{3} Amici

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Warning [Violenza, Contenuti forti]

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Ho vissuto in quel quartiere per anni, vivevo in una villa a due piani con mia moglie, avevamo anche un magnifico giardino sul retro dove spesso organizzavamo grigliate con amici. Eravamo però particolarmente legati alla coppia della casa accanto, dei vicini tranquillissimi, amici di una vita che avevamo rincontrato quasi per caso ed a cui ci eravamo riavvicinati dopo il trasloco.

Il vicinato in realtà era tutto tranquillo, era una delle zone più calme della città, l'avevamo scelta perché desideravamo avere un figlio, io e mia moglie, e lo stesso era stato il pensiero dei nostri amici. L'unica differenza è che loro con qualche tentativo erano riusciti nell'intento, noi ci provavamo da anni... ma ci saremmo riusciti, un giorno o l'altro. Eravamo fiduciosi.

I primi mesi nel quartiere erano stati tosti, ci stavamo abituando alla nuova zona e la paura di non riuscire ad essere in buoni rapporti con tutti era costante, ma si rivelò totalmente infondata. L'accoglienza fu magnifica, calorosa, ed i nostri amici di una vita fecero di tutto per farci sentire a nostro agio e coinvolgerci negli eventi di quartiere. In poco tempo diventammo una grande famiglia, difficilmente scorderò quei momenti.

Ma venendo al fulcro del discorso, i nostri amici erano vecchi compagni di scuola superiore e poi di università, lui era come un fratello, e lei... beh, lei era stata la mia vera prima cotta. Era una donna stupenda, sensuale, simpatica, gentile, e con tutto il rispetto per mia moglie, era la donna che volevo avere per sempre al mio fianco quando ero ancora molto giovane.
Purtroppo per me non mi feci avanti e lei si avvicinò al mio amico, quest'ultimo ignaro del mio interesse... ho deciso di non mettermi in mezzo, dopotutto stava nascendo qualcosa, e io avrei trovato un'altra donna com'era effettivamente successo. Una donna magnifica, certo... ma non ne sarebbe uscita vincitrice in un confronto con Lei.

Ormai mi ero abituato a vederla ogni mattina, dopo aver fatto colazione uscivano entrambi nel loro giardino, lei teneva in braccio il loro figlioletto di appena un anno, lui la guardava con gli occhi di un uomo che non capisce cos'abbia fatto per meritarsi cotanta felicità nella vita.
E anch'io li guardavo un po' così, un po' con l'invidia di quello che sarei potuto essere io, se le cose fossero andate diversamente... dopotutto però la vita va così, a volte ti ritrovi nell'oro, altre con un pugno di mosche in mano, non ci si può far nulla.

Sta sera però sento particolarmente questa mancanza, questo fallimento... sono particolarmente malinconico, come se ci sia qualcosa di estremamente sbagliato in com'è andata questa vita.
Mentre ci penso mi distraggo, quasi mi sorprendo di vedere la luce della camera da letto accendersi, nella loro casa, non posso che voltarmi a guardare. La intravedo, si avvicina alla finestra, con i suoi capelli rossi ed un po' in disordine è ancora più bella.

Non mi nota, non fa attenzione all'esterno mentre apre le tende della camera da letto; la luce rimasta accesa però lascia decisamente poco spazio all'immaginazione.
Il bimbo dorme, questo è certo.

Riesco quasi a sentire i suoi gemiti mentre entrambi godono della loro essenza, riesco quasi a sentire la sua voce soddisfatta, appagata, il suo cadere lentamente tra le braccia di lui dopo che entrambi si sono scambiati un pezzo d'anima.
Effettivamente li sento davvero, mi trovo dietro la porta della loro camera da letto, dopotutto.

La cosa utile dell'avere amici stretti è che puoi fidarti ciecamente di loro, ad esempio puoi dargli le chiavi del tuo appartamento per annaffiare le piante senza aspettarti che ne facciano un doppione e se le tengano attendendo il momento opportuno.
Già, non te lo aspetti.

Ora sono passati diversi minuti da quando lei è crollata, non sento più alcun suono ma da sotto la porta vedo che le luci sono ancora accese.
Da quest'angolazione posso anche sbirciare nella stanza del bambino, profondamente addormentato nel proprio lettino.

Che dolce.

Per un attimo ci ripenso, cambio idea... ma sento dei passi: il mio amico si è alzato e si sta incamminando verso la porta, verso di me.

A questo punto prendo la mia decisione in modo fulminio, devo finire ciò che ho iniziato.
Dovreste vedere la sua faccia quando apre la porta, tra l'altro ancora nudo, e si ritrova me davanti.
Credo di riuscire a vedere, nei suoi occhi, prevalentemente confusione... e paura quando nota la pistola con cui lo colpisco in pieno volto.
Lo vedo, è spaesato, distratto, lo colpisco nuovamente, sta volta poco sotto l'orecchio destro, facendogli perdere l'equilibrio. Crolla a terra in un attimo ma trova la forza di urlare «Scappa!»
Mi giro di scatto e punto la pistola contro la mia amata... ma lei è ancora sul letto, ormai sveglia, immobile, con il cellulare tra le mani.
«Hai chiamato la polizia...» sussurro, e poi sorrido. Sempre così attenta, furba, coraggiosa.

Il bambino inizia a piangere, forse svegliato dal nostro battibecco.

Sospiro e con gli occhi colmi di lacrime le punto la pistola contro, distrutto ma felice «Non ho altra scelta.»
«Abbassa la pistola...» il mio amico è di nuovo in piedi, son certo che non mi salti addosso solo perché sa che mi basta muovere l'indice di un centimetro per porre fine alla vita di Lei.
Mi volto lentamente guardandolo con uno sguardo colmo d'odio, tenendo ancora l'arma puntata, il suo volto è un misto di disperazione, sangue e paura.
Ora non è più tanto bello.
Prima che possa fare qualunque cosa la vedo con la coda dell'occhio, si è mossa in fretta, in uno scatto istintivo premo il grilletto.

Prima che possa dire nulla mi giro verso il mio amico e sparo anche a lui, punto su una gamba, costringendolo a cadere in ginocchio. Eppure lui sembra non soffrire, intendo non fisicamente.
Continua a fissare il corpo della sua donna ora immobile, riversa sul letto, il cui sangue è schizzato persino sul muro alle sue spalle.
Sembra un quadro, un macabro quadro di un pittore distrutto da anni di sofferenza.

Il bambino piange ancora, ora più forte, come avesse capito che la sua vita ha appena preso un risvolto inaspettato.
Punto l'arma alla testa del mio amico «Poteva finire molto meglio...» ormai sento le sirene avvicinarsi in fretta «Ma non potevo permettere che andasse avanti, non potevo permettere che la tenessi ancora tu... capisci? Era inconcepibile.» devo affrettarmi.

«Ti prego... lascia stare mio figlio.» una preghiera colma di disperazione... eppure non ho motivo di volermi prendere lui, o suo figlio.
Mi basta essermi preso lei.

A questo punto sparo tre colpi uno dopo l'altro, destra, sinistra, destra, tutti a pochi millimetri dalle sue orecchie.

I poliziotti sono già qui, sentiti gli spari sfondano la porta, li sento salire le scale.
Aspetto di sentirli sul piano, poi sotto lo sguardo distrutto del mio amico mi punto la pistola alla tempia.
E sparo.

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"Questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it"
» Day 3
» Lista: PERSONALIZZATA
» Prompt: Vicini tranquilli

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