindi di rilassarsi e di chiudere un attimo gli occhi, abbandonandosi al treno.

"<<perché io ti amo Ace>> Le mani di lei erano bene salde a quelle di Liam.
La Rossa iniziò a singhiozzare come una bambina.
Le lacrime le cascavano dolcemente lungo tutto il viso, era affranta, abbassò il capo,il suo naso e le sue guance si colorarono di rosso.

Sentì poi qualcosa sgretolarsi nelle sue mani, alzò di colpo la testa e lo vide, seppur avesse gli occhi sfocati per le lacrime, riusciva a vederlo perfettamente. Stava piano piano scomparendo. Il suo sorriso rimaneva, lui sapeva che non l'avrebbe più rivista, eppure continuava a sorridere.
<<anche tu sei il mio tutto.>> Quelle furono le ultime due parole che Ace riuscì a dirgli, prima di vederlo scomparire, è finita, pensò abbassando il capo.
<<L'ho perso>>sussurrò tra sé e sé."

<<chi cazzo ha scritto questa oscenità?>> Urlò un uomo di cinquant'anni, mentre si passava un dito nel colletto aperto dai due bottoni bianchi della sua camicia blu.

Sbuffò, tornando a correggere quella stramba storia, passandosi una mano sui suoi capelli misti tra il bianco e il marrone, tirandoli un po'. Piccole goccioline di sudore attraversarono la sua faccia, finendo sulla non folta barba color caffè. Pur avendo il condizionatore faceva un gran caldo essendo ad Aprile.
Due corna da capra gli spuntavano dai capelli lisci, due occhi color oro e le pupille rettangolari scrutarono il computer davanti a lui.

"<<Certe volte credo...credo di aver perso tutto, ma poi guardo loro e vedendoli sorridere, credimi è la cosa più bella di tutte.»si fermò, nella mente scorrevano tutti i ricordi, i momenti passati con loro. Il loro visi appena nati, i loro pianti, i loro sorrisi quando le mie amiche facevano facce buffe; è questo che la sollevava dai momenti tristi, pensare a quella che ora è la mia famiglia mi fa star bene.
Fermò il suo monologo interiore, scrutò il pubblico.
Alcuni erano commossi, altri prendevano appunti, altri ancora la osservavano attentamente. Anche senza di lui, era riuscita a diventare il tutto. "

Bloccò immediatamente la lettura, chiudendo word. Ormai il cervello dell'uomo stava per buttarsi dal terzo piano, la dolcezza di questa storia era paragonabile ad un bambino con centosei dolci in mano.
<<oddio... madonna che merda.>> sbuffò, mandando in dietro la sua adorata sedia girevole blu, che ormai lo accompagnava da ben quindici anni.
<<Signore...Signor. SatŌ...>> un giovane ragazzo si avvicinò. Tremava come una foglia, colto dalla paura si "nascose" dietro ai suoi due fogli, riguardanti il lavoro.
<<Ragazzino o parli o parli, non ho tempo da perdere.>> Un uomo brusco, arrogante, così l'hanno sempre definito.
Torto non avevano.
<<Certo Signore...>> il ragazzo senza nessun Quirk, fece un piccolo inchino.
<<Ecco vede... Sejiō è qui!>> segnalò impaurito il povero ragazzo, che era un principiante, quindi che era venuto da poco nella "Piccola Libreria".
<<Okay, vado da lei.>> si alzò dalla sua sedia, stiracchiandosi un po'.

Scese le scale di marmo, ma la sua paura lo fece appoggiare alla ringhiera di legno scuro, attraversò l'ampio corridoio, le persone passavano dal lato est al lato ovest freneticamente. Odiava tutto quel movimento. Entrò, poi, nel piccolo salotto d'accoglienza, c'era un grosso tappeto rosso con piccoli ghirigori dorati e i piccoli tavolini erano sopra i tappeti.
Lì la vide, seduta su quelle piccole poltroncine baje; le sue guanche e il suo naso erano rossi, i suoi capelli arruffati erano raccolti in una piccolo chignon, le occhiaie sembravano delle fosse senza fondo e il suo viso non lasciava trasparire nessuna emozione.
Lui si avvicino lentamente, col tempo avrebbe imparato a conoscerla. 
<<Come stai Sejiō? >> Le sussurrò sedendosi su una poltroncina poco distante da lei. Lentamente si girò, facendo cadere qualche capello marrone.
<<Sto bene.>>
Vuota. La voce era vuota.
Ci fu un interminabile silenzio. Gli occhi di lui la scrutavano. era stanco di tutta la situazione che stava vivendo e adesso doveva fare pure il tutore ad una ragazzina con perdite di memoria. 

