Cap 4. This is war

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A warning to the people, the good and the evil
This is war

To the soldier, the civilian, the martyr, the victim
This is war

It's the moment of truth and the moment to lie
And the moment to live and the moment to die
The moment to fight, the moment to fight,
To fight, to fight, to fight!

To the right, to the left, we will fight to the death
To the edge of the earth
It's a brave new world, from the last to the first!

Fin dal giorno in cui avevano messo piede in quel monastero a Firenze era sembrata una follìa a tutti.
Ed ora, eccoli lì. Davanti all'uscita principale della Banca di Spagna, con le tute rosse e le maschere di Dalì, come il primo giorno, in attesa della resa dei conti.
Anche se mancava qualcuno all'appello.
Per due giorni avevano continuato a fondere oro come dei matti, fino allo sfinimento. Avevano ridotto i turni di riposo e sfruttato fino all'ultimo ostaggio per cercare di velocizzare la produzione di quelle fottute sfere dorate. Ma erano in guerra, e in guerra non è concesso alcun lusso, tantomeno il riposo.
Avevano ucciso Nairobi.
Avevano preso Lisbona.
Avevano mentito, avevano infranto la tregua.
Avevano perso qualche battaglia, ma non avrebbero perso la guerra. E avrebbero combattuto fino alla fine, fino alla morte. Niente avrebbe fatto tornare in vita la loro compagna, ma Lisbona se la sarebbero ripresa eccome.
Ma prima, avrebbero dovuto umiliarli fino all'ultimo. Il piano del Professore sembrava folle, come tutto il resto, certo, ma questo se possibile lo era ancora di più. Lo aveva chiamato piano Hiroshima. Pretenzioso, ma rispecchiava bene l'entità del danno che avrebbero causato. Non sarebbe stato un danno in termini di vite umane, ma lo sarebbe stato a livello economico e di sistema. Perché di quell'oro, loro non ne avrebbero tenuto neanche un grammo. No, il piano era quello di umiliare la nazione e regalare, letteralmente, l'oro alla popolazione.
Il Professore aveva fatto i conti fin nei minimi dettagli. Numero di agenti, squadre antisommossa, militari. Quante armi, posizioni, protezioni. E poi, aveva scatenato il delirio nei media, così che mezza Madrid era accorsa alle porte della banca di Spagna per protestare. Erano troppi, letteralmente troppi per le forze dell'ordine. Soprattutto se qualcosa avesse fatto scattare il delirio tra la folla. Sarebbe stato impossibile contenerla.
E così, fecero la loro uscita trionfale. Facendosi beffe di tutta la Spagna, la porta principale della banca si aprì e rivelò una cinquantina di persone in piedi, in fila, armate, con le tute rosse e le maschere di Dalì, che fissavano l'esterno, immobili. E piano piano una sparaneve si fece largo tra loro e si attivò. Ma non sparò neve.
Sparò l'oro.
Miliardi di minuscole sfere dorate iniziarono a volare a decine di metri di distanza dalla banca.
E la folla entrò in delirio.
Se la polizia avesse aperto il fuoco, qualche civile sarebbe sicuramente rimasto colpito, e un altro scandalo mediatico era l'ultima cosa di cui le forze dell'ordine avevano bisogno. Non che quello non lo fosse, ma la morte di un innocente non avrebbe di certo migliorato le cose. Perciò, non ci fu modo di arginare la follìa. I calcoli del Professore erano corretti, le squadre antisommossa non erano abbastanza e vennero spazzate via come una scialuppa in mezzo ad una tempesta. La calca impazzì e scoppiò il putiferio proprio di fronte alle porte della banca di Spagna, dove l'oro era maggiormente concentrato. E così, i cinquanta personaggi in maschera fecero la loro uscita trionfale.
E la banda si dissolse, invisibile ed inosservata in quella situazione completamente paradossale.
