Si sentiva vuoto.
Era come se tutto fosse finito, come se fosse arrivato ad un capolinea e non potesse far nulla per cambiare le cose, per migliorare o semplicemente provare ad andare avanti.
Ogni giorno gli sembrava di andare a sbattere la testa contro un muro nel tentativo di fare un passo impossibile da fare.
Aprì gli occhi, nonostante fosse giorno la cameretta era buia, le tende erano chiuse, era possibile vedere solo i contorni del mobilio posizionato in giro con dovizia di particolari poco più di un anno prima.
Posò il gomito sul bracciolo sinistro della sedia a dondolo e ci posò sopra il mento, guardando con sguardo vuoto davanti a sé.
Nel lettino dormiva suo figlio... che vita gli avrebbe potuto dare, lui?
A quel punto che padre sarebbe potuto essere?
Non lo sapeva, e questo lo spaventava più di ogni altra cosa.
Perché l'essere umano è un animale, dopotutto, ha reazioni istintive impossibili da prevedere. Strinse l'impugnatura della pistola che teneva nella mano destra, mollemente poggiata sul tavolino al suo fianco.
Era un capolinea, dopotutto.
L'analisi della sua situazione l'aveva portato a pensare a quello. Una volta arrivati alla fine... non si può che farla finita. Che senso aveva andare avanti?
Che senso aveva rischiare di rovinare ancora di più la vita di quel bambino?
Nessuno.
Gli conveniva molto di più che fosse qualcuno di diverso ad occuparsene, qualcuno che ne avesse le capacità psichiche che lui aveva perso.
Chiuse nuovamente gli occhi e prese un lungo sospiro, l'impugnatura, prima fredda, era ormai diventata calda sotto la presa ferrea della sua mano, la teneva da così a lungo che poteva pensare fosse divenuta parte di sé.
Era ironico cosa la vita gli avesse riservato.
Una marea di alti e bassi, un'alternanza di terrore e felicità costanti, come se volesse prendersi gioco di lui. Forse c'era davvero qualcuno, lassù, che si prendeva gioco di lui... una divinità superiore? Il karma? Alla fine non gli importava.
Non più di tanto, almeno.La questione era che se non l'avesse fatta finita, non avrebbe saputo quale sarebbe stato il passo successivo.
La casa gli ricordava sua moglie, il suo bambino gliela ricordava tantissimo, continuava a sentire la sua voce, solo e soltanto la sua voce, e ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il suo viso.
Rivedeva il suo viso stupendo quando erano ancora giovani, lo rivedeva quando avevano deciso di sposarsi, lo rivedeva quando era nato il loro bambino, e poi lo rivedeva bianco, pallido, dentro una cassa in legno.
Ogni giorno.
Ogni giorno rivedeva tutti quei momenti, e ogni giorno si convinceva sempre di più che era quello, il segno che gli serviva. Il segno per capire che ci sarebbe dovuto morire lui, quella notte, e che avrebbe concluso il lavoro.Ora.
Aprì gli occhi e strinse la pistola, l'avrebbe sollevata all'altezza della propria tempia se non avesse visto due occhi incuriositi, fissarlo.
I capelli rossi e spettinati incorniciavano il suo viso confuso, sembrava volesse capire che stava succedendo, restava fermo, in silenzio, restando in piedi solo reggendosi alla sbarra del lettino, che aveva preso a mordicchiare distrattamente.
Mantenne una voce bassa mentre gli parlava «Non guardarmi...»
Il bambino rise. Rideva di lui? Rideva del suo stupido ordine incomprensibile? Probabile.
Ares si mise più dritto sulla sedia, come se dovesse mostrarsi composto davanti agli occhi del piccolo, che sorpreso da quel movimento dopo infiniti attimi di immobilità, si mise dritto pure lui.
«Stai rovinando il lettino.» il bambino rise di nuovo.
Gli parlava come se stesse parlando ad un adulto, ed il bambino rispondeva sfacciatamente come un adolescente ribelle.
Prima che potesse ridere ancora, fu distratto da un piccolo soldatino sul mobile al suo fianco. Ormai annoiato dal padre, si spostò camminando reggendosi sempre ai bordi del lettino, e si sporse tentando di arrivare all'altezza del mobile. Allungava la mano, senza capire che non ci sarebbe mai potuto arrivare; non prima di qualche altro mese, almeno.
Fu in quel momento che, inavvertitamente, Ares sentì qualche lacrima solcargli il viso. Perché piangeva?
Perché continuava a disperarsi? La stava facendo finita, no? A breve sarebbe finito tutto...
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#TheWritingWeek
Short StoryChe succede mettendo insieme una scrittrice che non scrive più da tempo ed una writing week sfiziosa e stimolante? Questo. Saranno 7 racconti collegati da un unico filo conduttore: un personaggio attorno a cui gira l'intera vicenda. Non penso di pot...