<<perché ha deciso di diventare il mio tutore?>> 

 Il tintinnio del campanello lo distrasse dal libro su Carlo Magno che stava leggendo. Una donna sulla trentina dai lunghi e rossi capelli raccolti in una treccia entrò. Appena notò sato, ci metteva sempre molto poco a trovarlo, sorrise andandogli incontro. <<Sono sfinità.>> si lamentò togliendosi il cappotto e la borsa, sistemandoli sulla sedia, mentre lui chiudeva il libro, spostandolo verso il lato sinistro del tavolo. <<Ho già ordinato il solito per entrambi.>> la osservò. <<ma che carino che sei! Caprettina!>> ridacchiò, facendolo sbuffare. <<Com'è andata oggi? >> lei si sedette e mentre ripensava alla giornata lui vide che il suo viso piano piano si rattristava. <<Oggi...>> Fece una pausa, vedendo un cameriere avvicinarsi con i loro ordini al tavolo. <<Oh grazie il doppio caffè è mio, il latte di capra è suo.>> e dopo aver ringraziato il cameriere , ricominciò. <<Sai, oggi è stata trovata una ragazza ferita in un vicolo. Aveva un ampio taglio sulla gamba destra ed era completamente svenuta. E' stata subito portata all'ospedale, le hanno fatto vari controlli tra cui un numero esorbitante di TAC e cose varie. Alcuni eroi hanno scoperto che in quel vicolo c'era una base di qualche villain. Purtroppo quando sono entrati per esaminarla, non c'era nessuno. Si pensa che sia una base di qualche villain di poco conto. Quando alcuni eroi sono andati a chiederle spiegazioni, lei non si ricordava niente, dai controlli si era scoperto che aveva subito una forte botta alla testa. Alcuni psicologi pensano sia meglio che lei piano piano debba essere riportata alla vita quotidiana, facendole costruire altri ricordi. Non ho ben capito se con il tempo riuscirà a ricordare tutto il suo passato, ma forse no. Ora cercano qualcuno a cui affidarla.>> finì sorseggiando il suo caffè. La capra la guardò. <<E le ricerche sono a buon punto?>> chiese speranzoso. Rina lo guardò stupita, era strano che a lui interessasse così tanto di questa storia, di solito era abbastanza abbastanza disinteressato delle storie che gli raccontava. Forse perché qui nessuno aveva rubato niente, ed era una storia un po' diversa dal solito.   <<In realtà no. Sai è molto grande, ha quasi quindici anni, e poi con una storia come la sua non tutti sono sicuri di voler prendersene cura.>> i suoi occhi si arrossavano, quanto era sensibile Rina. Sapeva essere astuta e veloce come una volpe, ma era profondamente empatica. I due finirono le proprie bevande in silenzio. <<Lo farò io.>> Si alzò deciso sato, prendendo la sua giacca e il suo libro; la donna davanti a lui lo guardò stupita. <<Ma sei sicuro? Tu odi stare con gli estranei. Figurati viverci! >> Lo seguì alzandosi di scatto, mettendosi il cappotto. <<Ho preso la mia decisone.>> Prese il portafoglio pagando per entrambi. Rina lo abbracciò da dietro, sorprendendolo. <<Sei un anima d'oro, capretta.>> Disse, stampandogli un bacio sulla guancia e correndo fuori. <<Ti farò avere al più presto i fogli necessari!>> salutò con una mano, mentre con l'altra teneva la sua borsa. Sato arrossì, pregando che non gli fosse rimasto il rossetto sulla guancia. 

Non avrebbe mai accettato che un'altra persona si sentisse come si era sentito lui. 

<<credo per senso di giustizia.>> 

Tsuki-yo ni kome no meshiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora