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Il mondo di tutti gli organismi viventi si è sempre basato su solo due leggi: solo i più forti sopravvivono e tutti sono destinati a morire.

La medicina però, una creazione tutta umana, ha permesso ad una delle due di evolversi: solo i più forti vivono.

Cè una grande differenze tra le due cose nonostante le parole siano così simili.

La vita di molte persone, il loro giostrarsi tra il lavoro e la casa, la loro insoddisfazione costante, la loro chiusura mentale e il peso delle responsabilità che non gli consente nemmeno più di guardare le stelle, che gli impedisce anche solo di credere in qualcosa, di sognare, di immaginare che un giorno qualcosa possa cambiare, che non esista altro al di fuori delle tasse o del loro lavoro, che la speranza sia semplicemente una distrazione dalla vita vera e che essa, in fondo in fondo, si tratti solo di seguire regole non scritte dalla nascita alla morte. Nulla di speciale, nulla di magico o incredibile. Non esiste né il male né il bene in questo grigio pianeta dove gli esseri umani, una specie senza dubbio curiosa, non fa altro che depredare tutte le risorse inneggiando a un dio chiamato denaro. Certo, la loro bravura a nascondersi a vicenda il cieco egoismo che permea nella società attraverso una fitta nebbia di ipocrisia è leggendaria. Come la loro passione per convincere i loro cuccioli che quello è lunico modo per sopravvivere, che tutti coloro che non si adattano non possono fare parte della società, che ogni sogno è destinato a fallire, che è inutile cercare di alzare la testa, di creare qualcosa di nuovo, di essere qualcosa di nuovo perché oramai il nostro destino è già stato scritto e non si può fare nulla per cambiare la propria situazione. Ecco, queste persone sono coloro che sopravvivono.

Poi ce ne sono altri, normalmente sono i più forti, gli unici che non hanno mai accettato di non poter fare ciò che desideravano e che fin dalla nascita hanno dimostrato di possedere delle qualità speciali, che hanno permesso loro di uscire da quelloceano grigio che sono tutti gli esseri umani. Certo, neppure loro riescono ad essere sempre felici, a volte non lo sono affatto e non lo saranno mai. Ma devo ammettere che la caparbietà che dimostrano seguendo i loro sogni, la forza che ci mettono a rialzarsi sempre è spettacolare. Effettivamente la loro vita è effettivamente uno spettacolo, non cè nulla di più bello di vedere questi esseri così deboli ed estremante fragili asciugarsi le lacrime e continuare per la loro strada. Senza preoccuparsi delle conseguenze, cercando solo la felicità. Non è forse un fine nobile? Impiegano tutta la vita, affrontando una lunga lista di problemi che in cui non sarebbero mai incappati se avessero accettato di essere normali.

Non posso fare a meno di sorridere vedendo queste curiose creature lottare tra loro al fine di raggiungere la felicità, è assurdo come non si rendano conto che essa non esiste, e che mai esisterà. Dopotutto lo stesso concetto di felicità è un concetto astratto che loro stessi hanno creato per riuscire a spiegare il perché di un sorriso o del calore che essi avvertono nel petto quando riescono a raggiungere il loro obbiettivo. Ma come ho già detto non esiste alcuna felicità per questi esseri, e infondo credo che lo sappiano anche loro. Sono animali che hanno ricevuto una maledizione sin dal principio: tutti gli altri animali infatti hanno ricevuto enormi regali dallevoluzione, o meglio, dal loro destino, mentre queste piccole e indifese creature non hanno ricevuto altro che la capacità di comprendere la caducità della loro vita.

Non ho mai trovato giusto tutto questo, e non ho avuto problemi a dirlo a mio padre e questo mio modo di agire, questo mio desiderio intrinseco di aiutare questi esseri così simili me nella loro incessante curiosità e nella loro insofferenza nei confronti delle ingiustizie.

Già, come avrete capito mio padre non è un grande fan dei ribelli, o di coloro che tentano di contestare una sua idea, e come in ogni famiglia e in ogni tribù animale colui che non si adatta è destinato ad essere messo allangolo e cacciato. Nel vostro piccolo mondo cosi come nella mia perfetta famiglia chi non si adatta è destinato a passare una vita di solitudine, non compreso e spesso emarginato da tutti. Alcuni dei miei fratelli hanno cercato di dissuadermi dal mio desiderio di ribellarmi alle regole di mio padre, mi hanno ripetuto più e più volte che sarebbe stato molto più facile se avessi accettato di seguire le regole, mio padre avrebbe certamente accettato le mie scuse se solo avessi ammesso che avevo torto, che lui non commette mai né errori né ingiustizie perché è onnipotente e onnisciente, perché lui è lunico essere perfetto, colui che vede e conosce il destino di tutti noi. Altri invece mi hanno dato ragione, dopotutto volevamo solo aiutarlo, chiedergli pacificamente di aiutare una delle sue amate creature non avrebbe portato alcun male, gli altri stavano esagerando.

Quando, in ginocchio di fronte a lui, coperto del sangue mio e dei miei fratelli, con le mani che mi tremavano per l'orrore dopo aver visto i miei fratelli uccidere quelli che come me avevano voluto ribellarsi, uccidere parte della loro stessa famiglia. Dopo aver visto mio fratello maggiore, quello che avevo sempre amato e ammirato, puntarmi una spada infuocata contro, pronto ad uccidermi secondo gli ordini di mio padre per la mia sola presunzione di aver chiesto a mio padre il perché di quella maledizione alle creature che lui riteneva le sue predilette. Dopo averlo visto rinchiudere mia madre in una prigione nelle viscere della terra per il suo tentativo di proteggermi. Dopo tutto ciò a cui avevo assistito, con il cuore appesantito dalla consapevolezza che era stata tutta colpa mia, che se solo non avessi voluto sapere nessuno sarebbe morto. Dopo che le mie ali, dapprima candide erano ora intrinse del mio stesso sangue, e del sangue del più piccolo dei miei fratelli, che avevo inutilmente cercato di salvare dalla crudeltà di mio padre. Solo dopo tutto questo ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi chiedendogli, con voce flebile e tremante, perché. Perchè nonostante lui conoscesse già il mio destino e avesse avuto il potere di cambiarlo, o perlomeno di uccidermi, avesse lasciato che i miei fratelli ne fossero coinvolti. Perché loro non meritavano di morire, era solo colpa mia, loro erano innocenti.

Lui non rispose alle mie domande insistenti, ma guardandomi negli occhi con quel suo caldo sorriso che tante volte mi aveva tranquillizzato da bambino ma che ora non faceva altro che aumentare la mia rabbia e il mio dolore:

-Tu, caro Samael, hai un destino da compiere. E per realizzarlo avevi bisogno di tutto questo-

Io lo guardai, spaventato, mentre mio fratello, con la lama ricoperta dalle fiamme squarciava le nuvole sotto di me facendomi precipitare.

Come poteva essere questo il mio destino?

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