Ciò che successe dopo, è di poca importanza paragonato ad un'impresa di tale entità: il buon Marsiglia, onnipresente, si era casualmente fatto trovare a pochi metri di distanza, alla guida di un insospettabile furgone di hot dog. Li caricò e li portò nell'hangar. E come promesso, non portarono con sé nemmeno un grammo d'oro. Tranne qualche lingotto che non avevano fatto in tempo a fondere, era un peccato lasciarli lì. E una valigetta piena di segreti di stato, anche quella sarebbe potuta tornare utile, non si sa mai.
Quel ricongiungimento sarebbe rimasto nei cuori di tutti loro. Indelebile, indimenticabile. La luce negli occhi di ognuno ricordò a tutti di quanto fossero importanti i legami che avevano creato tra loro. Avevano iniziato imponendosi la regola di non costruire relazioni, ma ora si guardavano come si guardava la propria famiglia. Si concedettero quel piccolo momento di gloria, ma sapevano che non era finita. La guerra non era giunta al termine, avevano vinto la battaglia più importante, ma ora veniva la parte più delicata e più il tempo passava più la vita di Lisbona era in pericolo. Sierra non ci avrebbe messo molto ad ucciderla non appena fosse venuta a conoscenza della notizia della loro fuga. Non l'avrebbe fatto tanto con uno scopo preciso, quanto per il puro gusto di danneggiarli. Si era dimostrata spietata ed ora che era alle strette non sarebbe sicuramente stata da meno. Lisbona non gli sarebbe più servita e Sierra sapeva che ucciderla li avrebbe indeboliti. Avrebbe indebolito il Professore, spingendolo a fare qualcosa di avventato. E allora sì, che avrebbero perso la guerra. Ma erano tutti risoluti perché questo non accadesse.
Il Professore aprì una mappa su un tavolo ed iniziò a spiegare. Aveva scoperto dove tenevano Lisbona, si trovava in un magazzino abbandonato che era diventato proprietà dello stato anni prima, quando era stato requisito. Il posto perfetto quando si vuole torturare qualcuno, ma non si ha tempo di espatriarlo o portarlo nelle prigioni dei servizi segreti. In poche ore aveva elaborato un piano che poteva funzionare, anche se folle. Ma del resto, quali delle cose che avevano fatto insieme non era folle?
Lo squadrone di hacker pakistani che fino a quel momento li aveva tolti dai guai fu fondamentale, ancora una volta. Manomisero filmati di sorveglianza, procurarono nomi ed identità di tutti gli uomini che lavoravano in quel magazzino; planimetrie, passaggi segreti, celle telefoniche ed intercettazioni. E soprattutto la conferma che Lisbona si trovava lì.
Il piano era semplice. Eliminare le guardie all'esterno e sostituirle. Sarebbe stato il ruolo dei Serbi.
Poi, fare irruzione. Il più silenziosamente possibile.
Eliminare chiunque si trovasse sul loro cammino.
Entrare nello scantinato dove era tenuta Lisbona.
Prenderla e portarla via. Il più in fretta possibile.
Il Professore avrebbe coordinato tutto da un veicolo a poca distanza dal magazzino.
Semplice, pulito. Poteva funzionare. Non ci sarebbero state molte guardie, si trovavano in una struttura abbandonata all'insaputa di chiunque, in un luogo disperso fuori Madrid durante uno degli eventi più memorabili della storia spagnola. C'erano solo due regole. Tirare fuori Lisbona viva, e non commettere nessun omicidio. Ovviamente la prima aveva più importanza della seconda.
- Professore, come possiamo "eliminare chiunque si trovi sul nostro cammino" se non dobbiamo commettere omicidi? – chiese Tokyo con aria beffarda.
- Narcotici. Sarete armati, ma i vostri fucili d'assalto avranno proiettili a schegge imbevuti di narcotico. Strano, per un fucile d'assalto, lo so, ma li ho fatti progettare anni fa. Avrete l'onore di essere i primi ad utilizzarli. Li ferirete, li addormenterete, ma non moriranno. Questo vi permetterà di entrare, fare il vostro lavoro ed uscire. Non preoccupatevi però, avrete anche una pistola. Non voglio che nessuno di voi perda la vita là dentro. Questa guerra è già costata fin troppo –
Un silenzio di approvazione seguì quella spiegazione esaustiva.
- Vamonos – disse il Professore – andiamo a vincere questa guerra! –
- Sì cazzo! Andiamo! – esclamarono tutti all'unisono.

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